Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla cerimonia per la Giornata “Qualità Italia”

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(10/03/2016) Intervenendo alla cerimonia per la Giornata “Qualità Italia” il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha citato “l’italicità” come fenomeno di identificazione che coinvolge ben oltre i trecento milioni di persone di origine italiana.

Il concetto di “italicità” è uno dei pilastri su cui si basa la strategia di promozione e valorizzazione della lingua e della cultura italiana della Comunità radiotelevisiva italofona ed è stato definito da Piero Bassetti presidente di Glocal che ritroviamo fra gli amici della CRI.

Qui di seguito il testo del discorso del Presidente della Repubblica tratto dal sito del Quirinale:

 

“Palazzo del Quirinale, 07/03/2016

Signora Ministro,

Signor Presidente della Confindustria,

Signor Presidente dell’ICE,

Signora Presidente del Comitato Leonardo,

rivolgo a voi e a tutti i presenti un saluto caloroso. Benvenuti al Quirinale.

La qualità è un segno distintivo del nostro Paese e i Premi Leonardo continuano a svolgere una funzione di stimolo per coniugare al meglio ricerca e lavoro, eccellenza e cultura d’impresa, intelligenza e valore sociale.

Desidero congratularmi con tutti i vincitori. Con gli imprenditori, che hanno visto realizzato il loro progetto e hanno così contribuito all’innovazione, a migliorare la solidità e la competitività dell’intero sistema. Con i giovani neolaureati, che si sono distinti nello studio e ora si affacciano con speranza nel mondo del lavoro e della produzione.

L’attenzione alla qualità è un patrimonio, ricevuto dalla nostra storia e dalla nostra terra, che nel tempo abbiamo accumulato e che abbiamo il dovere di reinvestire per fare in modo che la società ne tragga beneficio, che il testimone giunga alle generazioni più giovani, in modo che il mondo continui ad apprezzare il nostro Paese per ciò che vale. Per la sua straordinaria miscela di cultura, esperienze, gusto, natura, saperi.

Non si tratta soltanto di una tradizione, sia pur di grande prestigio. Al contrario, si tratta di una sfida.

Una sfida difficile, rischiosa, necessaria: rispondere alla domanda di Italia che c’è nel mondo con un impegno a migliorarci ancora, a rendere sempre più preziose e originali le nostre manifatture, a integrare le nuove tecnologie con il lavoro e la sapienza dell’uomo, ad ammodernare la società e la sua organizzazione in modo che il valore e la qualità emergano e si diffondano, a beneficio di tutti.

Con una espressione efficace, Piero Bassetti ha recentemente definito questa attenzione al nostro modo di vivere e di essere, questo desiderio di potersi giovare dei nostri prodotti, come l’aspirazione a divenire “italici”. Coloro, cioè, che sono contaminati dall’italian sounding. Un numero enorme di persone nel mondo – ben oltre le persone di origine italiana – che è stato stimato in almeno 300 milioni.

Viviamo una stagione di cambiamenti profondi. Geopolitici, economici, persino antropologici.

L’uscita dalla recessione apre possibilità di crescita sulle quali il Paese intero, il sistema Italia, è chiamato a misurarsi, individuando il bene comune tra legittimi interessi talvolta in competizione tra loro.

La via di uno sviluppo sostenibile e duraturo è praticabile ma, come hanno detto il Ministro Guidi e il Presidente Squinzi, dobbiamo essere consapevoli che l’uscita dalla crisi avviene nel contesto di una nuova rivoluzione industriale, la quale sta cambiando le produzioni, le modalità stesse del lavoro, il “potere” delle tecnologie. La dimensione digitale continuerà a svilupparsi, offrendo ancora nuove opportunità, e incidendo sui comportanti, le aspirazioni, l’organizzazione stessa della società e del mercato. La fase di internazionalizzazione vissuta dall’impresa italiana ne è piena conferma.

Il futuro della qualità italiana è già cominciato dentro questi processi di cambiamento. I premi Leonardo ne sono una testimonianza. E le riflessioni che abbiamo ascoltato stamane pongono giuste domande.

Sono convinto anch’io che l’impresa innovativa deve aprire la strada a una costruzione più grande. Condivido l’espressione usata dal Presidente Squinzi: deve aprire la strada a un nuovo umanesimo del lavoro, proprio nel tempo in cui la tecnologia e le scienze conteranno di più.

Qui sta la nuova frontiera del valore sociale dell’impresa. Del resto, la qualità italiana non è questione settoriale.

Mi auguro che l’idea del governo di un piano “Manifattura italiana” diventi un utile terreno di confronto e di elaborazione. Siamo il secondo Paese industriale dell’Europa. Nell’innovazione necessaria non possiamo, non vogliamo retrocedere. Piuttosto, dobbiamo rafforzarci.

La nostra qualità è la risultante di una cultura e di un modo di vivere e di lavorare. E’ proprio questa prospettiva di “stile di vita”, che attrae tanti visitatori in Italia: è uno stile che esportiamo anche con i nostri prodotti della moda, del design, della tradizione del gusto per la cucina e le bevande di qualità, con ricadute positive su tutto il Paese.

Per aumentare la qualità servono tanti elementi: una amministrazione più efficace e moderna, regole più snelle, decisori democratici competenti, collaborazione tra le istituzioni, imprese coraggiose che investono e innovano. Serve una società coesa che non dimentica gli ultimi, che restringe la forbice della diseguaglianza nel momento in cui è pronta a migliorare la propria competitività.

Il Paese, le istituzioni, sono impegnate su questo percorso, con il coraggio dell’innovazione.

Dalla società e da tante imprese arrivano segnali positivi.

I premiati di quest’anno sono un esempio di come si affronta la crisi con intelligenza: anche grazie a loro siamo riusciti a registrare i primi segnali di ripresa.

Possiamo tuttavia fare di più. Il nostro Paese continua ad essere caratterizzato da un livello di investimenti in ricerca e sviluppo – sia pubblici che privati – minore rispetto ai nostri principali partner europei, e da una ancora insufficiente cooperazione tra imprese e università (come ricordato anche dal recente Rapporto sull’Italia della Commissione europea).

E’ necessario uno sforzo congiunto di aziende e istituzioni per rilanciare la competitività e un modello di sviluppo basato sulle conoscenze e l’alta qualità, con importanti investimenti nel capitale materiale ma anche in quello immateriale, delle competenze e della capacità, e in quello sociale.

Dobbiamo cercare sempre più di costruire reti per le imprese, a partire da quelle che trainano l’export. Mai come oggi ci appare evidente che il nostro interesse e il nostro futuro risiedono nella capacità di andare oltre le frontiere.

La qualità in questo caso va accompagnata a strutture più solide, con la possibilità di disporre di capitali adeguati, capaci di affrontare i mercati globali.

Anche l’esperienza di EXPO ci ha dato un contributo importante.

Il rispetto di valori etici per l’impresa è essenziale, in termini di reputazione e per le ricadute sull’intero sistema oltre che per una corretta dinamica concorrenziale. E l’impegno sociale, sia in Italia sia nel mondo, oltre a rappresentare un elemento di rilevanza strategica, diventa un elemento sempre più qualificante.

Penso ai progetti per lo sviluppo in Africa (ad esempio il Progetto Acqua che avete premiato), che possono contribuire concretamente al progresso economico e sociale di un continente trascurato, da cui provengono flussi crescenti di persone, in fuga da guerre, persecuzioni e povertà estreme.

Auguro a tutti buon lavoro.

Un anno trascorso al Quirinale ha rafforzato la mia convinzione che l’Italia dispone di risorse straordinarie che costituiscono già un ponte prezioso verso il futuro.

Dobbiamo avere fiducia in noi stessi. E questa vostra iniziativa promuove, opportunamente, fiducia. Anche per questo motivo vi rinnovo, con forza e convinzione, il più cordiale benvenuto.

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