Vi proponiamo una riflessione del nostro Presidente sul ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo nell’ambito linguistico e culturale italofono, tema centrale dell’Assemblea generale 2016
Il tema della tavola rotonda tenuta a Roma l’11 ottobre scorso durante i lavori dell’Assemblea annuale della Comunità radiotelevisiva italofona, investe aspetti che trasversalmente vanno dalla cultura all’economia, dalla politica alla scienza, dalla consapevolezza delle proprie origini alla capacità di aprirsi e di confrontarsi nell’ascolto di altri punti di vista espressi e contenuti nell’odierno accavallarsi delle lingue e delle culture.
Indubbiamente il servizio pubblico in Europa, che siano le poste, le ferrovie o la radiotelevisione, è da tempo e da più parti oggetto di critiche, attacchi, proposte di smantellamento.
In particolare, il servizio pubblico radiotelevisivo, una volta punto di riferimento per il pubblico e per la cosiddetta società civile, è oggi fragilizzato non solo dalla concorrenza tradizionale ma, per non dire soprattutto, dalla moltiplicazione delle tecnologie di diffusione e relative offerte, che hanno frantumato l’utenza e messo in crisi linguaggi, modalità di fruizione, contenuti e rapporti col pubblico stesso.
Dentro quella che potremmo definire una “impermanenza liquida” quali spazi, compiti e obiettivi può (o deve) ancora ritagliarsi il servizio pubblico radiotelevisivo? Attraverso quali vettori, modi e contenuti gli sarà possibile (o concesso) connettersi con certezza e stabilità ai suoi vari pubblici e rispettivi bisogni?
Si tratta di domande che non possono essere eluse anche nei confronti dell’impegno verso la promozione della lingua e della cultura italiana. Non soltanto l’intero sistema mediatico si è frantumato ma, particolarmente in questi ultimi anni, le lingue stesse, con le culture di cui sono portatrici, si intersecano, si sovrappongono, di combattono, dilagano e si marginalizzano in rivolgimenti epocali e conflitti di cui la lingua è spesso vittima e testimone allo stesso tempo.
Il pericolo è che tutto venga inghiottito in una indifferenza superficialmente condivisa dove terra e cielo, l’identità e la sua perdita, la memoria e l’oblio si annullano a vicenda in nome di un’apparente integrazione.
Proprio qui però potrebbe porsi il punto di partenza di un rinnovato compito del servizio pubblico radiotelevisivo, soprattutto (ma non solo) là dove l’italiano è lingua minoritaria: saper comunicare mantenendo viva la propria coesione culturale attraverso una lingua e una cultura in grado di dialogare con altre realtà culturali e linguistiche. Una lingua, insomma, che “va” e che “torna”, che dà e che riceve, esportando e importando, facendosi ascoltare e rispettare.
Tutto questo ha un costo? Sempre la qualità e le qualità esigono costi che le logiche di mercato non sopportano e che la politica spesso non legittima. In un mondo frettoloso, divoratore di ansie, sempre meno le qualità sono considerate necessarie e benvenute. Ma questo è un altro discorso: forse per l’anno che verrà?
(Dino Balestra)
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