(12/03/2019) Dal sito web intoscana.it vi proponiamo questa intervista a Nicoletta Maraschio presidente onoraria dell’Accademia della Crusca a cura di Costanza Baldini.
Operaia, casalinga, estetista, cameriera, segretaria, siamo abituati ogni giorno a ‘sentire’ queste parole, ma forse siamo meno abituati a sentir pronunciare parole come: assessora, avvocata, architetta, ministra. Per alcuni la declinazione al femminile di alcune professioni ‘suona male’, per altri ‘non serve’, per alcune donne addirittura è più ‘prestigioso’ mantenerle orgogliosamente al maschile. Facendo così però le donne ‘scompaiono’ dai ruoli di potere, perché la realtà viene creata dalle parole che usiamo per descriverla. La presidente onoraria dell’Accademia della Crusca di Firenze Nicoletta Maraschio ci spiega meglio le ragioni di questo fenomeno di ‘non accettazione’ di quella che dovrebbe essere una buona pratica della lingua italiana.
Quando ha dichiarato la Crusca che sarebbe buona regola declinare tutte le professioni al femminile?
La Crusca è un’Accademia in cui si riflette sulla lingua, non è un tribunale che dice questo sì, questo no, la Crusca osserva quello che avviene nella realtà linguistica circostante e dà dei suggerimenti. Francesco Sabatini che è stato presidente della Crusca prima di me ha sempre appoggiato questa tendenza alla declinazione al femminile delle professioni e la stessa cosa ho fatto io quando sono diventata presidente. Con il Comune di Firenze inoltre abbiamo firmato una convenzione e la nostra collega Cecilia Robustelli che ha studiato molto a fondo questo problema ha lavorato con le funzionarie del comune per dare delle indicazioni, e anche con altre amministrazioni. Le posizioni non sono tutte le stesse, ci sono accademici che sono più prudenti e altri accademici che sono meno prudenti. Anche all’interno della Crusca ci sono posizioni diverse ma nessuno pensa di ostacolare questa tendenza al riconoscimento del ruolo della donna attraverso la declinazione delle professioni.
Come mai danno tanto fastidio le professioni declinate al femminile come ‘ministra’, tanto che sia uomini che donne hanno difficoltà ad accettarle?
Non è facile da capire perché in apparenza è una cosa molto banale. C’è sempre stata la declinazione al femminile per determinati mestieri, basti pensare a operaia, infermiera eccetera, non si capisce questa resistenza da parte di uomini ma anche di donne nei confronti di una declinazione al femminile estesa a tutte le professioni. Certo, in certi casi ci possono essere scelte diverse come avvocata/avvocatessa quindi la declinazione può essere varia e questo può creare una sorta di insicurezza. Ma credo che in fondo ci sia una questione di resistenza a un’emergenza che è nei fatti. Per donne in posizioni di grande responsabilità, si continua a insistere sulla questione del maschile neutro che indica la funzione. Questo si spiega con una resistenza nei confronti delle donne e quello che più colpisce è che si ha un andamento a onda. Mentre negli anni passati, anche per sollecitazione della Boldrini, sembrava che ormai la declinazione al femminile tendesse ad affermarsi, ora per l’opposizione della presidente del Senato le cose sembrano tornare indietro e questo non è bello.
Quali sono i ‘consigli’ dell’Accademia della Crusca?
La Crusca si è impegnata ad appoggiare una tendenza, non delle regole ferree per imporre il femminile in tutti i casi. Si appoggia una tendenza che è nella natura delle cose, si aiutano le amministrazioni pubbliche, a trovare delle soluzioni rispondenti a questa nuova realtà. La lingua segue la realtà e d’altro canto può anche essere un motore di cambiamento. La lingua crea la realtà, è un riconoscimento del non più silenzio e oscuramento anche in posizioni chiave delle donne. Però gli interventi dall’alto non sono mai sufficienti e in questo momento ho dei dubbi perché mi sembra si stia tornando indietro e questo non è bene a mio avviso.
Un altro aspetto importante segnalato sempre dalle linee guida delle Crusca è quello di includere sempre anche il femminile quando si parla di un gruppo di persone per esempio dire ‘assessori e assessore’ invece che soltanto ‘assessori’ altrimenti le donne ‘scompaiono‘
Naturalmente anche questo bisogna farlo con cautela, con prudenza, perché da una parte la Crusca si è impegnata a lungo per la semplificazione del linguaggio amministrativo e quindi per testi che siano più comunicativi e meno barocchi, con una sintassi più semplice. Se noi dovessimo sempre ripetere ‘assessore e assessora’ in tutte le occasioni questo appesantirebbe certi documenti di tipo amministrativo, ma le soluzioni ci sono, si può dire ‘assessorato’ per esempio che è inclusivo sia del maschile che del femminile. Le soluzioni in alcuni casi sono molto semplici, come nel caso di sindaca, architetta, chirurga che pure non sono accettate da tutti, in altri casi come nei testi giuridici o amministrativi bisogna trovare un equilibrio nel rispetto delle norme vincolanti, bisogna studiare caso per caso. Però naturalmente tutto parte da un’esigenza del riconoscimento del nuovo ruolo della donna oggi in posizioni chiave, nella lingua deve esserci un rispecchiamento di questa realtà.