I ladini delle Dolomiti abitano nel nord Italia tra le crode alpine. Il ladino è una lingua neolatina o romanza. In seguito all’annessione delle regioni alpine all’Impero Romano (15 a.C.) le popolazioni locali adottarono il latino volgare dagli impiegati e dai soldati senza rinunciare del tutto alla propria parlata. Nelle valli ladine della provincia di Bolzano, in Val Gardena e in Val Badia si parla ladino, tedesco e italiano. L’insegnamento delle materie si basa su un modello paritetico: una parte delle materie viene impartita in lingua tedesca e l’altra in italiano. Il ladino è presente, in diversa misura, nelle scuole di ogni ordine e grado. Oggi ha il suo dizionario: Italiano-ladino gardenese/ladino gardenese-italiano, edito dall’Istituto Ladino “Micurà de Rü”. Ne parliamo con Marco Forni lessicografo e autore dell’opera che ha guidato la squadra editoriale composta da Paolo Anvidalfarei, Karin Comploj, Tobia Moroder e Jürgen Runggaldier.
Nei dizionari bilingui comunemente si raccolgono i vocaboli e le locuzioni di una lingua accompagnati dalla corrispondente traduzione in un’altra lingua. Come avete proceduto in questo caso?
Nel nostro caso l’italiano funge, per certi versi, anche come lingua di spiegazione del ladino gardenese. Si tratta di un lavoro che raccoglie le parole della lingua ladina fornendo per ciascuna di esse non solo la traduzione, ma spesso anche una contestualizzazione e, quando sia ritenuto necessario per la comprensione, una descrizione semplice, ma essenziale del significato del traducente ladino. Nella fase iniziale di raccolta e traduzione “diretta” delle parole ladine si è ricorsi a un vocabolario di base italiano che raccoglieva in sé le parole fondamentali. Per la particolarità del progetto hanno subito un trattamento specifico i lemmi che si riferiscono al lessico, cosiddetto, alpino, alle tradizioni e usanze (la cultura materiale, la botanica, l’onomastica e la toponomastica). Infine sono state inserite parole che significano il nostro mondo al giorno d’oggi, tra le quali vi sono numerosi neologismi.
Il primo volume italiano – ladino gardenese comprende 33.000 lemmi; il secondo: ladino gardenese – italiano ammonta a 34.400 lemmi. Le espressioni fraseologiche italiane e ladine sono 19.500. Come mai più numerosi dal ladino che dall’italiano?
Il volume ladino gardenese-italiano è meno corposo perché, nelle singole voci, non figura il campo definizioni che compare invece in quello italiano, in cui possono esserci anche informazioni enciclopediche. L’italiano in questi casi assume anche il ruolo di lingua di spiegazione. Singoli lemmi ladini sono collegati a diverse accezioni italiane. Nella versione con l’entrata in gardenese, però, sono stati coperti un numero notevole di traducenti italiani (in questo caso spesso superflui o dispersivi), che avrebbero resa macchinosa e fuorviante la consultazione.
Il volume italiano è arricchito da un’ampia premessa che, come sottolinea Tullio De Mauro “ce ne illustra fonti e procedimenti di elaborazione e risponde in tal modo alle esigenze di una visione critica dei risultati”. Il fondamentale strumento di riferimento in lingua italiana è stata l’opera lessicografica, edita dalla UTET in otto volumi, ideata e diretta da Tullio De Mauro, il Grande dizionario italiano dell’uso -GRADIT. Un capitolo è dedicato alla struttura delle voci del dizionario. Si espongono i singoli tasselli che compongono l’anima e le finalità della nostra opera lessicografica. L’illustrazione dei significati in ladino è arricchita spesso da frasi esemplificative al fine di collocare le accezioni nei contesti d’uso abituali. Questo dizionario dell’uso presenta altresì delle caratteristiche storico-enciclopediche. Per il cosiddetto lessico alpino, infatti, in molti casi si è reso necessario ricorrere a notazioni esplicative.
L’Accademia della Crusca qualche tempo fa ha scritto: “La questione del plurilinguismo/multilinguismo è particolarmente rilevante e significativa nel nostro Paese, caratterizzato positivamente fin da antica data dalla coesistenza di molte lingue e dialetti e negli ultimi decenni punto di arrivo di consistenti flussi migratori…”. Come si inserisce il suo lavoro in questo contesto?
La facoltà del linguaggio e la pluralità linguistica sono un dato naturale per gli uomini. Occorre osservare però che dalla naturalità della lingua materna non discende necessariamente la propensione al plurilinguismo, che è un fatto storico e culturale. Questa predisposizione si riscontra nella realtà ladina attuale. La maggioranza dei ladini infatti è poliglotta, come accade sovente a gente di frontiera. La scuola trilingue in Alto Adige (in Val Badia e in Val Gardena) pone un carico di lavoro in più rispetto al tipo di scuola monolingue. La molteplicità delle lingue è la riprova che il modo di disegnare ed avvertire la realtà che ci circonda è variegato. Una lingua però non può ridursi ad uno strumento per sottolineare le diversità. Ognuna ha dentro di sé un seme universale una voglia insopprimibile: quella di comunicare con sé e con gli altri. L’apprendimento di altre lingue è certamente un’affermazione di libertà, ma nondimeno la lingua materna riveste un ruolo fondamentale nel percorso formativo di una persona.
Per approfondimenti consulta il sito dell’ Istituto Ladino “Micurà de Rü”: http://www.micura.it/
Marco Forni è venuto al mondo una calda giornata di luglio del 1961. Vive con la sua famiglia a Selva Gardena. Di mestiere si occupa di parole: dette, raccontate, scritte e ascoltate; parole dimenticate o entrate nell’uso. Ha scritto saggi di carattere sociolinguistico, storico-etnografico e lessicografico. È autore del dizionario: Wörterbuch Deutsch – Grödner-Ladinisch. Vocabuler Tudësch – Ladin de Gherdëina e del: Dizionario italiano – ladino gardenese. Dizioner talian – ladin de Gherdëina. È stato cofondatore e redattore della rivista plurilingue di letteratura e arte Tras – forum culturel. È uscito il suo primo romanzo: Una parola negli occhi, edizioni Forme Libere, Trento.