Presentata la ricerca Mediterraneo: geopolitica, migrazioni e sviluppo, che si articola in analisi, dati e prospettive. La redazione è dovuta congiuntamente al Circolo di Studi Diplomatici, che raccoglie gli ex ambasciatori d’Italia in diversi Paesi del mondo, e al Centro Studi e Ricerche IDOS. La ricerca appare nella rivista “Affari Sociali Internazionali, nuova serie”, la cui redazione fino al 2011 venne curata dal Ministero degli Affari Esteri per poi passare in carico a IDOS. La Cooperazione allo Sviluppo del Maeci, nel 2015, Anno europeo per lo sviluppo ed anno di Expo, ha voluto patrocinare e sostenere il volume riconoscendo le fondamentali implicazioni di sviluppo connesse al tema dei flussi migratori.
L’area del Mediterraneo, allargata a quelle limitrofe e oltre, viene analizzata dai diplomatici che sono stati i rappresentanti ufficiali della politica estera italiana nei diversi Paesi. Marocco, Algeria, Libia, Tunisia, Egitto, Albania: questi innanzitutto i Paesi al centro dell’attenzione, senza trascurare la fascia che va dal Sudan e dal Corno d’Africa all’area mesopotamica, ai Paesi del Golfo e al Subcontinente Indiano (Afghanistan, Pakistan, Bangladesh e Sri Lanka). Una vera e propria summa politica dei problemi che, specialmente dopo i recenti attentati, preoccupano l’Europa: nella ricerca vengono esposti con competenza, ponderatezza e franchezza, senza minimizzare o cadere nel catastrofico.
La seconda parte, affidata a IDOS, approfondisce l’emigrazione italiana all’estero e l’immigrazione estera in Italia nello scenario del Mediterraneo. In Tunisia, prima della seconda guerra mondiale, la comunità italiana arrivò a circa 170mila unità, in Libia – ex colonia italiana – vi fu un importante insediamento di agricoltori; l’Egitto ospitò sia flussi qualificati di nostri professionisti che un numero consistente di “colf e “badanti” ante litteram. Anche in Marocco la presenza italiana – per quanto limitata – fu di grande incisività, mentre in Albania gli italiani furono solo degli occupanti. Da questi paesi è arrivata in Italia una quota rilevante di cittadini stranieri che, per lo più titolari di permesso di soggiorno a tempo indeterminato, ambiscono a diventare i “nuovi cittadini”: circa mezzo milione sia dall’Albania che dal Marocco, circa 100mila o più dalla Tunisia e dall’Egitto, 33mila dall’Algeria, mentre la Libia è solo un paese di transito e perciò di importanza strategica per l’Europa.
Il volume si conclude con un’analisi del ruolo che la Cooperazione italiana ha svolto per portare all’attenzione dell’Unione Europea il nesso migrazione/sviluppo nel corso del proprio recente semestre di presidenza e degli interventi da essa effettuati, sia nel settore dell’emergenza sia per mitigare il fenomeno e rafforzare la resilienza dei potenziali migranti e delle loro comunità di appartenenza.
Sono diversi i temi cruciali: convivenza multiculturale, cittadinanza, associazionismo, dialogo tra le religioni, terrorismo islamico, protagonismo lavorativo e imprenditoriale degli immigrati, scambi bilaterali culturali, economici e politici. Collegando l’esodo dei nostri connazionali con l’attuale esperienza di immigrazione, il volume traccia gli scenari geopolitici dello scacchiere mediterraneo e, insieme agli altri fattori, conferisce importanza al fattore umano insito nei flussi migratori, ipotizzando strategie innovative e più promettenti.
Dopo l’introduzione del dottor Benedetto Coccia, presidente dell’Associazione Leusso che ospita l’evento, le relazioni saranno svolte da Giampaolo Cantini, Direttore Generale per la Cooperazione allo Sviluppo, da Roberto Nigido, presidente del Circolo di Studi Diplomatici e Ugo Melchionda, presidente del Centro Studi e Ricerche IDOS. Dei commenti si occuperanno Adriano Benedetti, già Direttore dell’Emigrazione Italiana all’estero e da due rappresentanti della duplice esperienza tunisina, come paese di accoglienza degli italiani, Valeria Rey, nata sul posto e paese di emigrazione verso l’Italia Mohsen Hmidi. Moderatore sarà Franco Pittau, coordinatore della ricerca insieme a Roberto Nigido e a Ugo Melchionda, ai quali spetterà tirare le conclusioni.
Presentata la ricerca Mediterraneo: geopolitica, migrazioni e sviluppo articolata in analisi, dati e prospettive. La redazione è dovuta congiuntamente al Circolo di Studi Diplomatici, che raccoglie gli ex ambasciatori d’Italia in diversi Paesi del mondo, e al Centro Studi e Ricerche IDOS.
La ricerca appare nella rivista “Affari Sociali Internazionali, nuova serie”, la cui redazione fino al 2011 venne curata dal Ministero degli Affari Esteri per poi passare in carico a IDOS. La Cooperazione allo Sviluppo del Maeci, nel 2015, Anno europeo per lo sviluppo ed anno di Expo, ha voluto patrocinare e sostenere il volume riconoscendo le fondamentali implicazioni di sviluppo connesse al tema dei flussi migratori.
L’area del Mediterraneo, allargata a quelle limitrofe e oltre, viene analizzata dai diplomatici che sono stati i rappresentanti ufficiali della politica estera italiana nei diversi Paesi. Marocco, Algeria, Libia, Tunisia, Egitto, Albania: questi innanzitutto i Paesi al centro dell’attenzione, senza trascurare la fascia che va dal Sudan e dal Corno d’Africa all’area mesopotamica, ai Paesi del Golfo e al Subcontinente Indiano (Afghanistan, Pakistan, Bangladesh e Sri Lanka). Una vera e propria summa politica dei problemi che, specialmente dopo i recenti attentati, preoccupano l’Europa: nella ricerca vengono esposti con competenza, ponderatezza e franchezza, senza minimizzare o cadere nel catastrofico.
La seconda parte, affidata a IDOS, approfondisce l’emigrazione italiana all’estero e l’immigrazione estera in Italia nello scenario del Mediterraneo. In Tunisia, prima della seconda guerra mondiale, la comunità italiana arrivò a circa 170mila unità, in Libia – ex colonia italiana – vi fu un importante insediamento di agricoltori; l’Egitto ospitò sia flussi qualificati di nostri professionisti che un numero consistente di “colf e “badanti” ante litteram. Anche in Marocco la presenza italiana – per quanto limitata – fu di grande incisività, mentre in Albania gli italiani furono solo degli occupanti. Da questi paesi è arrivata in Italia una quota rilevante di cittadini stranieri che, per lo più titolari di permesso di soggiorno a tempo indeterminato, ambiscono a diventare i “nuovi cittadini”: circa mezzo milione sia dall’Albania che dal Marocco, circa 100mila o più dalla Tunisia e dall’Egitto, 33mila dall’Algeria, mentre la Libia è solo un paese di transito e perciò di importanza strategica per l’Europa.
Il volume si conclude con un’analisi del ruolo che la Cooperazione italiana ha svolto per portare all’attenzione dell’Unione Europea il nesso migrazione/sviluppo nel corso del proprio recente semestre di presidenza e degli interventi da essa effettuati, sia nel settore dell’emergenza sia per mitigare il fenomeno e rafforzare la resilienza dei potenziali migranti e delle loro comunità di appartenenza.
Sono diversi i temi cruciali: convivenza multiculturale, cittadinanza, associazionismo, dialogo tra le religioni, terrorismo islamico, protagonismo lavorativo e imprenditoriale degli immigrati, scambi bilaterali culturali, economici e politici. Collegando l’esodo dei nostri connazionali con l’attuale esperienza di immigrazione, il volume traccia gli scenari geopolitici dello scacchiere mediterraneo e, insieme agli altri fattori, conferisce importanza al fattore umano insito nei flussi migratori, ipotizzando strategie innovative e più promettenti.
Dopo l’introduzione del dottor Benedetto Coccia, presidente dell’Associazione Leusso che ha ospitato l’evento, sono intervenuti Giampaolo Cantini, Direttore Generale per la Cooperazione allo Sviluppo, da Roberto Nigido, presidente del Circolo di Studi Diplomatici e Ugo Melchionda, presidente del Centro Studi e Ricerche IDOS. Dei commenti si sono occupati Adriano Benedetti, già Direttore dell’Emigrazione Italiana all’estero e da due rappresentanti della duplice esperienza tunisina, come paese di accoglienza degli italiani, Valeria Rey, nata sul posto e paese di emigrazione verso l’Italia Mohsen Hmidi. Moderatore è stato Franco Pittau, coordinatore della ricerca insieme a Roberto Nigido e a Ugo Melchiondache si è occupato delle conclusioni.