Dietro al microfono: intellettuali italiani alla Radio svizzera (1930-1980)

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Dietro al microfono_Risvolti.inddDa tempo la Comunità radiotelevisiva  italofona si interroga sulla salute della lingua italiana sulla frontiera. Questo volume aiuta l’analisi ripercorrendo la specificità elvetica delle frontiere linguistiche, che molto ha influenzato la Radio svizzera di lingua italiana. Nelly Valsangiacomo racconta di come, sin dai suoi esordi, la RSI abbia attinto a risorse intellettuali d’oltralpe.

 

 

 

 

Da Benedetto Croce durante il fascismo fino a Umberto Eco nell’Italia degli anni ’70. Come nasce questo percorso?
E’ un percorso di ricerca scaturito dal mio interesse per l’utilizzo delle fonti audiovisive nello studio della società contemporanea e da una mia particolare passione per la radio, media ancora poco indagato dal punto di vista storico, malgrado specialisti riconosciuti. Si pensi, tra gli altri, per l’Italia a Peppino Ortoleva. Leggendo, appunto, sulla storia della radio, avevo ritrovato dei cenni alla conversazione che Benedetto Croce aveva tenuto alla Radio svizzera di lingua italiana (RSI, allora Radio Monte Ceneri) nel 1936. Come ho poi scoperto, l’intervento che era stato impostato attorno alla differenza tra romanzo storico e storie romanzate, con chiari riferimenti critici anche al periodo coevo e fu considerato altamente simbolico. Fu infatti proprio quella conferenza di quindici minuti a diventare nel Secondo dopoguerra uno degli elementi centrali nella costruzione del ricordo antifascista della radio.

Ho dunque deciso di indagare, anche attraverso le fonti sonore, come si inserisse questa conferenza nell’organizzazione generale dei programmi culturali della  RSI. Va infatti ricordato che, proprio per il forte federalismo linguistico, la Svizzera ha creato prima una radio e poi una televisione di servizio pubblico suddivisa per regioni linguistiche. La Svizzera italiana dunque si trovò, dall’inizio degli anni ‘30, con un radio nazionale per una minoranza linguistica che non poteva offrire alla radio una grande quantità di uomini e donne di cultura. La radio svizzera di lingua italiana si inserì quindi nella tradizione di lungo corso di scambi interni al campo culturale italiano, che travalica le frontiere nazionali.  Ho voluto poi verificarne l’evoluzione giungendo fino agli anni ‘70, periodo nel quale la radiotelevisione entra in una nuova era e anche il ruolo della cultura e lo statuto degli intellettuali nella società muta chiaramente.

Qual è stato il ruolo degli intellettuali italiani alla radio svizzera?
Vorrei prima precisare che mi sono appoggiata su una definizione lata e variabile di intellettuale, che prevede piuttosto la verifica degli ambiti e dei momenti nei quali uomini e donne di cultura hanno avuto un ruolo di esperto, di specialista oppure di intellettuale. O entrambi nelle diverse occasioni.

Partendo dall’analisi della presenza degli italiani ai microfoni svizzeri, questo lavoro cerca dunque di proporre una possibile chiave di lettura del contesto di creazione e di evoluzione della radiofonia di servizio pubblico, di quella che fu la sua interpretazione della cultura e dell’apporto dei protagonisti a questi cambiamenti.

Ovviamente nel tempo cambiano sia il genere radiofonico sia l’apporto degli intellettuali: nel periodo studiato si passò, infatti, da un’epoca di conferenze, con le quali l’intellettuale trasmetteva il suo sapere limitandosi a riprodurre i dispositivi classici del suo intervento pubblico, a momenti radiofonici più articolati, gestiti da giornalisti culturali, nei quali l’intellettuale interveniva in qualità di ospite, chiamato di volta in volta a fornire il suo parere di specialista e a raccontare la sua esperienza di vita o la sua opinione.

In tutti questi momenti, la presenza degli Italiani è stata forte e regolare, sia tra gli organizzatori culturali, sia tra gli ospiti, anche se momenti come il secondo conflitto mondiale causarono diversi problemi per mantenere le solide reti di relazione intessute negli anni precedenti. Del resto, uno degli aspetti che ho voluto indagare è quello dell’articolazione nel tempo tra la divergente situazione politica e una matrice culturale comune. Nel periodo del fascismo, per esempio, fu evidente la volontà di trasmettere una cultura riconosciuta, ma “epurata” da elementi politici.

Ciò che è certo è che la RSI è stata un importante cinghia di trasmissione transfrontaliera. Penso che la Radio svizzera di lingua italiana, se osservata da questo punto di vista, sia un caso di studio molto interessante per riflettere sulla comunità italofona, sulla circolazione dell’italianità e sulla ricchezza degli scambi; molto più che pensare alla RSI o come una specie di “provincia culturale” delle istituzioni culturali italiane a o come un ente nazionale che non deve travalicare i confini nazionali elvetici. Parlerei di una “cultura radiofonica di frontiera” che ha fatto per lungo tempo la ricchezza e la specificità di questa radio di servizio pubblico.

 

Quali nomi hanno maggiormente influito sull’opinione pubblica elvetica?
L’approccio che ho privilegiato mi ha permesso di avere una visione d’insieme delle presenze italiane in Svizzera e del loro ruolo. Andrebbe però meglio indagata la ricezione di questi interventi, che dipendono molto dal genere e dal momento radiofonico. Come andrebbe approfondita la circolazione delle idee espresse nei momenti radiofonici, alla quale ho solo puntualmente accennato, poiché spesso il passaggio al microfono è solo una tappa di una classica pratica del « mestiere » della persona di cultura,  che prevede, per questioni anche legittimamente di guadagno, di spostarsi in una regione per tenere più conferenze e poi, spesso, di pubblicare gli interventi nelle pagine culturali dei giornali, quando non addirittura di farne un libro, caso tutt’altro che raro.

Quello che si intravvede da questa prima indagine è come l’evoluzione della funzione della radiofonia da educativa a prevalentemente informativa sia ben rappresentata dal ruolo degli intellettuali italiani che da divulgatori e specialisti assunsero sempre più la funzione di comunicatori e opinionisti. E lo spettro degli intellettuali presenti alla radio si ampliò: sociologi, saggisti e giornalisti si affiancarono agli scrittori e agli accademici per discutere dei cambiamenti sociali in atto, in particolare nell’Italia contemporanea. L’uomo di cultura non era più richiesto ai microfoni solo come educatore pubblico e specialista, ma anche come commentatore dei cambiamenti socio-culturali e politici. Il ruolo di intellettuale dei media si andò definendo e ci si confrontò sempre più con editorialisti e opinionisti, frequentatori regolari della radiofonia. L’evoluzione della funzione radiofonica dell’intellettuale è dunque indissociabile da un lato dal cambiamento del suo ruolo sociale, dall’altro dall’evoluzione stilistica e tecnica del media radiofonico.  E in questo senso i due grandi protagonisti della cultura evocati all’inizio, Benedetto Croce e Umberto Eco, sono significativi del cambiamento.

Al volume è collegata una pagina web che ripropone le trasmissioni dell’epoca. Ce la può illustrare?
La pagina web, frutto di una collaborazione con la RSI e in special modo con Lorenzo de Carli, è una proposta di alcuni documenti sonori integrali dell’epoca,  accompagnati da alcuni commenti introduttivi. L’intento è rendere la ricchezza dei documenti sonori, che permettono uno studio a più livelli : sui generi radiofonici, i dispositivi, l’oralità, via via fino ai contenuti e ai protagonisti. Sono convinta che della ricchezza delle fonti audiovisive non solo come materiale illustrativo, ma per aggiungere altre sfaccettature all’analisi del secolo scorso. E in questo senso, le radiotelevisioni, oltre ad avere un ruolo evidente nella circolazione della cultura,  hanno un ruolo fondamentale sia nella conservazione dei materiali che accompagnano queste fonti, sia nella collaborazione per rendere accessibili questi documenti di grande valore per lo studio di un’epoca. Il mio auspicio è che questi documenti siano sempre piu accessibili e non siano usati solo per operazioni patrimoniali e nostalgiche.

 

Nelly Valsangiacomo (1967) ha conseguito la laurea e il dottorato di ricerca in storia contemporanea all’Università di Friburgo. Dal 2012 è ordinaria presso l’Università di Losanna. Si occupa prevalentemente di storia sociale e culturale della Svizzera, con particolare attenzione alle fonti audiovisive per la storia delle società contemporanee, alla storia degli intellettuali e alle questioni relative all’italianità.

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