Presentati dati e analisi del Dossier Statistico Immigrazione 2025 di Idos

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Roma, 5 novembre 2025 – Confronti. Si è tenuta ieri presso il Teatro Orione a Roma la presentazione del 35° Dossier Statistico Immigrazione a cura di IDOS, realizzato, in collaborazione il Centro Studi e rivista Confronti, e l’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”,  grazie al sostegno dell’Otto per Mille della Tavola Valdese.

«Il Dossier Statistico Immigrazione è un prodotto che, attraverso le cifre e i numeri entra nella vivida carne e nella polpa di una realtà sociale, che purtroppo le vecchie categorie sociologiche non sono più in grado di spiegare. Questa impresa vuole infatti trascendere il canone sociologico tradizionale attraverso la realtà e lo studio impietoso della realtà. Abbiamo ragionato con la forza delle idee e, sebbene si pensi che la critica delle idee non possa mai raggiungere la critica delle armi, quello che possiamo fare è incidere le coscienze come una goccia indefessa, e turbare il sonno volutamente e colpevolmente dogmatico dei nostri amministratori a livello globale. Questa è la sfida che raccoglie il Dossier attraverso quelli che sono i nostri strumenti e, anche se la posta in gioco è alta, pensiamo che alla lunga non possa non vincere», ha introdotto Paolo De Nardis, presidente dell’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”.

«Oggi non c’è forse paradigma migliore del “mito della caverna” di Platone per descrivere quello che sta succedendo a noi, da molti anni, riguardo all’immigrazione», continua Luca Di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche IDOS, che ha aggiunto: «In effetti, quanto all’immigrazione, noi incontriamo e vediamo solo ombre: caricature “grottesche” (è proprio il caso di dire!) create ad arte da furbi manipolatori di luci che, alle nostre spalle, ritagliano e agitano figure di migranti quanto più distorte e dissimili a noi. Ne fanno così dei bersagli della rabbia collettiva per mali endemici dell’Italia mai risolti. E così crediamo a una immigrazione immaginaria, proiettata sugli schermi piatti di ultima generazione dei nostri cellulari, dei nostri televisori, dei nostri pc. Mentre l’immigrazione vera, reale, la esperiamo sempre meno: immigrati in carne e ossa, non li incontriamo quasi mai davvero; anzi li teniamo a distanza, fuori dalle nostre caverne individuali e collettive. Queste rappresentazioni condividono, con le ombre della caverna, la stessa oscurità e la stessa inconsistenza. (…) E allora bisogna sfondare la parete, per arrivare agli altri. Perché della realtà ci manca la terza dimensione, la profondità. Degli altri veri ci manca lo spessore della carne, l’esperienza tattile e fisica della loro concreta dimensione corporea che ci restituisce la loro presenza, anzi, la loro co-presenza. Ma soprattutto la loro co-essenza: il sentimento empatico, cioè, di essere fatti della stessa pasta umana. (…) Pensate che bello sarebbe se, distogliendo una buona volta lo sguardo dai nostri schermi piatti, dalle nostre proiezioni su fredde e morte pareti di pietra, tornassimo finalmente alla luce della cultura, della civiltà, della ragione, dell’empatia. E che bello sarebbe se, una volta fuori dalla caverna, potessimo riaprire finalmente i nostri sensi, rimasti per così tanto tempo turati e fuorviati da sensazioni indotte, le quali hanno incrinato l’unico senso che conta, che è il senso dell’umano che ci circonda. Fuori dalla grotta, potremmo tornare finalmente a vedere, a sentire e a fare un’esperienza ravvicinata della realtà, degli altri e perfino degli immigrati; ricreando spazi di incontro vero, diretto, con loro. Potremmo, insomma, toccare la realtà nuda, la “nuda vita” (come dice Agamben) che ci accomuna e ci rende tutti “fratelli di carne”».

Francesca Nicodemi, avvocata esperta in materia di tratta di esseri umani, ha aggiunto: «Mi occupo di un aspetto un po’ di nicchia rispetto al fenomeno migratorio, che è quello della tratta degli esseri umani. Ovviamente non si può non parlare di flussi migratori quando si parla di tratta di persone, anche se sappiamo che non è solo un fenomeno transnazionale e che il grave sfruttamento non riguarda soltanto persone straniere. Però, per quello che riguarda i migranti, il fenomeno della tratta va necessariamente letto alla luce dei trend che osserviamo per i flussi migratori. L’aumento dei conflitti armati, i cambiamenti climatici e le diseguaglianze socioeconomiche nel mondo portano le persone a spostarsi, e questo ovviamente le espone a condizioni lavorative disumane, a forme di sfruttamento e di riduzione in schiavitù. Il fenomeno della tratta di esseri umani è in costante mutamento per quanto riguarda i numeri, i trend, le nazionalità e i contesti di sfruttamento, ma si sono fatti grandi passi avanti rispetto alla capacità di identificare le vittime di tratta a scopo di sfruttamento lavorativo, per potergli offrire immediata protezione fin dall’arrivo nell Paese, e poi accompagnarle in un lunghissimo percorso di inclusione sociale, che necessita un intervento integrato del pubblico e del privato, oltre che della cittadinanza, che attraverso occasioni come quella di oggi, potrebbe sensibilizzarsi e conoscere un fenomeno che è ancora molto sommerso e poco conosciuto».

Valeria Taurino, direttrice Generale Sos Mediterranee Italia, ha aggiunto: «Il Mediterraneo centrale è il luogo dove noi operiamo e oggi è dove si gioca una delle più grandi questioni umanitarie. Non lo dicono gli slogan, lo dicono i numeri, solo nel Mediterraneo centrale negli ultimi 10 anni sono morte o disperse più di 25mila persone. È la rotta migratoria più letale al mondo. Sos Mediterranee ha salvato quasi 43mila persone e abbiamo visto tantissima umanità in mare, ma altrettanta disumanità l’abbiamo vista nelle politiche, perché nonostante si siano succeduti governi, siano cambiate le prassi, le tattiche, i toni, il risultato finale non è mai cambiato, e neanche lo scopo. Ovvero quello di svuotare il Mediterraneo di soccorso e togliere di mezzo i testimoni scomodi di quello che avveniva in questo tratto di mare. Il risultato tragico è sempre stato quello di aumentare il numero di morti nel Mediterraneo. Questo vuol dire che la perdita di vite nel Mediterraneo centrale non è una tragedia inevitabile, ma una catastrofe umanitaria prodotta, provocata dall’uomo, perché non è altro che l’esito di scelte politiche sbagliate, e per questo può e deve essere invertita».

«Il Dossier è una mappa che consente di seguire tutte le più cruciali e rilevanti dinamiche globali che stiamo attraversando e ci preoccupano molto in questo tempo. Perché l’immigrazione non un tema circoscritto, e il Dossier aiuta a comprendere come questo tema sia intrecciato alle dinamiche globali, al tema gravissimo della crisi climatica, al tema delle diseguaglianze crescenti, ma soprattutto al tema delle guerre. Dal Dossier emerge infatti molto chiaramente non solo che stiamo vivendo l’epoca con più conflitti dopo la Seconda guerra mondiale, ma che sta venendo meno quella cultura di pace, di solidarietà e di diritti costruita dopo la guerra. E la cosa che forse preoccupa di più in assoluto è proprio il confronto con il diritto internazionale, e la totale mortificazione, lo svuotamento del valore del diritto internazionale, oltre che la garanzia in ogni parte del mondo del rispetto dei diritti fondamentali degli esseri umani», ha concluso la moderatora della Tavola Valdese Alessandra Trotta.
Ha coordinato i lavori Claudio Paravati, direttore del Centro Studi Confronti.

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