L’italiano oltre l’Italia

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(27/10/2015)“Riparliamone. La lingua ha valore”. Ad un anno dagli Stati generali, celebrati nell’ottobre 2014, il sottosegretario Mario Giro e la Direzione generale per la promozione del Sistema Paese della Farnesina hanno promosso a Firenze una giornata di aggiornamento sullo stato della diffusione e dell’insegnamento dell’italiano nel mondo. Oltre ai dati, il convegno ha dato l’opportunità di riflettere sul valore dell’italiano per il sistema economico e di fare il punto sulle priorità su cui lavorare da qui agli Stati generali annunciati per il 2016.
A Palazzo Medici Riccardi, accolti dal sindaco di Firenze, Dario Nardella, si sono ritrovati addetti ai lavori, rappresentanti del Maeci – oltre al sottosegretario Giro, l’ambasciatore Andrea Meloni, a capo della DGSP, il sottosegretario Gabriele Toccafondi (Miur), imprenditori come Andrea Illy e responsabili del marketing come Carlo Colpo (Fiat), e poi Alessandro Masi (Dante Alighieri), Massimo Bray (Treccani), Marco Biffi (Crusca).
Nel suo intervento di saluto, Nardella ha voluto sottolineare la “duttilità” dell’italiano, lingua che “apre le porte della conoscenza”, ma anche “leva culturale di identità e orgoglio”.
A Toccafondi il compito di ricordare che il convegno di oggi – così come gli Stati Generali di un anno fa – si celebra durante la Settimana della lingua italiana nel mondo, cioè la “festa dell’italiano”. “Questo Governo – ha aggiunto – crede e investe nella scuola e nell’educazione, dunque nella lingua”. L’italiano può essere “volano di promozione vera del Paese”. Oggi, ha ricordato Toccafondi, “è la quarta lingua più studiata”, che, oltre ad un valore culturale, ne ha anche uno “sociale”: “penso ai migranti che oggi sbarcano sulle nostre coste”, ha spiegato il sottosegretario. Loro “ci ricordano che la lingua è il primo vero strumento di accoglienza e di integrazione”.
Già rettore a Siena, ora assessore alla cultura e vicepresidente della Regione Toscana, Monica Barni oggi era veramente a casa: “l’italiano nel mondo è il tema della mia vita accademica”, ha ricordato, “felice” di partecipare a questo incontro. “L’italiano – ha aggiunto – deve stare nel mondo, entrare e continuare a stare nel mercato delle lingue, che è in costante espansione”, ma “dovrebbe starci in un modo più rispondente alle richieste del pubblico”.
L’italiano, ha proseguito, “porta nel mercato la propria tradizione culturale”, che però “da sola non basta più”. la nostra lingua, rispetto alle altre, “ha il vantaggio di veicolare valori di nicchia, legati a cultura, artigianato, musica”, valori “fortemente identitari che si oppongono ai valori di plastica della globalizzazione”. Infine, “l’italiano sta nel mercato perché ci sono milioni di discendenti italiani nel mondo, che oggi hanno voglia di riappropriarsi della loro identità”. Avere una presenza importante nel mercato delle lingue, inoltre, “consente di lavorare con le imprese e agli stranieri di conoscerci”. D’altro canto, ha ricordato Barni, “già Ungaretti disse che la lingua italiana apre le porte alla nostra economia”.
“Grata” al sottosegretario Giro per la continuità degli incontri che interrompono “gli interventi spot del passato”, Barni ha infine auspicato la prosecuzione di “questo percorso che, dai tavoli di lavoro al Maeci, passando per gli Stati Generali e fino al convegno di oggi”, porterà a “fare sistema, affinchè l’italiano sia una lingua amata, ma anche spendibile nel mercato del lavoro”.
“Italiani siamo noi che siamo colti”. Cita Erasmo da Rotterdam il sottosegretario agli esteri che nel suo intervento sottolinea più volte come l’italiano “non sia una lingua etnica, ma viene prima di noi; esiste prima della formazione dello Stato, e lo Stato non contiene tutto l’italiano che c’è nel mondo”.
“Nel mondo della globalizzazione, questo è un grande strumento. L’italiano va oltre l’Italia”, ribadisce Giro, citando gli “80milioni di italo discendenti” nel mondo e sottolineando “la responsabilità di avere una lingua vettore di una cultura che parla a livello universale. Firenze non è il capoluogo della Toscana, è un messaggio nel mondo, che tutti capiscono”.
“Un anno dopo gli Stati Generali torniamo a parlare di lingua” nella consapevolezza che “il mercato globale è un mercato anche di servizi, e che se la lingua è un servizio, noi abbiamo qualcosa da vendere”.
I dati censiti dalla DGSP sono confortanti: dicono che nel mondo – al dicembre 2014 – c’erano più di 170mila persone che studiano l’italiano. Si tratta di un censimento non facile, con diverse zone d’ombra – come spiegherà l’Ambasciatore Meloni – ma anche dati interessanti, come il boom dei corsi in Australia, Egitto e Tunisia, il calo dell’Albania – che Giro imputa, tra l’altro, anche alla dismissione delle trasmissioni Rai – l’assenza quasi totale da zone importanti come la Cina.
Tra le priorità su cui lavorare, Giro cita “una certificazione della lingua unitaria” da elaborare con il Miur, “sia per chi apprende che per chi insegna” e il bisogno di “fondare scuole di italiano” perché “insegnare l’italiano all’estero è un affare: nel mondo, a differenza di quanto accade in Italia e in pochi altre paesi, le scuole si pagano e il nostro sistema scolastico è molto apprezzato”, quindi “dobbiamo aumentare la nostra presenza” e “consapevoli dei limiti del pubblico, dobbiamo coinvolgere il settore privato”.
Per Giro, inoltre, al paese manca “una massa critica che faccia dell’italiano un vettore culturale”. L’Italia, ha spiegato, “ha bisogno di professionalità che sappiano vendere la cultura, non si tratta di svendere, ma di aggiungere altro, lontano dall’ottica museale delle soprintendenze”.
La parola è quindi passata a Carlo Colpi, responsabile marketing di Fiat, Vittorio Sun, direttore generale della Beijing Design Week, Davide Rampello, ideatore del Padiglione Zero ad Expo, e Andrea Illy, presidente e Ad di Illy Caffè.
Colpo ha esordito ricordando che “l’Italia è nel marchio e nel logo Fiat” e che “mai come ora l’avevamo usata per sbarcare nel mondo”. In pubblicità “i messaggi devono essere innovativi e diversi, ma anche riconoscibili, desiderabili e capaci di generare un ricordo, devono essere “rilevanti”: l’Italia e l’italiano rendono rilevanti i nostri messaggi”. Colpo ha quindi mostrato gli strepitosi spot di Fiat nei mercati esteri – molto più belli di quelli per l’Italia – che dimostrano come l’azienda “usa l’italiano: attraverso la lingua; creando il personaggio, cioè puntando sul “modo di essere italiani” che di per sé che è un’icona nel mondo; e, infine, sulla gestualità”.
Un entusiasta amico dell’Italia; Vittorio Sun a Pechino dirige la Design Week. Figlio di un diplomatico cinese a Roma – traduttore del Libretto Rosso in italiano – è venuto per la prima volta nel nostro Paese nel 1991 – il suo primo ricordo la pubblicità “Dove c’è Barilla c’è casa”. Il design, ha proseguito, “è una filosofia italiana, non è solo made in Italy, è un’abitudine”. Con la design week “abbiamo collaborazioni con l’Italia da anni: con marchi, città, film festival, abbiamo portato Slow Food a Pechino”, insomma “esportiamo la cultura del design declinata in tanti modi diversi”.
Ideatore del padiglione Zero ad Expo, Davide Rampello nel suo ispirato intervento ha ricordato come da sempre l’uomo sia “assetato di conoscenza”, sottolineando il rapporto tra lingua e linguaggio e spiegando che “con la lingua, le parole, la musica e i gesti si crea un linguaggio, veicolando una cultura che genera economia”.
Della sua esperienza nella Fondazione Altagamma nata “per mettere a sistema il patrimonio di bellezza dell’Italia” ha parlato Andrea Illy. Una bellezza che è nei luoghi, ma anche nei prodotti italiani che, nonostante la crisi, mantengono una quota rilevante di mercato.
“Bellezza e cultura non si consumano, si accumulano. Quindi l’industria creativa e culturale è ciò che esportiamo. Con i nostri prodotti veicoliamo il nostro Paese” per questo occorre “sinergia tra industria turismo e cultura”, ha aggiunto, annunciando “con gioia” che ad aprile il governo varerà la riforma del settore turismo.
Oggi “l’immagine identitaria dell’Italia è un po’sfocata”, quindi “c’è tanto da fare”: secondo Illy all’estero, rispetto a ciò che il Paese possiede – nell’accezione più ampia di cultura – ci conoscono poco e in modo approssimativo. Per questo “abbiamo la opportunità gigante di far conoscere quanto è ancora più ricco, profondo e radicato sia il patrimonio di bellezza italiana”.
Un patrimonio che comprende, ovviamente, anche la tavola: “l’italian sounding ha fatto gravi danni al nostro export, non eravamo pronti a tutelare i nostri prodotti, è mancato il lavoro di squadra. Con la Fondazione Altagamma vogliamo recuperare questo svantaggio, fare un lavoro di squadra tra i diversi settori, in partnership pubblico-privato su progetti alti per ridiventare campioni”. (m.cipollone\aise) 

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