“Dopo il convegno di Basilea, dedicato all’italiano sulle frontiere del Nord e dopo quello di Capodistria, che ha prestato voce allo stato della lingua italiana nelle regioni orientali dell’Adriatico, è stato inevitabile rivolgere l’attenzione all’italiano sulle sponde del Mediterraneo.
Il filo che ha unito questi tre momenti è stata la frontiera sia essa fisica, culturale, religiosa, di pregiudizi o di ricchezza e povertà.
Infatti, l’esperienza di ogni giorno ci suggerisce che la lingua italiana, con il suo spessore di cultura e di valori elaborati nel tempo, potrà e dovrà sempre più giocare le sue carte migliori nel confrontarsi con altre realtà linguistiche e culturali, nell’essere capace di assorbire e di traghettare al suo interno sguardi altrui e, nel contempo, nell’essere in grado di farsi ascoltare e assorbire dalle realtà altre. Insomma, uscire dai tradizionali territori protetti, sia per contenuti sia per modalità di porgersi, e infiltrarsi lasciandosi infiltrare, contaminandosi come già avviene con numerosi altri aspetti del nostro vivere, per diventare veicolo di scambio e di reciproca conoscenza, senza però perdere le proprie identità.
Quali territori migliori per la lingua e la cultura italiana del mondo mediterraneo, considerati sia dal lato storico, sia come origini comuni anche se frammentate da complesse frontiere sempre però in vario modo intrecciate, sia come realtà differenti obbligate comunque a convivere malgrado terribili tensioni e contraddizioni, contrasti e affinità di antichi scambi e percorsi comuni? È qui che l’italiano può mostrare le sue potenzialità di lingua della complicità e non della dominazione, con l’ambizione di farsi piattaforma d’incontro, di una reciproca conoscenza che depura dai pregiudizi e crea le premesse per un vero rispetto delle differenze.
Non si tratta quindi della solita competizione con l’inglese ma della capacità per la lingua italiana di sapersi mettere all’ascolto dei nuovi bisogni “altri”, dentro e fuori casa, oltre le frontiere dei pregiudizi e nei tranquillizzanti territori protetti, e di saper rispondere con nuovi contenuti e nuove modalità comunicative attingendo alla propria cultura e ai propri valori.
Per la Comunità Radiotelevisiva Italofona queste sono le nuove ambizioni dell’italiano, una lingua in parte fragilizzata dai grandi cambiamenti in corso da decenni e da una certa mancanza di convinzione nelle proprie forze, ma che proprio sulla frontiera, dove sembra che il confronto sia più duro, proprio lì, nell’apertura, nel nostro individuale e collettivo sforzo quotidiano, può ritrovare i suoi punti di forza e di attrazione.”
Dino Balestra
presidente Comunità radiotelevisiva italofona
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