(22/09/2014) L’edizione di quest’anno dell’Assemblea generale della Comunità radiotelevisiva italofona ha visto la presenza del Sottosegretario Mario Giro. L’Onorevole ha aperto i lavori di questo evento annuale illustrando i progetti per la promozione e la diffusione dell’italiano, presentando le giornate degli Stati generali della lingua italiana che si terranno ad ottobre a Firenze.
Qui di seguito vi proponiamo il testo dell’intervento:
Camus diceva “la mia patria è la mia lingua (…)”, lo diceva riferendosi al francese, ma vale anche per l’italiano.
Sul sito dell’Accademia della Crusca è scritto che “la lingua è la nostra storia, il nostro futuro”, per questo non possiamo ignorarla soprattutto perché la fragilità delle frontiere impone nuovi criteri d’appartenenza. La lingua diviene una nuova geografia. E la geografia è importante oggi, tempo in cui domina la geopolitica e tutti cercano nuove frontiere d’identità. In un mondo di guerre la frontiera è pacifica e trasversale.
L’Europa e il Mediterraneo in conflitto sono disperatamente alla ricerca di nuove forme di dialogo. Lingua e culture possono separare popoli, se considerate espressioni di identità contrapposte e aggressive o chiuse. Diventano strumenti di disprezzo e rifiuto dell’altro. È la logica e il tratto dominante del problema mediorientale oggi. Ma è la logica di sempre… Vano cercare purezza nelle culture – scrive Aime – identità è un fatto di decisioni “guidate dalla paura soprattutto”. Infatti “le culture non si incontrano ne si scontrano… sono gli uomini a farlo”.
Le lingue possono unire popoli diversi, possono fare da ponte, sono elementi di conoscenza utili nel dialogo tra culture e una scommessa per la pace.
Dobbiamo riconoscere perciò alle lingue il loro statuto: strumenti comunicativi nel senso di veri beni culturali, certo parte dell’’identità di persone e popoli, ma anche strumenti per conoscere e analizzare la realtà. Si eviteranno così i rischi di una omologazione, semplificatrice e non rispettosa, della storia e delle esistenze che , in reazione, genera conflitti ed identità esclusive, “assassine” per citare Maalouf.
Questa è la prospettiva che ispira l’azione dell’Italia: la promozione della nostra lingua non è mai stata politica di potenza né creazione di uno spazio di ingerenza politica. La nostra lingua è stata un modo di restare uniti ai tanti italiani nel mondo, quasi una nostalgia, ma anche un contributo a costruire un ponte di dialogo radicato in quell’umanesimo italiano così importante…
Nel Rinascimento e fino al ‘600 l’italiano er auna koinè nel Mediterraneo. Lo è ancora in alcune nicchie che vanno valorizzate ma occorre andare oltre. Oggi c’è di nuovo una domanda crescente a promuovere un’azione di rafforzamento dell’insegnamento della lingua italiana e della diffusione della nostra cultura nella regione nord-africana. È stato avviato proprio quest’anno un programma di rafforzamento degli strumenti di promozione della lingua italiana dedicato ai Paesi dell’area. Un preciso incoraggiamento al rapporto dell’Italia con i Paesi del Mediterraneo è dedicato al sostegno alla traduzione in arabo delle opere italiane, quale potenziale volano per la diffusione della lingua italiana.
Credo che la nostra lingua possa affermarsi meglio se non la si impone. L’italiano è in genere la lingua della scelta, del cuore, o “lingua sposa”, come direbbe ancora Maalouf. Non sto dicendo che non si debba insegnare l’italiano anzi: si ottiene molto di più riuscendo a dimostrare che l’italiano (ma direi l’Italia stessa) ha una potenzialità espressiva, una forza interna che travalica molte altre lingue, legata alla storia e alla cultura. Tra le lingue romanze è la lingua del SI, accanto alla lingua d’oc e d’oil. Ecco: ci deve essere un SI. La presenza dell’italiano nella musica, nella lirica, non è mai stata imposta da nessuno eppure nessuno ne mette in dubbio il ruolo.
Nel mercato delle lingue il nostro problema, come italofoni, è quello di pensare a una lingua debole a rischi di estinzione. Non è così. Dobbiamo rendere consapevoli gli italiani della ricchezza della loro lingua. I media italofoni son la prova di questa intrinseca forza che va risvegliata. Ad oggi nei cinque continenti operano circa 800 media italofoni: tra questi, circa 450 sono cartacei, pochi quotidiani soprattutto settimanali , mensili o cadenza più ampia. Le radio sono circa 270 mentre le televisioni una quarantina. I media italofoni più numerosi sono concentrati in Europa (circa 320) e a seguire quelli in America latina (270) e nel nord America (173), a distanza l’Australia e il sud est asiatico (50) e l’Africa (soltanto 10).
Siete parte di una realtà mondiale, prova che la lingua italiana non è un vezzo superato dalla potenza omologante dell’inglese, l’espressione di un mondo in estinzione. Dobbiamo mostrare la ricchezza e attualità di questo mondo, a partire da voi. Contemporaneamente non farei una battaglia di retroguardia contro il world english: è una battaglia persa e di retroguardia. Farei piuttosto un’alleanza con le lingue maggiori perché l’italiano sia ovunque lingua 2. Certamente – per dirla come Manent – noi sovrastimiamo in modo insensato il potere degli strumenti della comunicazione, in particolare quello di una lingua veicolare comune. Anche se parlassimo domani tutti inglese, non avremmo fatto un passo avanti verso l’unità. Lo strumento di una lingua comune non produce di per se stesso la comunicazione.
Non propongo quindi un altro ghetto linguistico, ma uno strumento aperto alla comunicazione. La nostra lingua come vettore che trasporta qualcosa: bello, buono. C’è qualcosa di più nella nostra lingua, che viene dalle profondità della storia e ci viene donato. Tutti sappiamo che l’Italia è bella e gli stranieri – giustamente – si sorprendono che noi viviamo in un così bel paese senza nemmeno accorgercene. In un senso è vero, in un altro no. Per spiegarvi questo cito Romano Guardini, a dispetto del nome un tedesco, che racconta della Settimana Santa a Monreale nel 1929: “La cosa più bella però era il popolo. Le donne con i loro fazzoletti, gli uomini con i loro mantelli sulle spalle. Ovunque volti marcati e un comportamento sereno. Quasi nessuno che leggeva, quasi nessuno chino a pregare da solo. Tutti guardavano. La sacra cerimonia si protrasse per più di quattro ore, eppure sempre ci fu una viva partecipazione. Ci sono modi diversi di partecipazione orante. L’uno si realizza ascoltando, parlando , gesticolando. L’altro invece si svolge guardando. Il primo è buono, e noi del Nord Europa non ne conosciamo altro. Ma abbiamo perso qualcosa che a Monreale ancora c’era: la capacità di vivere-nello-sguardo, di stare nella visione, di accogliere il sacro dalla forma e dall’evento, contemplando”. E conclude da nord europeo: “Me ne stavo per andare, quando improvvisamente scorsi tutti quegli occhi rivolti a me. Quasi spaventato distolsi lo sguardo, come se provassi pudore a scrutare in quegli occhi ch’erano già stati dischiusi sull’altare”. Vivere nello sguardo, ecco cosa ci distingue. La “lingua sposa” è figlia di quello sguardo, cuore e sguardo sono uniti.
Per tutto questo la Ministro Mogherini ha promosso gli Stati Generali della lingua italiana nel mondo, a Firenze per il 21-22 ottobre, al fine di radunare gli italofoni e chi lavora nella promozione della lingua italiana nel mondo e dare consapevolezza al paese di questo strumento. Il Governo crede che questa occasione possa generare uno slancio di iniziative e di idee che diano energia a tutto il sistema della promozione linguistica. Il sottotitolo dell’evento è “l’italiano nel mondo che cambia”: la nostra lingua come una “destinazione futuro”.
Con gli Stati Generali ci proponiamo di realizzare un evento che abbia un impatto sulla politica, sull’opinione pubblica e possa sostenere il lavoro di operatori ed esperti come voi. Vorrei creare una costituency (e uso un termine inglese apposta) per l’italiano. Chiedo il vostro contributo per aiutare a creare una mobilitazione dell’italofonia e italofilia a livello mondiale.
L’idea della due giornate fiorentine è di dimostrare che la lingua è un patrimonio che può generare molte opportunità per il futuro. La lingua è un fattore di sviluppo economico. È parte di quei beni culturali di cui il Ministro Franceschini afferma siano strumenti di sviluppo economico: turismo, ecc.
Quasi cento contributi sono arrivati via web, Molti i soggetti coinvolti nell’azione di riflessione sulla promozione della nostra lingua e cultura all’estero: scuole e università, docenti e allievi, studiosi, ricercatori, enti gestori dei corsi per le comunità italiane all’estero, Ambasciate, consolati, Lettorati e Istituti italiani di cultura. Una grande vivacità che dimostra quanto il tema della potenzialità della nostra lingua sia sentito nel nostro Paese e presso le comunità di italiani e italofoni in tutto il mondo. Un ringraziamento va a tutti coloro che tra voi hanno collaborato.
Tutto questo movimento d’idee, che avete contribuito a creare, sarà raccolto in un “libro bianco sulla lingua italiana nel mondo”. Sarà come un manifesto che raccoglierà gli elementi di riferimento per una politica linguistica dell’italiano nella globalizzazione. Il ruolo della comunicazione e di in particolar modo delle emittenti di servizio pubblico qui rappresentate, sarà centrale per far sì che le idee siano veicolate in tutto il mondo e sia data la giusta visibilità ai progetti che verranno portati avanti.
Tutti auspichiamo di far nascere un soprassalto di coscienza nel paese e un movimento culturale diffuso che veda e faccia dell’italiano una delle lingue protagoniste della globalizzazione e che venga sempre associato ai termini del bello e del buono, del dialogo e della pace.