Il diario di Rosario Tronnolone dalla Via Tolosana

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MONTPELLIER – MONTARNAUD

Partiamo alle 7.30 del mattino. L’aria fresca e frizzante ha tutta la promessa e l’eccitazione di un nuovo inizio. Percorriamo il centro di Montpellier che ricorda Parigi in miniatura: attraversiamo la Rue (non l’Avenue) Foch, raggiungiamo il piccolo Arc de Triomphe, ci sembra già di essere fuori dalla città. Non è così, ci vogliono più di due ore per uscire dalla trafficatissima periferia di Montpellier. Come al solito, l’uscita da una città è la parte più complessa di un cammino. Le indicazioni della guida parlano di un cavalcavia e di un parcheggio, ma non sono molto utili, perché ne incontriamo ad ogni piè sospinto. Finalmente raggiungiamo la campagna, e le indicazioni del cammino diventano chiare e affidabili. Percorriamo circa 20 chilometri, non male come prima giornata, e raggiungiamo Montarnaud. Nella casa della signora che ci ospita incontriamo due pellegrini francesi, marito e moglie, che fanno il nostro stesso cammino, ma facendo delle tappe intermedie.

 

MONTARNAUD – SAINT GUILHEM LE DESERT

Partiamo alle 7.00 per St. Guilhem le Desert, che si annuncia essere una delle tappe più interessanti del nostro cammino. È, in effetti, un po’ fuori rotta rispetto alla meta finale, Puente la Reina, e comporta una deviazione nelle montagne, ma l’abazia di St. Guilhem conserva, leggiamo sulla guida, una reliquia della Santa Croce donata a Guilhem da Carlo Magno.

Arrivando nelle vicinanze dell’abazia, oltrepassiamo Le Pont Du Diable, a cui sono legate alcune leggende locali: il ponte era stato costruito per favorire l’afflusso dei pellegrini, ma il diavolo aveva ostacolato la costruzione. I monaci gli avevano promesso allora l’anima della prima creatura vivente che avesse attraversato il ponte. Il diavolo aveva accettato, ma i monaci avevano fatto attraversare il ponte ad un cane, lasciando il diavolo con un palmo di naso. Ogni tanto il diavolo si ricorda della beffa, e i flutti del fiume attraversato dal ponte si agitano minacciosi. Salendo verso St. Guilhem passiamo accanto ad una grotta che ha uno strano nome: La Clamouse.

Il tratto finale del percorso, in salita, ci fa sventatamente lamentare del sole e del caldo. Non lo sappiamo ancora, ma è l’ultima volta che ne godremo

 

SAINT GUILHEM LE DESERT – SAINT JEAN DE LA BLAQUIERE

Ieri pomeriggio abbiamo visitato l’abazia. È un luogo straordinario! Guilhem era un cugino di Carlo Magno, e uno dei suoi più valorosi luogotenenti; sin da giovanissimo era stato apprezzato per la sua abilità nell’arte delle armi, ma anche per la sua saggezza e moderazione. Aveva combattuto con successo contro i Saraceni e aveva riconquistato l’Aquitania, ma, di ritorno da una campagna militare a Barcellona, aveva scoperto di essere rimasto vedovo dell’amatissima moglie. Il dolore del lutto gli aveva fatto desiderare di abbandonare il mondo, e si era recato a Parigi da Carlo Magno per chiedergli il permesso di lasciare il servizio. Carlo gli aveva chiesto di accompagnarlo in un ultimo viaggio a Roma. Di ritorno da Roma, Guilhem aveva individuato in un posto sperduto tra i monti, l’abazia di Gellone, il luogo ideale nel quale ritirarsi dal mondo. Aveva quindi preso i voti e si era rifugiato in questo luogo che era denominato “Au Bout Du Monde”, alla fine del mondo.

Carlo Magno, ammalato, lo aveva richiamato a corte al momento della divisione del regno, e gli aveva consegnato una reliquia della Santa Croce, che era stata donata al sovrano durante la sua visita a Roma, e che è ancora conservata nell’abazia, insieme con le reliquie di St. Guilhem.

Il nostro cammino di oggi è reso più difficile dalla pioggia. Superiamo una cinta di monti chiamata l’Infernetto. Prima di partire, ingenuamente, mi ero chiesto perché. Dopo tre ore di cammino la situazione si fa disperata: non solo la pioggia battente, ma il vento gelido ci incolla addosso gli abiti bagnati. Raggiungiamo un centro abitato e ci arrendiamo. Chiamiamo Giovanna e Maurizio perché vengano a recuperarci.

 

SAINT JEAN DE LA BLAQUIERE – LODEVE

Minaccia pioggia anche stamattina, ma ci muoviamo rinfrancati, perché il percorso per Lodève è di soli 15 chilometri. La nostra ospite ci ha raccomandato di visitare il monastero di St. Etienne le Mont che troveremo sul nostro cammino. Intanto ieri ho scoperto anche la ragione del nome della grotta che abbiamo incontrato sulla via per St. Guilhem le Desert, La Clamouse, “La donna urlante”: è la storia dolorosa di una madre vedova e di suo figlio Jeannot. I due lavoravano al vecchio mulino, l’uno a monte e l’altra a valle del fiume. Per ingannare il tempo il ragazzo intagliava degli oggetti di legno, ma un giorno uno dei suoi oggetti preferiti era caduto in una fenditura nella roccia dove il fiume si inoltrava. Quando era andato a trovare la madre, Jeannot aveva avuto la sorpresa di trovare il suo oggetto prediletto su una mensola. Avevano così compreso che l’acqua del fiume, che a monte scompariva nella roccia, riaffiorava a valle nella grotta. Madre e figlio avevano così cominciato a scambiarsi dei doni, che il figlio affidava alle acque del fiume e che la madre ritrovava a valle. Un giorno però Jeannot aveva cercato di far arrivare a sua madre un agnello che, spaventato, si era agitato al punto da far scivolare lo sventurato ragazzo nella fenditura della roccia. La madre aveva quindi raccolto quella sera le spoglie del figlio, e si era abbandonata alla disperazione. Ancora oggi la grotta conserva la memoria di quelle urla di dolore.

La visita al monastero è magica: St. Etienne aveva incontrato la spiritualità degli eremiti di S. Bruno in Calabria e l’aveva portata con sé in Francia. Nel parco del monastero sorprendiamo alcuni cervi che passeggiano indisturbati. Ci fissano. Restiamo immobili, per paura di rompere l’incantesimo.

 

LODEVE – LUNAS

Arrivando a Lodève (in ritardo, perché abbiamo evidentemente perso il sentiero che ci avrebbe condotti direttamente in città), abbiamo la splendida sorpresa di alloggiare all’Hotel du Nord, che è la casa dove è nato il musicista Georges Auric, uno del Gruppo dei Sei, con Erik Satie e Arthur Honegger. Aveva cominciato a comporre musica per il teatro con Jean Cocteau, per il suo balletto “Les Mariées de la Tour Eiffel”, e si era poi specializzato nella musica per film: sue sono le colonne sonore di “Vacanze Romane”, “Bonjour Tristesse” e “Le Piace Brahms?”.

Lodève è una città molto diversa da quelle che abbiamo visitato finora. Sembra una città nordafricana. Scopriamo che in effetti a Lodève si è verificata una forte immigrazione dall’Algeria al tempo della guerra, e la comunità franco-algerina è rimasta molto chiusa e fedele alle proprie usanze. Il tempo resta incerto. Partiamo al mattino col cielo che minaccia pioggia. Decidiamo di non percorrere il sentiero di montagna, che è ovviamente ridotto ad un acquitrino, e preferiamo seguire la dipartimentale, anche perché per fortuna qui le strade sono pochissimo trafficate.

Arriviamo appena in tempo per ripararci dal solito acquazzone. Ci dicono che da 120 anni non si ricorda un maggio così freddo e piovoso.

 

LUNAS – SAINT GERVAIS SUR MARE

È già arrivata la mia ultima tappa. Partiamo sotto la pioggia, e anche oggi preferiamo seguire la dipartimentale. In effetti la Via Tolosana presenta in alcuni tratti uno strano percorso che sembra suggerire di andare a zonzo nella zona, invece di proseguire dritti verso una meta. Un tratto della dipartimentale, che è in comune con il sentiero, è addirittura percorso al contrario, non nella direzione della meta, ma nella direzione opposta. L’albergatore ci spiega che in realtà i pellegrini seguono spesso la dipartimentale, che è più breve e più sicura (oltre ad essere probabilmente l’antica via che veniva effettivamente percorsa).

Quando siamo ormai nei pressi di St. Gervais sur Mare, il villaggio, che da un po’ ci appariva all’orizzonte, scompare d’un tratto. Abbiamo sbagliato strada proprio alla fine? Proseguiamo fiduciosi e altrettanto improvvisamente il villaggio ricompare, raccolto in una piccola valle che lo nascondeva alla vista. È un villaggio ormai abbandonato. Fino agli anni ’50 c’era una fiorente economia legata alle miniere di carbone, ma ormai è un villaggio fantasma. La stazione più vicina è a quaranta minuti di macchina. Stasera stessa dovrò perciò rientrare a Montpellier per ripartire domattina per Roma. Ci salutiamo alla stazione con un po’ di tristezza. Bon courage! Come dicono da queste parti.

 

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