Vi proponiamo integralmente questo articolo pubblicato il 14 aprile sul sito del Corriere della Sera nel quale viene fatto il punto della situazione sull’insegnamento della lingua italiana nelle scuole e nelle università francesi. Notizie non positive alle quali un gruppo di intellettuali italiani ha risposto con un preoccupato appello.
Alla vigilia della visita in Francia del presidente Sergio Mattarella, che il 2 maggio incontrerà il suo omologo Emmanuel Macron ad Amboise, dove morì nel 1519 Leonardo da Vinci, per celebrare il cinquecentenario del grande genio, emerge un punto critico circa i rapporti culturali tra i due Paesi. L’insegnamento dell’italiano Oltralpe, denuncia un appello lanciato da Jean-Luc Nardone, professore a Tolosa e presidente degli italianisti francesi, rischia di deperire gravemente per le scelte del governo di Parigi in materia scolastica. Il documento è sottoscritto da molti docenti francesi, ma anche da importanti personalità italiane, come gli scrittori Andrea Camilleri, Gianni Biondillo e Antonio Moresco, l’attore Ascanio Celestini e la regista Emma Dante, gli storici Luciano Canfora e Carlo Ginzburg, gli studiosi di linguistica Paolo Fabbri e Raffaele Simone.
Oggetto della polemica è la «caduta senza precedenti» dei posti messi a concorso per l’insegnamento dell’italiano nelle scuole. Per il canale dell’Agrégation, che consente di insegnare nei licei, i posti si sono dimezzati e per il 2019 sono soltanto cinque. Per il Capes (sigla che sta per certificato di attitudine al professorato per l’insegnamento di secondo grado), che abilita alla docenza nelle scuole medie, si è passati da 28 a 16, mentre i posti, ricorda il documento, «erano ancora 35 nel 2016, 2015, 2014, e 64 nel 2013».
Sono cifre impressionanti, tanto più che, sottolinea il testo diffuso da Nardone (sottoscritto in cinque giorni da circa 3.500 persone), la richiesta di studiare l’italiano da parte dei ragazzi non sta diminuendo, ma è chiaro che la minore offerta di cattedre in questo campo non potrà che disincentivarla. D’altronde la domanda di giovani che chiedono di cominciare a cimentarsi con la lingua di Dante negli atenei francesi sta crescendo, perché molti non hanno potuto studiarla al liceo, mentre avrebbero voluto farlo. Siamo di fronte a una «politica vessatoria», dichiara l’appello prendendo spunto dal cinquecentenario leonardiano, che equivale a ritirare la Gioconda dalle collezioni del Louvre.
Una testimonianza diretta viene da Luciano Canfora (nella foto), che ha aderito convintamente all’appello: «Nello scorso gennaio ho partecipato a un seminario d’italianistica in Francia, a Aix-en-Provence, presso l’Università di Aix-Marsiglia, e ho dovuto constatare che i ranghi degli studiosi si vanno riducendo proprio per via di scelte ministeriali che non hanno alcuna giustificazione. Dal Medioevo al Rinascimento i rapporti tra il nostro Paese e la Francia sono stati strettissimi. E il Risorgimento italiano prende le mosse proprio dalla discesa delle armate rivoluzionarie al comando di Napoleone. Come si può dimenticare tutto questo?».
Tra l’altro la condotta del governo francese è in controtendenza rispetto al resto del mondo. «Mi risulta — osserva Canfora — che negli Stati Uniti l’interesse per la cultura italiana è in forte crescita. E in Germania ho constatato una grande passione per il nostro Paese non solo da parte dei discendenti di nostri connazionali, ma di molti tedeschi, anche nelle zone orientali che non hanno conosciuto l’immigrazione dall’Italia».
L’appello non si limita alla denuncia, ma fa proposte concrete, prima fra tutte il ristabilimento di un numero congruo di posti, 12 per l’Agrégation, 35 per il Capes. E poi un progetto per rafforzare l’insegnamento dell’italiano, oggi troppo concentrato in alcune zone, rendendolo disponibile in tutta la Francia. Nella speranza che il governo di Parigi non faccia orecchio da mercante.
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