Svizzera: l’italiano non è più un fiume carsico

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(14/07/2015) Dal sito del Corriere del Ticino vi proponiamo un’interessante intervista a Jean-Luc Egger per un bilancio su venticinque anni di traduzione delle leggi elvetiche.

ERNA – La rivista LeGes, bollettino della «Società svizzera di legislazione» e della «Società svizzera di valutazione», pubblicata dalla Cancelleria federale svizzera, compie 25 anni. Per l’occasione è uscito un numero speciale nel quale, oltre a una rassegna storica di questo importante organo di informazione e di studio, figurano diversi contributi che tracciano un bilancio di due decenni di legislazione svizzera (tutti i numeri sono consultabili su www.leges.ch). Abbiamo chiesto a Jean-Luc Egger, segretario della sottocommissione di lingua italiana della «Commissione di redazione dell’Assemblea federale», di parlarci del suo saggio concernente la legislazione federale in lingua italiana.

Nel suo articolo propone alcuni spunti di riflessione su 25 anni di legislazione federale in lingua italiana. Cosa è cambiato in questo periodo?

«Per quanto concerne la lingua italiana, si è assistito a una duplice evoluzione. In primo luogo una presenza capillare dei testi italiani in tutte le fasi della procedura legislativa, comprese le proposte registrate nei paragrammi della fase parlamentare. Il testo legislativo italiano non è più un fiume carsico (per riprendere l’immagine con cui già negli anni 1970 il Consigliere nazionale Franzoni criticava la scarsa presenza dell’italiano in Parlamento) che scompare prima dei dibattiti delle Camere per poi riapparire magicamente dopo il voto. E questa presenza è importante sia in termini politici, sia perché in tal modo il testo italiano non è più il prodotto di un atto isolato e avulso dal contesto istituzionale, ma nasce integrato in un processo organico nel corso del quale interagisce con diversi altri testi preparatori e correlati».

E l’altro aspetto?

«D’altro canto è sensibilmente migliorata la qualità dell’italiano federale e, di riflesso, quella dell’italiano giuridico. Se all’inizio degli anni 1990 Gaetano Berruto lamentava nei testi dell’Amministrazione federale la presenza di «tedeschismi lessicali» e di espressioni e costrutti inusitati in italiano, oggi la situazione è, secondo lo stesso Berruto, «sensibilmente cambiata», tanto è vero che diversi studi recenti (tra cui l’indagine condotta dal professor Schweizer nel quadro del programma del PNR 56) sottolineano la qualità della versione italiana dei testi normativi e la sua importanza in sede applicativa».

Questo significa che tutti i problemi sono risolti?

«Non bisogna dimenticare che il cammino verso la parità concreta tra l’italiano e le altre lingue ufficiali è stato lungo e tortuoso e che la lotta, peraltro, è ancora in corso. Detto questo, l’italiano federale deve conquistarsi il giusto spazio e soddisfare i criteri di comprensibilità che lo stesso legislatore ha posto per la lingua istituzionale, ossia esattezza, chiarezza e considerazione dei destinatari. Ma conciliare queste esigenze non è sempre facile. Quello giuridico è un linguaggio settoriale e talvolta necessariamente tecnico per scrupolo di precisione e poco accessibile ai non addetti ai lavori. Questo pone difficoltà non indifferenti, perché i testi diventano sempre più dettagliati. Del resto, quali altri linguaggi settoriali devono rendere conto della propria comprensibilità?».

Il link all’articolo sul sito del Corriere del Ticino:
http://www.cdt.ch/cultura-e-spettacoli/storia/134710/l-italiano-non-e-piu-un-fiume-carsico.html

 

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