(29/03/2018) La ripartizione delle lingue nazionali ha subito importanti cambiamenti negli ultimi 40 anni. Fra il 1970 e il 2016 il numero di persone che ha indicato l’italiano (o il dialetto ticinese o grigionese) come idioma principale è calato in Svizzera dall’11 all’8%.
Lo ha indicato mercoledì l’Ufficio federale di statistica (UST), aggiungendo che diminuisce anche la quota del tedesco, passata dal 66 al 63%, e del romancio, dallo 0,8 allo 0,5%, mentre il francese è in crescita, dal 18 al 23%. La progressione più marcata è rappresentata dalle persone che hanno menzionato una lingua non nazionale (dal 4 al 22%), anche perché dal 2010 nelle rilevazioni è possibile indicare due lingue principali. Fra queste le più citate sono l’inglese e il portoghese.
L’italiano in Svizzera raggiunge il suo picco proprio nel 1970, con l’11% della popolazione che dichiara di parlarlo. Un record che non verrà più eguagliato e che va attribuito alla forte immigrazione dall’Italia a partire dagli anni Cinquanta, come precisa Matteo Casoni, ricercatore dell’Osservatorio linguistico della Svizzera italiana al microfono della RSI: “Poi man mano l’italiano è calato perché c’è stata un’integrazione linguistica degli italiani con la lingua locale, ci sono stati italiani che sono rientrati in Patria e quindi fisiologicamente il numero di italofoni si è ridotto”.
I dati statistici possono essere di grande aiuto nella scelta di politiche linguistiche: “Sapere che ci sono diverse persone che hanno una competenza parziale di italiano – continua Casoni – può essere un incentivo ad esempio ad inserire l’italiano tra le lingue di insegnamento scolastico in tutta la Svizzera”.
Sul posto di lavoro lo svizzero tedesco è la lingua più usata (65% delle persone attive occupate), davanti al tedesco standard (35%), al francese (29%), all’inglese (19%) e all’italiano (9%). In valore assoluto le persone che parlavano la lingua di Dante nel 2016 erano 673’000.
(Rsi.ch)