(04/07/2017) Espressioni, frasi e modi di dire che sono diventati parte del modo in cui parliamo, dalla «salivazione azzerata» alla nuvoletta
Che La corazzata Potëmkin sia una cagata pazzesca lo sanno tutti, ormai: anche quelli che non sanno cosa sia questa corazzata Potëmkin, e anche quelli che pensano che sia un capolavoro e ancora si rammaricano per i danni fatti da quella battuta sulla cultura di un paese intero. Se si deve parlare male della cultura-alta-e-noiosa, se si deve fare una battuta sul film coreano che ha vinto a Cannes ma che nessuno ha davvero voglia di vedere, si cita la corazzata Potëmkin e si cita Paolo Villaggio, che è morto questa notte a 84 anni. È stato uno dei più grandi comici italiani, di quelli in grado di entrare nella cultura popolare con personaggi, espressioni, frasi e modi di dire che ancora oggi vengono usati da chi è nato molto dopo l’uscita dei suoi film.
Cominciamo da questa, appunto: «92 minuti di applausi».
Oppure prendete l’imitazione tipica dell’accento tedesco – o tetesko – fatta da qualcuno che si atteggia in modo goffamente autoritario e scherzoso insieme: uno dei primi personaggi televisivi di Villaggio – per la trasmissione Quelli della domenica – fu il Professor Kranz, un prestigiatore un po’ incapace ma molto impositivo sui suoi spettatori, che parlava in uno strano italiano diventato il prototipo per ogni presa in giro dei tedeschi un po’ impettiti nel loro essere tedeschi. Si può discutere sull’opportunità di prendere in giro gli accenti, ma se sentite qualcuno dire “tetesko di Cermania!”, si deve a Paolo Villaggio.
Si cita Fantozzi quando si parla della “poltrona in pelle umana” o, più in generale, quando si mimano e si prendono in giro i rapporti tra i dipendenti e i capi, i “mega direttori galattici”, quelli che nessun impiegato ha mai visto in persona, quelli che in ufficio hanno l’acquario con i dipendenti che nuotano, quelli con quei titoli inutilmente lunghi e pomposi (“Megadirettore Ereditario Dottor Ing. Gran Mascalzon. di Gran Croc”). Nessuno lo ha mai fatto così efficacemente come Villaggio, che si fa chiamare “merdaccia” da capi e colleghi (lo fa lui stesso, anzi, sul palco davanti a tutti), ma «al 38esimo “coglionazzo”» si ribella e finalmente umilia il capo. E anche “merdaccia” e “coglionazzo”, dette in quel modo lì, sono diventate due espressioni del linguaggio di tutti, che richiamano in un momento tutto l’immaginario di Fantozzi.
«Come è buono lei».
Si cita Villaggio anche quando si sbagliano apposta i congiuntivi, per sembrare impacciati e fuori posto – nessuno come Fantozzi è stato perennemente fuori posto e inadeguato, aveva notato Giunta – o per fingere ostentazione di una cultura che non si ha. I “vadi Fantozzi” e “dichi Fantozzi” della signorina Silvani sono diventati l’emblema di quell’atteggiamento che allo stesso tempo prende in giro i modi affettati di chi conosce le buone maniere e chi non è capace di emanciparsene. La “salivazione leggerissimamente azzerata”? Fantozzi. “Mani, due spugne”? Sempre Fantozzi.
Da Fantozzi arriva poi tutta l’epica dell’impiegato sfigato. La tragica partita di calcio “scapoli contro ammogliati“, il suo equivalente tennistico (con campo prenotato dalle 6 alle 7 del mattino), l’inquietante Coppa Cobram, la nuvoletta dell’impiegato che rovina i pochi giorni di vacanza conquistati faticosamente con mesi di lavoro, il regime di “rutto libero” in vigore durante tutte le partite della nazionale di calcio, da Fantozzi in poi (con annessa “frittatona di cipolle” e “familiare di Peroni gelata”).
E poi: «chi ha fatto palo?», ogni volta che si è costretti a rinunciare a vedere un evento sportivo importante. Nella stessa categoria, il gol di Zoff su calcio d’angolo.
Leggi l’articolo sul sito del Post