Presentati i dati e le analisi del Dossier Statistico Immigrazione di Idos

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(30/10/2024) Si è tenuta presso il Teatro Orione a Roma la presentazione del 34° Dossier Statistico Immigrazione a cura di IDOS, in collaborazione con Confronti e l’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”.

I DATI
Il Dossier presenta i dati relativi al fenomeno migratorio e individua le criticità nella gestione del fenomeno da parte dei Paesi destinatari dei flussi migratori. Attualmente, a livello globale, sono oltre 200 milioni le persone che vivono oggi lontano dalla propria terra d’origine, e la situazione dei migranti forzati è in costante peggioramento, con oltre 120 milioni di persone costrette a fuggire dalle proprie case. Mentre la comunità internazionale si trova a fronteggiare questa emergenza umanitaria, l’Europa sembra invertire la rotta, optando per politiche sempre più rigide e volte a bloccare l’ingresso di nuovi arrivi.

Entro il 2050 si prevede un significativo incremento della popolazione mondiale, con una concentrazione della crescita nei Paesi in via di sviluppo. Questo genererà squilibri nella forza lavoro a livello globale, con una diminuzione nei Paesi sviluppati e un aumento in quelli in via di sviluppo. Le migrazioni rappresentano un meccanismo fondamentale per compensare questi squilibri, permettendo di mantenere l’equilibrio occupazionale a livello globale. Senza migrazioni, sarebbe necessario ricorrere a misure drastiche come l’eliminazione di posti di lavoro nei Paesi ricchi e la creazione di molti nuovi posti di lavoro nei Paesi poveri.

Nonostante l’importanza delle migrazioni e gli obiettivi dell’Agenda 2030, la cooperazione internazionale in questo ambito è ancora insufficiente. Molti Paesi sviluppati, incluso l’Italia, non stanno investendo risorse sufficienti nella cooperazione allo sviluppo, limitando così la loro capacità di affrontare le cause profonde delle migrazioni e di gestire i flussi migratori in modo efficace.

Altro fattore che incide sul fenomeno migratorio sono le guerre, attualmente 52, alle quali vanno aggiunte diverse situazioni di tensione in tutto il mondo che hanno portato ad un aumento importante del numero dei migranti forzati, passando da 20 milioni del 2000 a 120 milioni di maggio 2024. Di questi 68,3 milioni sono sfollati interni, 38,5 milioni sono richiedenti asilo e titolari di protezione, 6 milioni sono rifugiati palestinesi del 1948 e loro discendenti sotto mandato di Unrwa (di cui 1,2 milioni sono abitanti di Gaza, che le fonti conteggiano anche come sfollati interni) e 5,8 milioni sono venezuelani sfollati all’estero senza possibilità di richiedere asilo per l’entità massiccia del flusso. Il rapporto mette anche in luce che sono 7,7 milioni gli sfollati interni per disastri ambientali, non ricompresi tra i migranti forzati. La Siria è il Paese in cui le migrazioni forzate incidono di più, con con 13,8 milioni tra sfollati interni e all’estero, seguita da Afghanistan, Sudan e Ucraina.

Il Rapporto evidenzia  le politiche migratorie europee alla luce del nuovo Patto europeo su migrazione e asilo, approvato nel 2023-2024, e le critica fortemente, evidenziando come l’approccio prevalente sia quello di una maggiore chiusura e di un controllo sempre più stringente dei flussi migratori.

Questa tendenza, secondo gli autori, ha come conseguenza un aumento delle morti in mare e porta a un deterioramento delle condizioni di accoglienza e alla una violazione dei diritti dei richiedenti asilo. Il nuovo Patto europeo sull’asilo e la migrazione sembra aver inasprito le politiche migratorie europee, portando a conseguenze negative sia per i migranti che per i sistemi di accoglienza.

Nel 2023 la Ue aveva registrato oltre 385 mila ingressi irregolari, e ad agosto 2024 erano già più di 95 mila. Le rotte più battute restano il Mediterraneo centrale (42,2%) e i Balcani occidentali (25,7%), sebbene rispetto al 2022 siano diminuiti gli arrivi lungo quest’ultima (-31,3%) e aumentati quelli dal Mediterraneo centrale (+54,1%), orientale (+57,9%) e dall’Africa occidentale (+156,6%), diventata la rotta più letale al mondo con 6.618 morti nel 2023.

In Italia Nel 2023 la Ue aveva registrato oltre 385 mila ingressi irregolari, e ad agosto 2024 erano già più di 95 mila. Le rotte più frequentate restano il Mediterraneo centrale (42,2%) e i Balcani occidentali (25,7%), sebbene rispetto al 2022 siano diminuiti gli arrivi lungo quest’ultima (-31,3%) e aumentati quelli dal Mediterraneo centrale (+54,1%), orientale (+57,9%) e dall’Africa occidentale (+156,6%), diventata la rotta più letale al mondo con 6.618 morti nel 2023.

Rimanendo in Italia le persone straniere residenti sono 5,3 milioni a fine 2023 secondo il dato provvisorio dell’Istat (+166 mila in un anno), il 9,0% della popolazione complessiva. Numerose anche le acquisizioni di cittadinanza italiana che si attestano su livelli elevati: 213.716 nel 2022 e 213.567 nel 2023.  Si interrompe, invece, la crescita dei cittadini non Ue titolari di permesso di soggiorno. Sono 3,6 milioni alla fine del 2023, scesi di oltre 120mila in un anno per l’effetto combinato di vari fattori: le acquisizioni di cittadinanza, il calo dell’afflusso di profughi dall’Ucraina, le strettoie legislative e burocratico-amministrative che ostacolano la regolarità del soggiorno, aggravate dai ritardi della Pubblica amministrazione. Emilia Romagna, Lombardia e Toscana le regioni col maggior numero di migranti, mentre sono Romania, Albania e Marocco le nazioni più rappresentate.

LA CRONACA DELLA PRESENTAZIONE
«Questo è un anno importante per noi perché festeggiamo i 20 anni di costituzione del Centro Studi e Ricerche Idos, e lo è ancora di più in tempi così difficili, nei quali le politiche migratorie in Italia e in Europa investono sempre meno nell’integrazione e sempre più in politiche vessatorie e repressive. Se vogliamo costituire una società più giusta e vivibile dobbiamo farlo insieme ai giovani, e il nostro compito è fornire loro quegli strumenti conoscitivi e culturali che possano permettergli di leggere nella maniera più corretta il loro tempo, in modo tale che siano protagonisti attivi e non passivi della loro vita. Il dossier è un’opera polifonica, raccoglie una pluralità di contributi e approcci scientifici, è scritto da più di cento autori, tra cui ci sono esperti e studiosi autorevoli a livello sia nazionale che internazionale, con un background e prospettive diverse, pertanto è un’opera molto pluralistica», ha introdotto Luca Di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche IDOS, che ha presentato il nuovo Rapporto, giunto alla 34esima edizione e realizzato, in collaborazione il Centro Studi e rivista Confronti, e l’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”,  grazie al sostegno dell’Otto per Mille della Tavola Valdese.

Il direttore di Confronti Claudio Paravati ha aggiunto: «Siamo tante e tanti oggi qui, ma siamo ancora di più in tutta Italia, perché questa presentazione sta avvenendo in contemporanea con decine di altre città. È una grande comunità che a livello nazionale, almeno una volta l’anno, si riunisce e discute insieme, e questa è una cosa molto preziosa, resa possibile da un’opera come il Dossier Statistico Immigrazione. Importante è anche la grande presenza di studenti di scuola superiore e universitari, perché ci permette di lavorare insieme a livello intergenerazionale».

«Questo lavoro rappresenta il nostro modo di vivere la fede cristiana, perché, secondo noi, la dimensione del credente è strettamente legata a quella del cittadino, e il Dossier racchiude in sé tutto quello che ci piacerebbe fosse un progetto finanziato dai fondi dell’Otto per Mille.  Noi non utilizziamo questi fondi per finalità di culto, ma abbiamo scelto di utilizzarli soltanto per finalità culturali, sociali e umanitarie, e un’iniziativa come quella del Dossier le incorpora tutte e tre. è un’iniziativa culturale, perché fornisce dei dati sulla base di analisi scientificamente provate, fondamentali per fare delle scelte politiche illuminate ed eliminare molte false narrazioni. Poi c’è l’elemento sociale, sia perché viene trattato un tema che racconta i mutamenti che stanno avvenendo non solo nella società italiana, ma a livello globale; ma anche perché su questo tema si giocano le diverse visioni di società. La società può essere infatti aperta o chiusa, solidale o competitiva, plurale o illusoriamente uniforme, democratica e fondata sui diritti umani e le libertà fondamentali oppure autoritaria, in sostanza può essere più eguale o vedere una crescita delle diseguaglianze, quindi più o meno felice. Poi c’è il tema umanitario perché, sebbene il Dossier abbia un approccio scientifico e fornisca una serie di dati, è sempre presente l’idea che si sta parlando di esseri umani e di impegno umanitario», ha dichiarato la moderatora della Tavola Valdese Alessandra Trotta.

Luca Di Sciullo ha sottolineato: «Secondo l’antropologo e filosofo francese René Girard, autore di La violenza e il sacro, tutti abitiamo le città fondate da Caino perché, dopo aver assassinato il fratello Abele diventò, “costruttore di città”. Pertanto, ci sarebbe un fratricidio fondativo alla base della nostra convivenza, cosiddetta civile, e l’omicida che si è impadronito del potere, recidendo il vincolo di fratellanza con questo atto di violenza, è diventato il legislatore. La prima conseguenza è che queste leggi, da una parte giustificano il potente che le scrive e ne legittimano la violenza, dall’altra rendono questa violenza fondativa esemplare, innescando nella società una catena di ulteriori atti violenti compiuti a imitazione del potente. La seconda conseguenza è che questa escalation di violenza alimenta in maniera endemica tutta una serie di mali sociali, come la corruzione, la criminalità, la disoccupazione, la povertà e così via, e finisce per indebolire i legami tra i cittadini. Quando questo accade diventa necessario ricorrere a un metodo che permetta di incanalare altrove tutta la tensione e la rabbia sociale che si accumulano, così da salvaguardare la tenuta dell’ordine sociale e quindi anche il sistema di potere. In casi come questo, l’individuazione di un capro espiatorio diventa un rito catartico con cui periodicamente la società ripete in maniera collettiva la stessa violenza fondativa da cui ha tratto origine. Prendendo in esame le tre chiavi di lettura di Girard, ovvero la scrittura e riscrittura di leggi che rispecchiano la violenza fratricida del fondatore, il desiderio di imitazione del potente che a ogni passaggio di mano innalza sempre più il tasso di spietatezza del legislatore, e il ricorso al capo espiatorio come un oggetto sacrificale su cui scaricare la rabbia collettiva per rinsaldare l’identità della comunità, è evidente quanto ognuno di questi tre punti sia incredibilmente calzante per capire a fondo le dinamiche che hanno mosso le politiche migratorie e gli atteggiamenti dominanti verso i migranti negli ultimi decenni sia in Italia che in Europa. Gli immigrati sono diventati infatti, da almeno trent’anni, il capro espiatorio di tutti i mali endemici del Paese, e i governanti di turno hanno concorso, chi con azioni, chi con omissioni a spogliarli di ogni più elementare diritto e tutela, per poi a ridurli a una condizione di inferiorità che ne ha fatto dei perfetti oggetti sacrificali».

Nawal Soufi, attivista per i diritti umani, impegnata sulla rotta balcanica, ha sottolineato nel video che inviato per l’evento: «Mi occupo di migranti in cammino lungo le varie rotte migratorie. Quello che cerco di fare, e che ho cercato di fare in questi anni, è di monitorare la violenza di frontiera, denunciare gli abusi che si consumano davanti ai miei occhi tutti i giorni, sia nelle zone di frontiera che nei vari campi e centri di accoglienza. Qui gli esseri umani vengono letteralmente parcheggiati, e la salute mentale dei migranti è molto a rischio, non solo a causa del largo uso di droghe e psicofarmaci, ma anche per il fatto che dopo uno o due anni nei centri di accoglienza i migranti perdono la loro voglia di vivere e di fare qualcosa in Europa. Le situazioni sono tante, diverse e il lavoro di denuncia deve essere accompagnato a quello di supporto ai migranti, sia per la fornitura di beni di prima necessità, che per il supporto legale e sanitario. Sulla rotta balcanica si vivono molteplici situazioni di violenza. Se prima la violenza riguardava solo le guardie di frontiera, ora bisogna affrontare anche i trafficanti che rapiscono anche donne, minori o famiglie intere, per poi richiedere un riscatto. Le forze dell’ordine lasciano che i trafficanti portino avanti queste attività illegali e spesso i migranti non denunciano queste situazioni per timore di ripercussioni sulle loro famiglie. Cerco di essere positiva e di dare speranza ai migranti ma so che la situazione è sempre più grave».

Noura Ghazoui, presidente del CoNNGI – Coordinamento Nazionale delle Nuove Generazioni Italiane, ha aggiunto: «È importante che nel dibattito pubblico vengano coinvolte le nuove generazioni. Il Dossier è una luce che va accolta, perché ci dà modo di riflettere e di mettere in risalto i dati concreti che servono per poter mettere in atto delle strategie e dei percorsi per migliorare la nostra società, che spesso preferisce continuare a brancolare nel buio.  Quindi ringraziamo tantissimo tutti coloro che hanno contribuito a questo lavoro.  Il CoNNGI vuole creare un filo diretto con le nuove generazioni e fare dell’inclusione un potente motore di cambiamento. Non avendo scelto di intraprendere un viaggio o un percorso di migrazione, ma essendo per lo più nati e cresciuti in Italia, ci definiamo nuove generazioni con background migratorio, facciamo dell’inclusione un potente motore di cambiamento, e crediamo fermamente che l’inclusione sociale non sia solo un obiettivo, ma una responsabilità collettiva. Il nostro impegno è verso un mondo in cui tutti possiamo camminare insieme senza lasciare nessuno indietro».

«Qui stiamo presentando un Dossier statistico ma quello che stiamo facendo non è semplicemente esporre dei numeri, ma costruire una narrazione. A questo tavolo dall’inizio non si è sentito parlare di “seconde generazioni migranti”, cosa di cui invece si parla ancora nei media e anche nella politica ma di “background migratorio” che è molto diverso, perché non riguarda persone che hanno un percorso migratorio ma che sono nate e cresciute in Italia. C’è un filo di continuità tra i nuovi italiani e i vecchi migranti, un filo che non si può spezzare ed è molto presente, ma quando parliamo di migrazione parliamo di un’identità che ha diversi volti. Anche i percorsi migratori possono essere diversi. Io mi occupo di un tipo di migrazione di cui nel mio ambito formativo non si parla abbastanza, ovvero della migrazione femminile, a cui il Dossier ha dato largo spazio. Quella femminile è una migrazione intersezionale ovvero genere, status sociale, orientamento sessuale, religioso e tipo di migrazione. Spesso la migrazione viene trattata in modo generico, ma ogni migrazione ha la sua specificità e il Dossier ha il pregio di approfondire tutti questi aspetti» – ha aggiunto Sonia Lima Morais, scrittrice e presidente dell’Associazione Donne Capoverdiane.

Paolo De Nardis, presidente dell’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”, ha concluso: «Quest’anno siamo stati costretti a un maggiore realismo e pessimismo, perché stiamo vivendo una situazione che non si trova sempre a gioire. Dobbiamo far riferimento al dramma della normativa italiana e europea in cui c’è tanta crudeltà crescente. Quando parliamo delle nostre iperdemocratiche società occidentali abbiamo in mente l’idea di un individuo staccato dagli altri detentore di una libertà assoluta.  Ma l’individuo da solo non esiste, l’individuo è sempre un individuo sociale che esiste in una società, quindi è un individuo che si basa sulla libertà nel sociale e sulla coesistenza. Altrimenti non ci sarebbe società, ci sarebbe soltanto il sopruso e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo».

Ha coordinato i lavori Claudio Paravati, direttore del Centro Studi Confronti.

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