Il voto degli altri. Rappresentanza e scelte elettorali degli italiani all’estero

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L’intervista di febbraio  è a Guido Tintori che ha curato il libro “Il voto degli altri. Rappresentanza e scelte elettorali degli italiani all’estero”. Il volume fornisce un dibattito corale e ampio sul voto all’estero, affrontando i rapporti di cittadinanza tra Stato e emigrazione.  Da una prospettiva storica e multidisciplinare emerge il profilo sociale e politico di elettori ed eletti all’estero.

Il suo libro si intitola: “Il voto degli altri”. Chi sono questi altri italiani?

La definizione di altri per indicare i cittadini residenti fuori dai confini nazionali è stata adottata fin dal titolo in maniera provocatoria, poiché spesso si è guardato agli “italiani all’estero” quasi si trattasse di un soggetto sociale, culturale e politico omogeneo e immutabile nel tempo e, proprio per questo, essenzialmente diverso dagli italiani nati e residenti nel paese.

L’obiettivo del nostro lavoro è fornire un contributo di informazione al lettore ma anche al legislatore italiano, affinché il dibattito sul voto all’estero e sulla cittadinanza in relazione agli espatriati e ai discendenti degli emigrati possa muovere dall’estrema complessità di coloro che oggi costituiscono quell’attore sociale e politico definito, genericamente, “italiani all’estero”.

In questa implicita dicotomia quindi chi è il “noi”?

Nell’impostazione del libro, non esiste una dicotomia tra un noi – idealmente, gli italiani residenti nel paese – in contrapposizione agli altri italiani – i residenti all’estero, anche se ritengo che sia stato questo uno dei vizi all’origine di una legge mal concepita. Esistono, semplicemente, i cittadini italiani, con tutti i diritti connessi allo status civitatis, inclusi i diritti politici. Detto ciò, il capitolo conclusivo del volume affronta la questione di come conciliare il principio di uguaglianza dei diritti tra tutti i cittadini, con i criteri, altrettanto fondamentali in democrazia, di legame effettivo con il paese di origine e di partecipazione piena alla vita politica della nazione, soprattutto in termini di esposizione alle conseguenze delle decisioni che si contribuisce a prendere con il proprio voto.

Il libro è articolato in sei capitoli di autori differenti, quale è il filo conduttore che li unisce?

Il volume non si limita all’analisi della partecipazione politica degli italiani all’estero dopo l’approvazione della legislazione del 2000-2001, ma adotta una prospettiva storica e descrive l’evoluzione dell’organizzazione di un sistema di rappresentanza politica nelle diverse aree di insediamento degli “italiani fuori d’Italia”. Dalle nostre analisi, emergono numerose specificità locali e un’articolazione demografica complessa, nella quale convivono diverse cittadinanze, frutto di vecchie e nuove mobilità. Queste differenze sono la risultante di numerosi fattori, quali le politiche migratorie italiane, l’anzianità migratoria, le sollecitazioni provenienti dal contesto politico delle società di insediamento, ma, soprattutto, le leggi sulla cittadinanza del 1912 e 1992.

Affrontiamo le numerose criticità della legislazione vigente, a partire dalla difficoltà a garantire un esercizio del voto “personale ed eguale, libero e segreto”, come previsto dall’articolo 48 della Costituzione. Ma il tema fondamentale è il corto circuito che si è innescato tra legge sul voto e legislazione sulla cittadinanza. Dimostrazione di ciò sta nel fatto che una larga parte dell’elettorato estero è composta da chi ottiene la cittadinanza per riconoscimento, discendenti di emigrati con legami e interessi sottili, se non del tutto assenti, verso la vita politica del paese, i quali sono iscritti automaticamente all’Aire al momento della consegna del passaporto. Mentre la medesima iscrizione è molto più problematica e impegnativa, per quanti si trovino più o meno temporaneamente all’estero o vivano nel contesto delle nuove mobilità, spesso caratterizzate da un’alta frequenza di circolarità e turn over geografico. Proprio in questi giorni, abbiamo seguito tutti la campagna di protesta promossa dagli studenti Erasmus italiani, di fatto esclusi dal voto per le prossime elezioni, a causa del regolamento di iscrizione alle liste elettorali.

L’articolazione dei cittadini italiani all’estero in discendenti ed espatriati di prima generazione si sta progressivamente trasformando in divisione, in termini sia di domanda di rappresentanza sia di agenda politica.

Alla fine del mese ci saranno in Italia elezioni politiche. Il tema del voto degli italiani all'estero come viene sentito dall'opinione pubblica e dai politici del nostro paese?

Per quanto riguarda i mezzi di informazione, gli unici momenti di attenzione, purtroppo, sono stati riservati alle denunce di possibili brogli nelle operazioni di voto e ad alcuni degli eletti, divenuti protagonisti della cronaca politico-giudiziaria.

In Parlamento da diversi anni si discute la necessità di una riforma delle procedure per il voto all’estero e della rappresentanza degli espatriati. Un primo intervento potrebbe consistere nel richiedere a tutti i cittadini all’estero, indistintamente, l’iscrizione alle liste elettorali, se non in occasione di ogni evento elettorale, perlomeno a scadenze regolari, abolendo la coincidenza meccanica tra Aire e registri elettorali. Per le generazioni di cittadini all’estero dalla seconda in poi, si potrebbe prevedere per l’accesso ai diritti connessi con la cittadinanza piena, tra i quali l’elettorato attivo e passivo e la libera circolazione nel territorio di Schengen, requisiti che dimostrino la conservazione di legami effettivi con il paese – per esempio, test di conoscenza della lingua e di integrazione civica o un periodo significativo di residenza nel territorio italiano. In tal modo, l’Italia introdurrebbe, su un piano normativo, un criterio di equità nell’accesso alla cittadinanza per tutti gli individui che sono nati e risiedono al di fuori del territorio nazionale e comunitario. Si ridurrebbe, soprattutto, l’asimmetria di trattamento nei confronti degli immigrati lungo residenti in Italia e dei loro figli nati nel nostro paese. La discriminazione tra emigrati e immigrati, ma ancora di più tra le generazioni successive di entrambi, diviene particolarmente evidente nell’accesso alla cittadinanza e nell’esercizio dei diritti politici.

Il prossimo Parlamento dovrà riformare la legge sulla cittadinanza, liberandola da una concezione eccessivamente etnica e anacronistica. Ne beneficeranno tutti gli italiani.

 

Biografia

Guido Tintori vive ad Amsterdam ed è Marie Curie Fellow presso il dipartimento di Storia dell’Università di Leiden, Olanda. Insegna e ricerca su cittadinanza e diaspore, teoria e storia delle migrazioni. Collabora con New York University, dove è stato Fulbright-Schuman Scholar 2009-2010, l’Osservatorio sulla cittadinanza dell’Istituto universitario europeo di Firenze, e Italian Studies at Oxford University. Tra le sue pubblicazioni: Fardelli d’Italia? Conseguenze nazionali e transnazionali delle politiche di cittadinanza italiane (2009).

Il voto degli altri. Rappresentanza e scelte elettorali degli italiani all’estero

A cura di Guido Tintori Rosenberg & Sellier, 2012

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