Nel rapporto diffuso dall’ISTAT, pubblicato in questi giorni, viene delineata la situazione migratoria del nostro paese: continua il flusso migratorio verso l’estero, la maggioranza delle partenze hanno origine nelle regioni settentrionali, in particolare la Lombardia. Le destinazioni sono Regno Unito, Germania, Svizzera e Spagna.
Nel 2019 il volume complessivo delle cancellazioni anagrafiche per l’estero è di 180mila unità, in aumento del 14,4% rispetto all’anno precedente. Le emigrazioni dei cittadini italiani sono il 68% del totale (122.020). Se si considera il numero dei rimpatri (iscrizioni anagrafiche dall’estero di cittadini italiani), pari a 68.207, il calcolo del saldo migratorio con l’estero degli italiani (iscrizioni meno cancellazioni anagrafiche) restituisce un valore negativo di 53.813 unità. Il tasso di emigratorietà dei cittadini italiani è pari a 2,2 per mille.
È il Nord la ripartizione di residenza da cui partono i flussi più consistenti di trasferimenti all’estero di cittadini italiani, in termini sia assoluti (59mila, pari al 49% degli espatri) sia relativi rispetto alla popolazione residente (2,4 italiani per mille residenti). Dal Mezzogiorno si sono trasferiti all’estero oltre 43mila italiani (2,2 per mille) mentre dal Centro sono espatriati circa 19mila connazionali, con un tasso di emigratorietà (1,8 per mille) sotto la media nazionale.
La distribuzione degli espatri per regione di partenza mette in evidenza una situazione più eterogenea: la regione da cui emigrano più italiani, in valore assoluto, è la Lombardia con un numero di cancellazioni anagrafiche per l’estero pari a 23mila; seguono Sicilia e Veneto (entrambe 12mila), Campania (11mila) e Lazio (9mila). In termini relativi, rispetto alla popolazione italiana residente nelle regioni, il tasso di emigratorietà più elevato si ha in Trentino-Alto Adige (4 italiani per mille residenti). In Calabria, Friuli-Venezia Giulia, Marche, Veneto, Sicilia, Molise, Lombardia e Abruzzo la propensione a emigrare è di circa 3 italiani per mille residenti. Le regioni con il tasso di emigratorietà per l’estero più basso sono invece Toscana, Liguria e Lazio, che presentano valori pari a circa 1,7 per mille.
EFFETTO BREXIT: AUMENTANO GLI ITALIANI NEL REGNO UNITO
Nel 2019 il flusso di espatri verso il Regno Unito registra la cifra record di 31mila cancellazioni anagrafiche (+49% rispetto all’anno precedente), superando il picco dei 25mila espatri del 2016 (anno in cui è stato avviato il processo di risoluzione per l’uscita del Paese dall’Unione europea, concluso il 31 gennaio scorso con l’accordo di recesso). Lo rende noto l’Istat. Durante il cosiddetto “periodo di transizione” (stabilito di comune accordo tra Stati membri e Regno Unito e concluso il 31 dicembre 2020), molti dei cittadini italiani, verosimilmente già presenti nel territorio britannico ma non registrati come abitualmente dimoranti, hanno ufficializzato la loro posizione trasferendo la residenza nel Regno Unito.
MEZZO MILIONE DI ITALIANI IN CINQUE PAESI EUROPEI
In generale i paesi dell’Unione europea si confermano le mete privilegiate per gli italiani che emigrano. Nel 2019, il secondo posto nella graduatoria dei paesi di destinazione europei, dopo il Regno Unito (31mila espatri, +49% rispetto al 2018), è occupato dalla Germania con poco meno di 19mila espatri (+4%), il terzo dalla Francia (13mila), seguita da Svizzera (10mila) e Spagna (6mila). Lo rende noto l’Istart. Nel decennio 2010-2019 questi cinque Paesi hanno accolto complessivamente circa 531mila italiani emigrati. Tra i paesi extra-europei, le principali mete di destinazione sono Brasile, Stati Uniti, Australia e Canada (nel complesso 16mila). Tra gli italiani che espatriano si contano anche i flussi dei cittadini di origine straniera (si tratta di una stima basata sul luogo di nascita, informazione che rappresenta una valida proxi del background migratorio). Sono cittadini nati all’estero che emigrano in un paese terzo o fanno rientro nel luogo di origine, dopo aver trascorso un periodo in Italia e aver acquisito la cittadinanza italiana.Le emigrazioni di questi “nuovi” italiani, nel 2019, ammontano a circa 37mila (30% degli espatri, +5% rispetto al 2018). Di questi, uno su tre è nato in Brasile (circa 12mila), il 9% in Marocco, il 6% in Bangladesh, il 5% in Germania, il 4% nella ex Jugoslavia, il 3,8% in Argentina e il 3% in India e Pakistan. I paesi dell’Unione europea si confermano le mete principali anche degli espatri dei “nuovi” italiani (60% dei flussi degli italiani nati all’estero). In particolare, con riferimento al collettivo dei connazionali diretti nei paesi dell’Ue, si osserva che il 17% è nato in Brasile, il 14% in Marocco, il 9% nel Bangladesh. Ancora più in dettaglio, i cittadini italiani di origine africana emigrano perlopiù in Francia (56%), quelli nati in Asia nella stragrande maggioranza si dirigono verso il Regno Unito (92%) così come fanno, ma in misura molto più contenuta, i cittadini italiani nativi dell’America Latina (38%). I cittadini nati in un paese dell’Ue invece emigrano soprattutto in Germania (42%).
LAUREA PER UN EMIGRATO ITALIANO SU QUATTRO
Nel 2019, gli italiani espatriati sono prevalentemente uomini (55%). Fino ai 25 anni, il contingente di emigrati ed emigrate è ugualmente numeroso (entrambi 20mila) e presenta una distribuzione per età perfettamente sovrapponibile. A partire dai 26 anni fino alle età anziane, invece, gli emigrati iniziano a essere costantemente più numerosi delle emigrate: dai 75 anni in poi le due distribuzioni tornano a sovrapporsi. Lo rende noto l’Istat. L’età media degli emigrati è di 33 anni per gli uomini e 30 per le donne. Un emigrato su cinque ha meno di 20 anni, due su tre hanno un’età compresa tra i 20 e i 49 anni mentre la quota di ultracinquantenni è pari al 13%. Considerando il livello di istruzione posseduto al momento della partenza, nel 2019 un italiano emigrato su quattro è in possesso di almeno la laurea (30mila). Rispetto all’anno precedente le numerosità dei laureati emigrati è in lieve aumento (+1,4%). L’incremento è molto più consistente se si amplia lo spettro temporale: rispetto a cinque anni prima gli emigrati con almeno la laurea crescono del 23%. Quasi tre cittadini italiani su quattro trasferitisi all’estero nel 2019 hanno 25 anni o più: sono poco più di 87mila (il 72% del totale degli espatriati); di essi quasi uno su tre (28mila) è in possesso di almeno la laurea. In questa fascia d’età si riscontra una lieve differenza di genere riguardo alla consistenza e al titolo di studio di chi espatria: le italiane emigrate sono meno numerose (rappresentano circa il 43% del totale degli espatriati di 25 anni o più) ma sono più frequentemente in possesso di almeno la laurea (il 36% contro il 30% dei loro coetanei). Rispetto al 2010, inoltre, l’aumento degli espatri di laureati è più evidente per le donne (+8%) che per gli uomini (+3%). Tale incremento risente in parte dell’aumento contestuale dell’incidenza di donne laureate nella popolazione (dal 5,5% del 2010 al 7,8% del 2019). L’altra faccia della medaglia è costituita dai rimpatri: nel 2019, considerando il rientro degli italiani di 25 anni e più con almeno la laurea (15mila), la perdita netta (differenza tra rimpatri ed espatri) di popolazione “qualificata” è di 14mila unità. Tale perdita riferita agli ultimi dieci anni ammonta complessivamente a poco meno di 112mila unità. Il trend in aumento degli espatri è da attribuire in larga parte alle difficoltà del mercato del lavoro italiano di assorbire l’offerta soprattutto dei giovani e delle donne. A queste si aggiunge il mutato atteggiamento nei confronti del vivere in un altro Paese – proprio delle generazioni nate e cresciute in epoca di globalizzazione – che induce i giovani più qualificati a investire con maggior facilità il proprio talento nei paesi esteri in cui sono maggiori le opportunità di carriera e di retribuzione. I programmi specifici di defiscalizzazione, messi in atto dai governi per favorire il rientro in patria delle figure professionali più qualificate, non si rivelano quindi del tutto sufficienti a trattenere le giovani risorse che costituiscono parte del capitale umano indispensabile alla crescita del Paese.
IN DIECI ANNI 1,4 MILIONI IN FUGA DAL SUD ITALIA
Negli ultimi dieci anni sono stati circa 1 milione 140mila i movimenti in uscita dal Sud e dalle Isole verso il Centro-nord e circa 619mila quelli sulla rotta inversa. Il bilancio tra uscite ed entrate si è tradotto in una perdita netta di 521mila residenti che, in termini di popolazione, equivale alla perdita di un’intera regione come la Basilicata. Nel 2019, la significativa variazione in aumento dei movimenti tra regioni diverse (379mila, +14%) si riflette anche nel consistente incremento di spostamenti che hanno come origine il Mezzogiorno e come destinazione il Centro-nord: un trasferimento interregionale su tre riguarda questa direttrice. La regione del Mezzogiorno da cui partono più emigrati è la Campania (29%), seguita da Sicilia (25%) e Puglia (18%). In termini relativi, rispetto alla popolazione residente, il tasso di emigratorietà più elevato si ha invece in Calabria: oltre nove residenti per mille lasciano la regione per trasferirsi al Centro-nord. Tassi sopra il 7 per mille si registrano per Basilicata e Molise. La regione verso cui si dirigono prevalentemente questi flussi è, in termini assoluti, la Lombardia (29%) ma, in termini relativi, l’Emilia-Romagna è quella che li attrae di più (5 trasferimenti dal Mezzogiorno per mille residenti).La provincia del Mezzogiorno da cui si registrano più partenze verso il Centro-nord è Napoli in termini assoluti (15% del totale delle partenze) mentre Crotone ha il tasso di emigratorietà più elevato: 14 residenti su mille si spostano al Centro-nord. Viceversa, la provincia centro settentrionale più attrattiva è Bologna, nella quale si trasferiscono dal Mezzogiorno oltre 7 residenti per mille. Il contingente di emigrati meridionali che abbandona la terra di origine per stabilirsi in una regione del Centro o del Nord è composto prevalentemente da giovani in età attiva. Nel 2019, la quota più significativa di trasferimenti in uscita si registra nella fascia di età tra i 18 e i 35 anni (53%), mentre sulla rotta inversa tale quota è pari al 34%. Con riferimento al livello di istruzione dei soli cittadini italiani di 25 anni e più che partono dal Mezzogiorno e si dirigono verso il Centro-nord, il 41% di essi è in possesso di almeno la laurea, mentre uno su tre parte con in tasca il diploma. (9colonne)