Lingua italiana in America

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(13/06/2016) Una delegazione guidata dal senatore Claudio Micheloni era in missione al Consolato italiano per una “indagine conoscitiva” sui problemi inerenti alla promozione della lingua e cultura italiana all’estero. Troppo poco tempo per approfondire le questioni con gli intervenuti? Tre professoresse continuano qui il dibattito.

Il 3 giugno, al Consolato d’Italia a New York, si è tenuto un incontro con una delegazione di senatori arrivati da Roma nell’ambito di una “indagine conoscitiva”  sulla promozione della lingua e cultura italiana nel Nord America. Accolti dal Console Generale Francesco Genuardi, con il senatore e capo delegazione Claudio Micheloni, Presidente del Comitato per le questioni degli italiani all’estero, c’erano il senatore Renato Turano, eletto nella circoscrizione estero Nord e Centro America, il senatore Franco Conte, vicepresidente della Commissione Istruzione e membro della Commissione Diritti Umani, e la senatrice Maria Mussini, che fa parte anche della Commissione Giustizia.  All’evento, oltre a vari esponenti della comunità italiana di New York, come Silvana Mangione del CGIE e Quintino Cianfaglione del Comites di NewYork-Connecticut, ha partecipato anche il dirigente scolastico del Consolato Carlo Davoli.

La delegazione di senatori, che aveva visitato anche la scuola d’Italia Guglielmo Marconi e prima della tappa newyorchese, aveva avuto incontri a Washington DC, dopo New York ha fatto tappa anche a Chicago.

Al Consolato di New York, purtroppo, l’evento è durato circa mezz’ora, impossibile quindi approfondire l’argomento in questione. Il senatore  Micheloni, piuttosto imbarazzato per questo, ha infatti esordito: “Sono un po’ a disagio per il breve tempo a disposizione”. In effetti in pochi minuti non si potevano approfondire le questioni sulle classi di italiano che vengono cancellate a causa del basso numero degli iscritti. Micheloni  è riuscito a ribadire che “promuovere all’estero la nostra lingua significa anche promuovere i nostri prodotti” e come l’insegnamento dell’italiano resti strategico per Roma. Qualcuno, durante l’incontro, ha cercato di introdurre anche la spinosa questione della rappresentanza del CGIE e dei Comites, sottraendo così preziosi minuti al tema lingua e cultura italiana e per il quale alcuni insegnanti erano venuti in consolato persino dal New Jersey e dal Connecticut per discuterne con i senatori.

A questo punto La Voce ha chiesto a tre professoresse di lingua e cultura italiana che erano tra il pubblico, che collaborano da tempo con il nostro giornale e che ci erano apparse poco soddisfatte dall’evento, di darci le loro impressioni, mettendo in rilievo le questioni che magari potranno essere discusse in un’altra sede con i senatori.

Ecco quindi che  pubblichiamo gli interventi delle professoresse Teresa Fiore, Eugenia Paulicelli e Filomena Fuduli Sorrentino.


Centralità al Made in Italy e al rapporto con le aziende nei corsi di laurea 

teresa fioredi Teresa Fiore*

A fronte di un’immagine positiva dell’italiano come la quarta lingua più studiata nel mondo, si riscontra un decremento di iscrizioni nel sistema universitario (si veda il rapporto dell’MLA 2013) ascrivibile ad una più generale crisi delle scienze umanistiche, ma poco in sintonia con le esigenze del mondo globalizzato. Una raccolta di dati capillare e regolare da parte di istituzioni italiane e americane (specie se in maniera congiunta) permetterebbe di avere una mappatura effettiva della situazione e definire linee di intervento legate alle concrete condizioni della disciplina. Lo stato delle cose ha imposto ai docenti di italiano di interrogarsi in maniera sempre più pressante sul valore di una laurea in italiano negli USA e di trovare nuove soluzioni.

Alla luce del consolidato e crescente amore verso il nostro paese non solo per la cultura e l’arte, ma anche per lo stile di vita che propone con i suoi prodotti, dare centralità al Made in Italy appare un percorso piuttosto convincente nell’ambito della formazione universitaria. Non si tratta di una radicale rivisitazione del campo quanto di un aggiornamento e ampliamento visto che il Made in Italy è materia per riflessioni di natura storica, politica, culturale, antropologica, e non solo economica. In quest’ottica, la spendibilità della laurea in italiano, e di conseguenza l’attrattiva verso lo studio della lingua e della cultura italiane, aumenteranno se inserite in una dimensione sinergica tra università e aziende. Attraverso stage mirati sia qui negli USA presso aziende italiane che anche in Italia, si potrà meglio definire questo rapporto e spiegare ai giovani e ai loro genitori perché scegliere questa disciplina in vista di un inserimento professionale in qualche modo legato all’Italia. Puntare sui giovani universitari è una delle strade da percorrere nell’immediato perché sono loro che nell’arco di pochi anni, una volta laureatisi, diventano ambasciatori della nostra lingua e cultura, se riescono a trovare un posto di lavoro in linea con i loro studi.

All’interno del settore accademico, si sente l’esigenza di, da un lato, inserire le attività specifiche dei singoli atenei in una programmazione integrata e sul lungo termine, possibilmente quinquennale, guidata dalle nostre istituzioni governative, specie se in collegamento con le associazioni di categoria americane; e dall’altro, di creare consapevolezza rispetto ai grandi progetti realizzati e in fieri che a volte non sono noti neanche agli operatori del campo. Una progettualità congiunta e ben veicolata darebbe la possibilità non solo di dare efficacia agli interventi singoli, ma anche di mandare un segnale forte agli aetenei americani, così come all’opinione pubblica, rispetto all’importante ruolo dell’Italia sul piano internazionale in quanto paese del G7.  Il potenziamento dei programmi di italiano a livello nazionale passa anche attraverso questo tipo di protezione, fattiva e simbolica al contempo.

Si auspicano altri incontri in futuro, specie se mirati, con rappresentanti di istituzioni del settore sulla base di un ordine del giorno predefinito di modo da lavorare su una base di informazioni condivise, anche previa circolazione di materiali, e con la definizione di obiettivi specifici. Incontri di conoscenza iniziale sono occasioni di scambio che fanno da premessa ad altri dialoghi approfonditi.

* Teresa Fiore è Inserra Chair in Italian and Italian American Studies presso la Montclair State University del New Jersey. Presso il campus, oltre alla docenza e la ricerca, coordina una regolare programmazione culturale volta a promuovere la lingua e cultura italiana attraverso attività didattiche, incontri pubblici, stage, concorsi e progetti di ricerca.


Insegnare la letteratura e le arti attraverso la moda, il design, il cibo

Eugenia Paulicellidi Eugenia Paulicelli* 

Si è registrato un declino nello studio delle lingue moderne e dell’Italiano in particolare negli ultimi tempi nelle università degli Stati Uniti ma anche in Gran Bretagna. Questo è un problema sentito nei vari colleges sia privati che pubblici perfino in zone come la Tristate area dove sono presenti grandi comunità di origine italiana. Questo declino però è paradossalmente accompagnato da una forte curiosità e desiderio da parte degli stranieri (americani, ma anche asiatici, russi e altri paesi europei) nei confronti dell’Italia, del made in Italy, della cultura e life style in generale. Le riviste e i giornali americani sono pieni della presenza dell’Italia dal punto di vista del cibo, del design, della moda, dell’arte e cinema.

Eppure se non si potenziano o addirittura reinventano le offerte curriculari dei nostri programmi d’italiano (che si reggono sul rapporto imprenscindibile tra lingua e cultura) l’Italia rischia di non fare tesoro del suo enorme capitale culturale e di non cogliere una opportunità di espandere ulteriormente la sua complessa e multipla identità. Si parla spesso sui contenuti, gli oggetti di studio. Il più comune per esempio è quello che riguarda lo studio della letteratura e soprattutto quella del passato. È un dato innegabile che ci sia un calo di interesse nei confronti di corsi che studino la letteratura del passato, e questo non solo per quanto riguarda l’italiano. Ci sono vari studi e sondaggi che hanno documentato questo aspetto. Allo stesso tempo bisognerebbe ripensare e ri-inserire i testi classici e canonici insieme a quelli meno conosciuti. In alcune università, compreso la nostra,per esempio, ma ce ne sono altre, si guarda alla letteratura e le arti attraverso la moda, il design, il cibo. E si mette in rapporto la letteratura insieme ai media vecchi e nuovi. Similmente anche il cinema e la sua stessa storia si rinvigorisce se lo si guarda in rapporto ai media, alle arti e in generale nel contesto della rivoluzione digitale.

I fattori importanti su cui lavorare insieme sono essenzialmente i seguenti:

  • Continuare e renderla sempre più accessibile una riflessione su Italian Studies Today soprattutto su come il campo viene studiato all’estero. Lo stato della disciplina.
  • Il governo italiano e le sue istituzioni di rappresentanza all’estero dovrebbero pensare a un progetto organico e a lungo termine dai tre ai cinque anni per finanziare la creazione e potenziamento di a) ponti importanti tra scuole dei vari livelli dell’istruzione (dall’elementare all’Università), associazioni con l’intento di preparare delle mappe in cui si possono identificare i punti di eccellenza per l’insegnamento dell’italiano e anche b) fornire degli appoggi per crearne nuovi e potenziare quelli esistenti.
  • Potenziare i collegamenti tra cultura e business con integrazione di possibili internships per studenti di vario livello sia in Italia che negli USA.
  • Integrare il più possibile nello sviluppo curriculare il rapporto tra mondo della cultura e business.
  • Su New York pensare a un evento importante che coinvolga le istituzioni di cui sopra che in maniera congiunta e a scadenza annuale possano presentare I risultati dei lavori ed esperienze.  Un convegno di studi in cui si possano pubblicare gli atti anche online.
  • Creazione di un sito accessibile e di una mappa da cui attingere materiali, idee. E fare in modo che questi siano materiali operativi e di facile consultazione da tutti.  Queta dovrebbe essere una piattaforma che crei delle communities in modo da potenziare l’italiano e assistere coloro che lo insegnano quotidianamente.
  • Mappatura della nuova mobilità italiana.
  • Traduzioni nelle due lingue di materiali importanti (artistici, pedagogici, culturali, linguistici, letterari, ecc) per potenziare la riflessione e la progettualità dei punti di cui sopra.

Per concludere, la diffusione della lingua italiana e conseguente mantenimento di cattedre e programmi sono direttamente proporzionali alla capacità di costruire una nuova cultura dell’Italia e del made in Italy fuori dagli stereotipi, e capace di sapersi raccontare e comunicare le proprie storie mettendo insieme le diverse competenze e che sia all’altezza di capire e usare creativamente I nuovi media.

* Eugenia Paulicelli (Queens College e Graduate Center – CUNY) ordinario di Italian Studies e Letterature Comparate, ha fondato e dirige il programma di Fashion Studies nel Master of Arts in Liberal Studies al Graduate Center (CUNY), e il progetto Fabric of Culture. Objects, Memory, Technology , al Queens College è Director of Graduate Studies.


Gli insegnanti d’italiano imparino il “team work” invece di comportarsi da rivali

filomena-fuduli-sorrentino-300x300di Filomena Fuduli Sorrentino

Sono andata alla tavola rotonda con i senatori sulla promozione della lingua e cultura italiana, che si teneva venerdì, 3 giugno, al Consolato Generale d’Italia di New York. Devo dire che mi aspettavo di più dalla discussione. Possono essere molte le riflessioni su cosa e come fare per promuovere la nostra lingua e cultura in America, e in particolare per i livelli avanzati alle università. Idee che dovremmo condividere spesso in tutte le scuole. Ma uno dei problemi di noi italiani è quello di non fare il lavoro di squadra: quel team work che riflette una condivisa motivazione e collaborazione a raggiungere un comune obiettivo. Spesso, non siamo uniti perché ognuno di noi protegge la propria posizione,  nelle scuole ci comportiamo più da rivali invece di essere colleghi. Questo accade anche per il fatto dei pochi posti di docenza disponibili sia nelle scuole pubbliche che nelle università. Negli USA, specie a New York, ci sono troppi insegnanti specializzati per insegnare l’italiano come LS ma non abbastanza classi e studenti iscritti ai corsi.

Allora, come aumentare gli studenti e i corsi di lingua italiana in tutte le scuole? Per promuovere la lingua-cultura italiana occorrono docenti motivati, ma innanzitutto servono risorse finanziarie strutturali, con un quadro di continuità e stabilità; quindi, bisogna investire tempo e soldi. Gli investimenti sulla lingua offrono guadagni superiori a quelli capitalizzati, perché il finanziamento accordato all’espansione dell’italiano ritorna centuplicato, favorendo l’economia e il turismo in Italia. Trovo molto triste che nel sistema scolastico più grande della Nazione, NYC, ci siano poche scuole che offrono l’italiano. Perciò, sia i politici e sia i diplomatici dovrebbero interagire con le scuole pubbliche, non solo con le private. In questo modo si creano connessione e dialogo, ottenendo visibilità italiana negli istituti scolastici esteri, cosa che renderà la nostra lingua e cultura più attraente per gli studenti e per gli amministratori delle scuole.

E’ chiaro che nello Stato di New York il numero degli studenti di italiano è il più alto nella Nazione, e per questo si devono ringraziare le associazioni dell’AIAE, l’AATI e dello IACE, e la diplomazia della famiglia Cuomo, che è sempre stata coinvolta nella promozione della lingua e cultura italiana.

Filomena Fuduli Sorrentino, calabrese, dal 1983 vive nel Long Island. Laureata alla SUNY con un AAS e in lingue alla NYU con un BS e un MA, è abilitata dallo Stato di New York all’insegnamento K-12 in italiano, ESL e spagnolo. Insegna dal 2003 lingua e cultura italiane nelle università come adjunct professor e come docente di ruolo in una scuola media del Newburgh ECSD. (La Voce di New York)

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