“Si dice? non si dice? Dipende. L’italiano giusto per ogni situazione”. Come risolvere le paure e i dubbi in fatto di lingua: occhio alle icone!
Silverio Novelli è lessicografo e giornalista e scrive sul portale della Treccani. La sua guida insegna, con leggerezza calviniana, a non farsi ingessare troppo dalle regole quando parliamo in famiglia o scriviamo email o sms informali, ma ad usare un italiano corretto per relazioni, libri, temi in classe. Dopo ogni voce un’icona che individua le circostanze d’uso
E per l’italiano nei nostri canali radiotelevisivi?
Se ci riferiamo a informazione e intrattenimento, funzionano bene le tre faccine parlanti. Ci aspettiamo una sovrapposizione quasi totale tra lingua e genere testuale: lingua formale come riferimento per l’informazione, lingua spontanea per l’intrattenimento, con edutainment e infotainment a spartirsi i tratti tipici della formalità e dell’informalità. Tutto ciò vale restando dalla parte degli operatori: per gli “attori” convocati sulla scena, il discorso è diverso: un ragazzo intervistato davanti a scuola si presenterà col suo abito linguistico quotidiano, di tranquilla e controllata informalità (oggi i giovani intercettati dai media sanno benissimo come comportarsi davanti a un microfono). Noto però una cosa, in Italia: nei resoconti in audio o in video, talvolta il livello della prestazione comunicativa dei giornalisti è inficiato da una curva prosodica con effetto “montagne russe”: saliscendi melodici nel flusso dell’enunciazione parlata, con impennate verso l’alto e sprofondamenti verso il basso, che, senza un nesso forte col significato di ciò che viene detto, fanno perdere il filo all’ascoltatore. Si fa fatica a capire il senso complessivo. L’”italiano cantato” alla radio e in televisione dovrebbe essere riservato solo al festival di Sanremo.
I social network ci hanno abituato a veri e propri spropositi grammaticali che sono diventati tormentoni. Come ci possiamo difendere?
Il tormentone trova nei social network un grande volano di diffusione. Essendo la rete un universo enorme e in espansione, vi si captano anche controspinte positive, come pagine e gruppi di discussione che si battono per un uso corretto della lingua: il gruppo La lingua batte – Radio 3 su Facebook, per esempio, fa riferimento a una seguìta e apprezzata trasmissione radiofonica pubblica. Lo sproposito grammaticale è alla portata di tutti. La difesa sta in una personale attenzione nel maneggiare la lingua e nella fiducia nella scuola e negli insegnanti.
Spesso si dice che la lingua italiana non è controllata da nessuno. Quanti si rivolgono ai siti dell’Accademia della Crusca o della Treccani per risolvere dubbi grammaticali?
L’Italia non ha lo stesso spessore di storia unitaria e nazionale della Francia, che, con l’Académie française da secoli, e con provvedimenti legislativi anche ai nostri tempi, sovrappone tranquillamente autorità ad autorevolezza, mostrando di poter fare una politica nel campo della lingua. L’Italia dei mille campanili, nazione giovane, è refrattaria al dirigismo centralistico in questo campo. Per dire: l’allocutivo di terza persona Lei è risorto in un attimo dopo la Liberazione, anche se il Fascismo l’aveva bandito in favore del voi e, in generale, si era molto impegnato per la “purezza” della lingua (si veda il recente e bel documentario Me ne frego! di Vanni Gandolfo e Valeria Della Valle, Istituto Luce). Ciononostante, ci teniamo strette istituzioni come la Crusca, che da tempo, quando interpellata, risponde pubblicamente in rete ai dubbi grammaticali di chiunque, esprimendo autorevoli pareri. Per esempio: i nomi di mestiere al femminile come assessora, sindaca, magistrata, ministra sono leciti e raccomandabili. Poi, però, a dimostrazione che in Italia si è un po’ tutti allenatori della propria nazionale (leggi: lingua), chi – anche tra i media – tiene conto dei pareri cruscanti? Eppure l’amore per l’italiano c’è: per esperienza diretta, posso dire che ogni settimana in Treccani si ricevono in media venti quesiti su dubbi grammaticali.
Noi siamo un’associazione di radiotelevisioni italofone. Pensa che l’italiano degli altri, sloveni o svizzeri che siano, sia più corretto del nostro?
Intanto, l’ascolto dei programmi di alcune emittenti italofone consente di constatare che vi sono un’attenzione e una cura per la lingua italiana notevoli. Sulla correttezza, bisogna invece intendersi: non posso certo dire, per esempio, che elvetismi semantici come azione ‘offerta speciale’ o lessicali come servisol (‘self service’) siano scorretti! Sono parte dell’italiano del Ticino, che ha la sua storia e legittimità. Lo stesso vale per le altre comunità italofone.
Per finire qualche consiglio per aiutare la nostra lingua e arrestare o almeno rallentare il degrado cui pare destinata.
Non sono così pessimista sulla lingua in sé. La sensazione di incipiente degrado è dovuta al fatto che l’enorme capacità di presa e di rilancio dei mezzi di comunicazione di massa, unita alla dismissione parziale, ma cospicua (radio private e televisioni), o all’assenza totale di filtri e mediazioni (rete), amplifica la sensazione apocalittica di una lingua scorretta, sciatta, volgare. In realtà, mai come oggi la lingua italiana è stata espressione di una vastissima comunità di parlanti. Lingua viva, in continuo movimento, pronta a modellarsi secondo tutte le esigenze comunicative ed espressive. Se ci sono fallacie argomentative e bruttura nelle parole scorrette o volgari, ciò avviene perché non “funzionano” bene le persone. Prima della lingua, vengono l’istruzione, la cultura, l’educazione civica. Il nodo è in questa triade. La lingua viene di conserva.
L’autore
Silverio Novelli, giornalista e lessicografo, lavora ai contenuti della sezione “Lingua italiana” del portale Treccani.it rispondendo – tra l’altro – ai quesiti grammaticali inviati dagli utenti. Ha collaborato alla terza edizione del Vocabolario Treccani (direzione scientifica di Valeria Della Valle) e, con Gabriella Urbani, ha curato due dizionari di neologismi (Il Dizionario Italiano: parole nuove della Seconda e Terza Repubblica ,1995; Dizionario della Seconda Repubblica, 1997).