(04/09/2024) È quanto emerge da un’analisi linguistica e comparativa dell’Università di Basilea: “Siamo rimasti stupiti dalla grande chiarezza dei testi svizzeri rispetto a quelli italiani”
Nessuna vergogna: l’italiano parlato e scritto in Svizzera ha tutta la sua dignità. E quello istituzionale – pur con le sue peculiarità – appare più chiaro di quello in uso in Italia. Le traduzioni dal tedesco e dal francese possono inoltre sfociare in testi migliori di quelli originali: si è insomma di fronte a una lingua minoritaria, ma non certo di minor valore. È quanto emerge da un’analisi linguistica e comparativa dell’Università di Basilea.
“I sociolinguisti ci dicono che dal punto di vista legislativo non c’è al mondo un idioma di minoranza meglio tutelato dell’italiano in Svizzera”, spiega Angela Ferrari, ordinaria di linguistica presso l’ateneo renano, citata in un comunicato. “Nel nostro Paese il multilinguismo ufficiale è assolutamente paritario, non importa quali siano le percentuali relative delle persone che realmente parlano le tre lingue ufficiali”.
Insieme a un gruppo di ricercatori la 64enne ha posto l’italiano delle autorità elvetiche al centro dell’attenzione della ricerca scientifica. Gli studiosi hanno raccolto un ampio corpus di testi ufficiali. Hanno paragonato l’italiano ufficiale svizzero con l’italiano ufficiale d’Italia, nonché con il francese e il tedesco.
Analizzando i testi hanno constatato che tra quelli svizzeri e quelli italiani non ci sono praticamente differenze significative a livello grammaticale. Non è così invece per quanto riguarda il lessico, in cui si trovano scarti, anche notevoli. Il motivo è da ricercare nella specificità linguistica, politica, sociale e culturale della Confederazione. Così, ad esempio, si spiega la presenza dei cosiddetti “prestiti” dal tedesco o dal francese, che non si ritrovano in Italia: per esempio in Svizzera non si parla solo di “medicinale” ma anche di “medicamento” (in francese médicament e in tedesco Medikament).
Lingua pluricentrica
“Queste peculiarità lessicali portano spesso – soprattutto i ticinesi, ma non solo – a ritenere che l’italiano svizzero sia di minor valore di quello d’Italia”, osserva Ferrari. “Non c’è naturalmente niente di vero. L’italiano – come il francese e l’inglese, ma più in piccolo – è una lingua cosiddetta pluricentrica, cioè idioma nazionale di più di uno Stato. L’italiano-svizzero è la lingua di uno Stato autonomo, diverso dall’Italia, il quale ha e deve avere il diritto di mantenere le sue proprie peculiarità, senza che ciò venga considerato come una qualsivoglia svalutazione”.
Oltre alle peculiarità lessicali, una differenza importante nella comunicazione ufficiale dei due Paesi è di natura pragmatica: dal confronto tra i testi svizzeri e italiani è emerso che le autorità elvetiche danno grande importanza alla chiarezza. I testi ufficiali elvetici sono fortemente orientati al destinatario, curano in modo particolare la loro leggibilità e comprensibilità: le frasi sono brevi, non sono troppo complesse e il vocabolario è specialistico solo quanto basta.
“Siamo rimasti stupiti dalla grande chiarezza dei testi svizzeri rispetto a quelli italiani”, afferma Filippo Pecorari, componente dell’équipe di ricerca basilese. “Anche secondo l’Accademia della Crusca, una delle massime autorità in materia di lingua italiana, i testi ufficiali italiani sono poco chiari, burocratici e autoreferenziali”, gli fa eco Ferrari. “Si ha la sensazione che le istituzioni italiane parlino solo tra di loro e per loro, e che non facciano attenzione alle persone che dovrebbero davvero leggere e capire i testi”.
Ragioni storiche, ma non solo
Se nei testi ufficiali in Svizzera e in Italia la stessa lingua è usata in modo diverso, ciò è dovuto senz’altro a ragioni storiche, politiche e culturali, ma anche al particolare processo della loro produzione.
“I testi ufficiali della Confederazione Svizzera in italiano sono quasi sempre traduzioni di testi in tedesco o in francese. Ora, sorprendentemente, questo non è un ostacolo, bensì un’opportunità per la loro qualità comunicativa”, sottolinea la professoressa. I traduttori della Confederazione agiscono come attenti ‘collaudatori’, verificano cioè se il testo di partenza è coerente e chiaro, e se c’è bisogno corrono ai ripari. “Per via della componente metalinguistica che caratterizza la traduzione, hanno una visione del testo più distante e critica: è per questa ragione che a volte e inaspettatamente i testi tradotti sono più chiari e meglio strutturati degli originali”.
Rispetto all’italiano scritto, la situazione del parlato è diversa. I ricercatori si stanno concentrando ora sulla comunicazione ufficiale orale, che a Palazzo federale è davvero poco presente. “Abbiamo osservato che la percentuale di italiano parlato aumenta non appena un politico ticinese siede in governo o anche solo in parlamento. Purtroppo però, anche in questo caso, l’italiano è relegato ai saluti e agli aspetti procedurali più triti: le informazioni più importanti sono comunque formulate in tedesco o in francese”.
La paura e il rischio di non essere compresi dai colleghi di governo e dagli altri parlamentari spingono i politici italofoni a esprimersi in tedesco o in francese. “Da chi è alla guida di un Paese ufficialmente multilingue si dovrebbe poter pretendere almeno una competenza di tutte le lingue ufficiali: il che dovrebbe valere idealmente anche per i funzionari federali”, conclude l’accademica, che è stata presidente della Società internazionale di linguistica e filologia italiana.