Un racconto sul filo dei ricordi di italiani per i quali l'Egitto è il luogo di nascita e di appartenenza, che si intreccia con la storia del paese, dalla metà dell'Ottocento ad oggi. Questa la trama de ''Gli italiani d'Egitto', documentario di Sherif Fathy Salem e di Ramona di Marco, presentato all'Istituto italiano di cultura nell'ambito della settimana della lingua italiana.
Quella italiana è la più antica comunità europea in questo paese e si sviluppò al massimo prima della seconda guerra mondiale, quando sfiorò le 80.000 persone fra Alessandria e il Cairo. E' soprattutto ad Alessandria che si snoda il filo dei ricordi sulle tracce di una città che già dalla fine del secolo scorso era stata resa cosmopolita e tollerante dalla presenza di molte comunità diverse, soprattutto italiani e greci, e di religioni, che convivevano pacificamente e con rispetto. Nella città affacciata sul Mediterraneo all'inizio del secolo scorso le comunità straniere rappresentavano il 40% degli oltre 300.000 abitanti. Il ruolo degli italiani in Egitto, che si espande a partire dalla costruzione del canale di Suez, è economico e imprenditoriale, ma lascia impronte importanti nell'ambito artistico e culturale. Mario Rossi progettò e realizzò alcune delle più importanti moschee di Alessandria e del Cairo, mentre Alvise Orfanelli contribuì al lancio dell'industria cinematografica egiziana, lavorando come direttore della fotografia con i principali registi egiziani.
Il documentario si snoda lungo le testimonianze di sette protagonisti: due vivono a Roma , altri quattro sono rimasti ad Alessandria e al Cairo e uno ha deciso di rientrare in Egitto dopo avere vissuto e lavorato per molti anni in Italia. Tutti testimoniano il loro senso di appartenenza e di attaccamento all'Egitto, se non addirittura alla città dove sono nati e cresciuti. Come dice una delle protagoniste del film: ''Io sono italiana e alessandrina''.
(ANSAmed) IL CAIRO, 23 Ottobre