Il trionfo degli analfabeti: non si è mai scritto tanto e tanto male

0

(15/07/2017) Vi proponiamo integralmente un articolo di Raffaele Simone, linguista e professore emerito dell’Università Roma Tre, in merito ad un tema che seguiamo con interesse: il cosiddetto imbarbarimento della lingua italiana. Nell’articolo l’autore riflette, partendo dall’appello di 600 docenti universitari per frenare l’ondata di analfabetismo di ritorno  e dealfabetizzazione che sembra inarrestabile, sulle motivazioni di tale fenomeno e sull’influenza del digitale e social network.

Dagli strafalcioni grammaticali dei politici alla dealfabetizzazione resa evidente dai social network, oggi siamo circondati dalla brutta scrittura. E non si tratta di un fenomeno solo italiano.

Di Raffaele Simone

L’italiano è in declino? I giovani lo stanno perdendo? Nelle settimane scorse queste domande hanno rifatto capolino per via di un fait divers : 600 professori universitari, tra i quali alcuni nomi noti, hanno scritto una lettera al capo del governo, al ministro dell’istruzione e alla stampa, per denunciare che «alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono malein italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente» e commettono «errori appena tollerabili in terza elementare». Forti di questa diagnosi, i Seicento hanno stabilito che la colpa è della scuola, troppo disinvolta e liberale: ne chiedono quindi una «davvero esigente nel controllo degli apprendimenti oltre che più efficace nella didattica». Dopo questo rullo di tamburi, che sembrava annunciare chissà quale carica, i Seicento si sono limitati però a proporre qualche ritocchino qua e là all’organizzazione della scuola, di portata così modesta da sembrare, più che un manifesto di riscossa, un post-it passato da un preside ai suoi docenti. Del resto, qualche giorno dopo, quasi a farlo apposta, l’appello ha trovato una brutale conferma nei fatti: in un concorsone per maestri, la metà dei candidati si sono lasciati andare a plateali svarioni e castronerie.

Comunque sia, benché il documento fosse scritto in una prosa malferma e burocratica e non tutti i Seicento siano noti come campioni di bello stile, non c’è dubbio che il dominio dell’italiano da parte dei giovani sia in grave declino. Nei miei decenni all’università ho incontrato non meno di dieci coorti di ragazzi, e posso confermare per esperienza diretta che uno smottamento linguistico e culturale presso i giovani era evidente almeno dagli anni Ottanta.

* * *
La questione si può affrontare a diversi livelli. Se vogliamo solo farci quattro risate, potremo fare collezioni di un po’ e fà, di un’elemento e i zoccoli ecc. Ci sorprenderà che solo pochi padroneggino l’apostrofo e gli accenti, distinguano sì (segno di assenso e avverbio multiuso) da si, sappiano come si scrivono soqquadro, acquitrino e intravvedere, e coi congiuntivi se la cavino meglio di Di Maio. Va detto però che strafalcioni non si trovano solo nel linguaggio dei giovani, ma affiorano anche in prose premium. Le scemenze pullulano sui maggiori media del paese, nei quali la punteggiatura è ormai traballante, il passato remoto è scomparso (Giulio Cesare è nato…) e la virgola dopo il vocativo è solo dei cruscanti. A un livello un po’ più complesso, ci sorprenderà vedere (esperienza personale) che neanche uno degli studenti di un corso specialistico conosca il senso di imbelle, imberbe, inerme, empio, beffardo e tanti altri aggettivi di questo tono. La sorpresa sarà ancora maggiore scoprendo che nessuno o quasi è in grado di completare un proverbio che a voi pare ovvio (tanto va la gatta al lardo…, bandiera vecchia…).

Ma se vogliamo andare un po’ a fondo, bisognerà dire (e ricordare ai Seicento) che a indebolirsi non è la “lingua italiana” come materia scolastica. È molto di più: non stanno andando in fumo solo l’ortografia, la grammatica, la sintassi e il lessico, ma tutta quella formidabile macchina mentale (un tesoro dell’Occidente) con cui si acquista, conserva, elabora la conoscenza. Parlo insomma dell’intera attrezzatura che si usa per acquisire conoscenze e elaborarle, esporle, farle valere, ricordarle, usarle nella pratica.

* * *

Qualcuno cercherà di consolarci ricordandoci che il declino, se c’è, colpisce tutti i paesi avanzati. Il saggio The Closing of the American Mind di Allen Bloom, che descriveva con allarme cose esattamente di quel genere che accadevano negli USA, è del 1987. A un livello più basso, in Francia nel 2016 si sono visti costretti a sopprimere per legge alcune trappole ortografiche, tanti erano gli errori (anche dei colti) nella scrittura. Sono state modificate una quantità di grafie ingannevoli (oignon “cipolla” si potrà scrivere anche ognon); poi, arrendendosi al fatto che per i giovani il circonflesso è ormai solo un dettaglio delle faccine, lo si è abolito su i e su u (chissà perché, non su a)! Quindi, per dire, la maîtresse sarà d’ora in poi una maitresse…

Questo tentativo di consolazione si può leggere però anche come un allarme da horror: l’attacco ai m eccanismi del conoscere (ortografia inclusa) non è locale, ma planetario, e questa non è fantascienza. Ma chi sono i nemici? Non sappiamo dove sono, ma sappiamo chi sono. Da almeno trent’anni i giovani si trovano nella tenaglia di un mondo che è insieme descolarizzante e dealfabetizzante. Quanto al primo punto, è un mondo pieno di attrazioni, tentazioni, trappole seducenti, inviti, richiami a esperienze facilmente accessibili (droga inclusa). Insomma, nel complesso, un mondo così terribilmente attraente che al confronto la scuola, con tutto quel che comporta (pazienza, attenzione, ripetizione, silenzio), ha perduto mordente e appare piuttosto come una gran noia. La vita fuori è mille volte più libera e ricca di quella che si svolge entre les murs (“tra le mura” della scuola, secondo il titolo del bel film francese, in Italia La classe).

* * *

A dealfabetizzare queste generazioni già descolarizzate ci pensa il digitale di massa usato senza criterio. Una frase del genere è sicuramente impopolare, ma bisogna ben ammettere che i primi dieci anni dello smart phone, celebrati qualche settimana fa, sono anche i primi dieci anni del crollo della cultura condivisa. Su smartphone e tablet ubiqui, tutti scrivono o leggono qualcosa in ogni momento e luogo, perfino al cinema, in sala operatoria e alla guida di autobus. Ma come scrivono? Cosa scrivono? Cosa e come leggono? Molte di queste cose sono puro trash, junk, monnezza. Per giunta, la loro vita mentale è sottoposta a una perturbazione perpetua, dominata dall’interruzione continua, dallo zapping compulsivo, dalla mezza cultura che circola in rete, dal copia e incolla come pratica standard. Faccine piazzate dappertutto, fusioni di parole (tecnicamente, univerbazioni: massì, mannò, maddai, evvai, eddai, ecc.), contrazioni coatte (dal celebre xché in poi), appunti presi coi pollici e whatsapp per descrivere (fotografandoli) anche i momenti più irrilevanti e triti della vita. Insomma, se è vero che non si è mai scritto tanto nella storia, mai lo scrivere è stato a tal punto privo di ogni potere alfabetizzante.

* * *

Il guasto linguistico che ha tanto scandalizzato i Seicento è quindi solo una delle facce della e-cultura ormai prevalente, e neanche la più importante. La scuola, poveretta, non è colpevole che in parte. Nata per caso, la e-cultura è salita dalle aule e dalle discoteche alle professioni e alla vita comune, a partire dai media, e si è propagata viralmente. Basta sentire gli spropositi di pronuncia dei giornalisti televisivi, le intonazioni sballate, le pause viziose, i discorsi letti senza evidentemente capirci niente, per rendersi conto che il virus si è scatenato. I maestri elementari che scrivono svarioni sono i primi frutti maturi e adulti di questa semina.

Basteranno le quattro propostine di riorganizzazione didattica frettolosamente sottoscritte dai Seicento per compensare gli effetti di un bradisismo catastrofico? Cosa può la scuola? Chi può contrastare il blocco computazionale-educativo dominato da corporations come Apple, Google, Facebook e Pearson?
Come sempre, però, nella catastrofe c’è chi corre ai ripari. Mentre la scuola si dequalifica (e la lingua si liquefa), i giovani più svegli continuano a prepararsi seriamente, imparano a scrivere e leggere come si deve e usano i device solo quando gli servono. Ne conosco non pochi. L’esplosione internazionale dello house-schooling (ora si chiama così: far scuola a casa) è un indizio minuscolo, ma eloquente, di questo “si salvi chi può”.

L’autore
Laureato nel 1966 a Roma in Filosofia, ha studiato anche matematiche e diritto. Ha perfezionato la sua formazione in Germania. Nel 1980 è divenuto professore ordinario di Linguistica generale all’Università degli studi di Roma “La Sapienza” dove, dal 1983 al 1995, è stato coordinatore dei corsi di Dottorato di ricerca in Linguística. Dal 1989 al 1991 è stato Direttore del Corso di Perfezionamento in Linguistica Italiana. Dal 1992 è professore ordinario di Linguistica generale presso l’Università degli studi Roma Tre, dove è anche stato, fino al 2008, Direttore del Dipartimento di Linguistica e Delegato Rettorale per il Progetto Scuola Superiore. Dal 2015 Professore Emerito a Roma Tre.
Condividi

I commenti sono chiusi.

Questo sito utilizza cookie per fornirti la migliore esperienza di navigazione. Esprimi il tuo consenso cliccando sul pulsante 'Accetto tutti i cookie', oppure clicca sull'icona a sinistra per accedere alle impostazioni personalizzate. Se neghi il consenso, non tutte le funzioni di questo sito saranno disponibili. Potrai modificare le tue preferenze in qualsiasi momento, dalla pagina Cookie Policy

Impostazioni Cookie

Cookie TecniciIl nostro sito utilizza cookie tecnici. Si tratta di cookie necessari per il funzionamento del sito.

Cookie AnaliticiIl nostro sito utilizza cookie analitici, per permettere l'analisi del nostro sito e per ottimizzarlo ai fini dell'usabilità.

Cookie Social MediaIl nostro sito utilizza cookie Social Media, per mostrare contenuti di terze parti, come YouTube e FaceBook. Questi cookie potrebbero tracciare i vostri dati personali.

Cookie di MarketingIl nostro sito utilizza cookie di marketing, per mostrare annunci di terze parti basati sui tuoi interessi. Questi cookie potrebbero tracciare i tuoi dati personali.

Altri cookieIl nostro sito utilizza cookie di terze parti che non sono analitici, di Social Media né di Marketing.