L’origine dei modi di dire più utilizzati nella lingua italiana

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Riportiamo integralmente dal sito webiamo.it

(09/05/2018) Fare la cresta sulla spesa
Anticamente si chiamava agresto un condimento asprigno che si ricavava dall’uva poco matura e i contadini, quando coglievano l’uva poco matura per far l’agresto, coglievano anche un po’ di quella buona che avrebbero invece dovuto portare al padrone; e si diceva far l’agresto per indicare questa piccola ruberia. In seguito, far l’agresto è diventato far la cresta.

Non essere della parrocchia
Non far parte di un gruppo, di una combriccola; essere, insomma, un “estraneo”, in particolare riferito a colui che volontariamente si tiene fuori dalle discussioni e da ambienti che non gli “aggradano”. L’aneddoto di un autore ignoto tenta di dare una spiegazione circa l’origine del modo di dire: “Si narra che un sacerdote, durante la predica, allo scopo di sollevare il morale un po’ depresso dei suoi fedeli si mise a raccontare qualcosa di molto divertente che provocava frequentissimi sorrisi negli astanti. Uno soltanto, in fondo alla navata, ascoltava impassibile, come se fosse ‘estraneo’ all’ambiente. Un fedele, incuriosito, non poté trattenersi dal chiedergli spiegazioni del suo strano comportamento. ‘Mi perdoni ­ l’apostrofò ­ perché mai lei non ride?’. E quest’ultimo, con assoluta cortesia, ‘perché non sono della parrocchia’; volendo dire, probabilmente, che non capiva a cosa si riferissero le spiritose battute del sacerdote, non conoscendo né il posto né la gente”.

Voce stentorea
Si dice così per indicare una voce fortissima, fragorosa, perché Omero racconta di un principe greco, Stèntore, che aveva una voce così potente come quella di cinquanta persone riunite.

Lupus in fabula
Attualmente questo detto significa l’arrivo di una persona della quale si stava parlando; originariamente stava a significare l’arrivo di una persona che ci impedisce di parlare su un certo argomento. Questo perché nelle antiche favole si parlava sempre del lupo come di animale pericolosissimo; si diceva che la sua presenza togliesse la parola agli uomini, facendoli ammutolire dallo spavento.
Corrisponde a Parli del diavolo, e spuntano le corna.

Per filo e per segno
Un tempo, gli imbianchini sul muro e i segantini sul legno usavano ‘batter la corda’, ossia tenevano sul muro o sul legno un filo intinto di una polvere colorata e poi lo lasciavano andare di colpo, in modo che ne rimanesse l’impronta. Tale impronta o segno indicava la linea da seguire nell’imbiancare o nel segare. Da lì è derivato l’uso di dire per filo e per segno per intendere ‘ordinatamente, con sicura esattezza’.

Mangiare la foglia
In origine l’espressione era “aver mangiato la foglia” con il significato di ‘capire al volo’; intendere prontamente il senso del discorso; capire subito le intenzioni altrui. Fra le tante spiegazioni, quella che dà Ugo Enrico Paoli sembra la più convincente. Egli considera la foglia come un collettivo: più foglie che si fanno mangiare agli animali vaccini. Questi si dividono in due gruppi: i lattanti che prendono il nutrimento dalla poppa materna e le bestie adulte che hanno già cominciato a mangiare la … foglia. Secondo il Paoli, quindi, il senso pratico del mondo contadino ha associato alla locuzione “aver mangiato la foglia” il concetto di saggezza.

Andare a scopare il mare
Il senso di quest’espressione ­ anche se con molta probabilità è sconosciuta ai più ­ ci sembra intuitivo: cacciarsi in un’impresa che non avrà nessuna possibilità di successo; fare, insomma, un lavoro completamente inutile. Si adopera, per lo più, nella variante “mandare a scopare il mare” quando si vuole invitare una persona a togliersi di torno; mandandola, magari, a fare una cosa inutile ma eviterà ad altri di perdere tempo nel proprio lavoro. Si usa anche nei confronti di una persona che si invita a non dire sciocchezze o a farla desistere dal tenere comportamenti noiosi e, molto spesso importuni. Si usa, insomma, nei confronti di persone insistenti, noiose e fanfarone.

Pomo della discordia
Gli antichi credevano che ci fosse una dea, figlia della Notte, sorella di Nèmesi (vendetta) e delle Parche (brutte vecchie dalle mani artigliate) Questa dea, amica di Marte, si chiamava Discordia e faceva onore al suo nome aizzando continuamente litigi, pettegolezzi e malignità. Giove, sereno e tollerante come tutti i grandi, la sopportò per un bel po’ ma alla fine perse la pazienza e scacciò Discordia dal cielo. Rabbiosa per questo smacco, Discordia cercò ogni occasione per vendicarsi. Quando ci fu il matrimonio di Teti (dea del mare) e Peleo (semplice mortale) furono invitati dee e dei, uomini e donne, ma certo non fu invitata madama Discordia. Al culmine della festa, lei getto sulla tavola una mela d’oro su cui era scritto: “alla più bella”. Le dee più belle presenti al banchetto erano tre: Giunone, Minerva e Venere. Ciascuna pretese la mela per sé e nacque un putiferio, la pace della festa fu turbata e l’allegria finì. Le tre dee si rivolsero ad un pastorello, Paride, perché decidesse quale fra loro fosse la più bella e Paride scelse Venere. Le altre due non si rassegnarono e da ciò derivò un mondo di guai.

Fare una cosa di soppiatto
L’espressione significa “agire furtivamente, di nascosto”. Non tutti sanno, forse, qual è il significato proprio di “soppiatto”. E’ un aggettivo che si adopera esclusivamente nelle locuzioni simili: uscire di soppiatto; entrare di soppiatto, ecc. e propriamente vale “appiattandosi”. E’ composto con il prefisso “so(b)” ­ che è il latino “sub” (sotto) ­ e l’aggettivo “piatto” ­ che è tratto dal latino medievale “plattus” (‘largo’, ‘aperto’) ­ quindi “schiacciato”. La persona che entra di soppiatto, quindi, figuratamente si “appiattisce”, si “schiaccia” per ridurre il volume e non farsi notare.

a Bizzeffe
Viene dalla lingua araba, dove bizzaf significa “molto”.
E’ anche interessante notare quanto dice il Minucci nelle “Note al Malmantile”:
“Quando il sommo magistrato romano intendeva fare a un supplicante la grazia senza limitazione, faceva il rescritto sotto al memoriale, che diceva ‘fiat, fiat’ (sia sia) anziché semplicemente ‘fiat’, che scrivevasi quando la grazia era meno piena, dipoi per brevità costumarono di dimostrare questa pienezza di grazia con due sole ‘ff’, onde quello che conseguiva tal grazia diceva: Ho avuto la grazia a ‘bis effe'”.

Ciao
In passato esisteva il saluto deferente schiavo (per dire: ‘servo suo’); poi, specialmente nella regione veneta, si abbreviò la parola in s-cio. In seguito si è trasformata in ciao. Ma il saluto, che prima era ossequioso, è diventato, invece, il più confidenziale. Fino a circa un secolo fa, la parola era usata solo nell’Italia settentrionale.

A caval donato non si guarda in bocca
Il proverbio significa che dei regali dobbiamo sempre essere grati, anche se di scarso valore; e si dice così perché l’età di un cavallo si giudica guardando lo stato della sua dentatura, già ‘lo stato’ e non il numero dei denti. Non lo sapeva quel ragazzotto di campagna che andò al mercato ad acquistare un cavallo, e poiché il padre gli aveva raccomandato di osservare bene i denti dell’animale, si indignò nei confronti del mercante dicendogli: “Mi volete imbrogliare! Vendermi un cavallo di quarant’anni!”. Tanti infatti sono i denti del cavallo adulto… e il ragazzotto li aveva contati…

Ciurlare nel manico
a) se la lama di un coltello o di altro simile arnese non è ben inserita nel manico o se ne è staccata per il lungo uso, l’arnese diventa inservibile, perché la lama perde ogni resistenza girando (ciurlando) nel manico. Perciò quando una persona o una cosa risulta incerta e non affidabile si dice che ciurla nel manico.
b) è una espressione di accanimento su un sottomesso; figurativamente è come colpire qualcuno con un pugnale e poi roteare la lama dal manico per procurare maggior danno.

Questione di lana caprina
Le pecore sono ricoperte di lana, ma è pelo o lana ciò che ricopre le capre? Trattasi d’interrogativo fine a se stesso, ovvero, non ha alcuna importanza! Quando qualcuno sottilizza, sofistica su argomenti futili, si dice che perde tempo intorno a questioni di lana caprina

Piantare in asso
Secondo la mitologia greca Teseo abbandonò la moglie Arianna dopo la celebre impresa del filo, lasciandola da sola nell’isola greca di Nasso. La deformazione popolare ha trasformato lasciare in Nasso nell’attuale lasciare in asse.

Do ut des
Proverbio latino, che significa “do affinché tu dia”. E’ il proverbio degli egoisti.

Calende greche
Così veniva chiamato il primo giorno del mese in epoca romana. Tale espressione era sconosciuta ai greci; da rimandare alle calende greche sta a significare un tempo indefinibile perchè non conosciuto.

Campa cavallo
Si racconta che un contadino aveva un cavallo malandato e malnutrito per mancanza d’erba. Il cavallo sopraffatto dall’indigena stava per morire e il padrone lo incoraggiava a resistere perchè l’erba stava per nascere nel prato

Acqua in bocca
Una donna di facili costumi, adusa a maldicenze e vizio della carne, pregò il suo parroco di trovar rimedio. Risultando inutili preghiere e devozioni diede alla donna una boccia d’acqua consigliandole di metterne qualche goccia in bocca al sopravvenire delle tentazioni verbali. Trovandone giovamento la donna prese a seguire tale abitudine considerando l’acqua miracolosa.

Restare al verde
Risale al tempo in cui gli appalti pubblici avvenivano tramite asta. Dal banditore veniva accesa una candela con fondo tinto di verde che determinava la cessazione dell’asta allo spegnimento che evidenziava il verde. Il non poter più rilanciare stava a significare non avere soldi sufficienti per competere

Botte da orbi
Quando litiga uno che vede in qualche modo contiene la violenza; uno che non vede dovendosi difendere vibra colpi da in ogni direzione senza alcuna considerazione dell’esito.

Ovazione
dice quando la folla acclama una persona. In epoca romana uno degno di tale riconoscimento lo si faceva procedere a piedi incoronato da mirto e in suo onore veniva sacrificata una pecora. Da questo termine (ovis = pecora) deriva ovazione.
Attualmente durante le competizioni sportive siamo inglesizzati ed è obbligatorio sentir dire Standing ovation (stendingovescion) quando il più bravo della partita esce. Perchè dire semplicemente ovazione sarebbe una diminutio culturale (???).

Fare fiasco
A Firenze un artista di piazza si esibiva utilizzando sempre attrezzi diversi con i quali produceva rumori, suoni stridori che divertivano gli spettatori. Un giorno si presentò con un fiasco ma l’esibizione non riuscì provocando la disapprovazione degli astanti. da allora chi fallisce una iniziativa ha fatto fiasco.

Tabula rasa
Ha origine dall’antichità quando si scriveva su tavolette. Per riusare una tavoletta già scritta la si radeva ovvero si faceva tabula rasa

Fare il portoghese (entrare senza pagare il biglietto)
Nel 18° secolo, a Roma, l’ambasciata del Portogallo organizzò una festa senza inviti ne biglietti. i cittadini lusitani che entravano dovevano semplicemente dire di essere portoghesi. Ovviamente altri s’intrufolarono dichiarandosi portoghesi.

Capro espiatorio
Risale agli Ebrei. Mosè ordino l’annuale espiazione dei peccati. In un giorno designato venivano individuati due capri;uno veniva sgozzato caricandolo dei peccati del popolo e l’altro veniva liberato nel deserto. Il primo era chiamato capro espiatorio, il secondo capro emissario.

Avere la coda di paglia
in una favola si racconta che una volpe lasciò parte della coda in una tagliola dalla quale si era liberata. Star senza coda per una volpe è cosa umiliante. Gli animale amici crearono per la poveretta una coda di paglia. Il segreto fu svelato da un gallo ed arrivo ai contadini che accesero un fuoco davanti ai pollai. La paura di bruciare la coda e mostrarsi senza tenne lontana la volpe. Morale: aver la coda di paglia è il timore di esporsi per nascondere una colpa/difetto.Chi ha fatto trenta puo’ fare trentuno
Il 1 luglio 1517 Papa Leone X nomino’ trenta nuovi cardinali; valutando degno di tale carica un altro prelato si adopero’ per tale ulteriore nomina. Di fronte al disorientamento causato da tale iniziativa Leone X affermo’: “Chi fa trenta puo’ fare anche trentuno”.La pietra dello scandalo
Durante l’Impero Romano un commerciante fallito doveva prostrarsi nei confronti dei suoi creditori gridando su una pietra “cedo i miei averi” ovvero Cedo bona.Ciò impediva ai creditori ulteriori rivendicazioni. La pietra del gesto di umiliazione prendeva il nome di pietra dello scandalo.L’uovo di Colombo
In seguito alla scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo molti sui detrattori si attivarono per sminuire l’importanza della scoperta. Si racconta che Colombo sfidò un gruppo di contestatori a cimentarsi nel gesto di poggiare un uovo a terra facendolo restare in posizione verticale. Non riuscendovi alcuno lo fece lui schiacciando leggermente un uovo da un lato.

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