Il documento conclusivo “Lingua e cultura italiana nel mondo”, un’indagine di Commissione Cultura e CQIE

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(24/10/2017) Il Comitato per le questioni degli italiani all’Estero e la Commissione Cultura del Senato hanno realizzato un’indagine conoscitiva sullo stato di diffusione della lingua e della cultura italiana nel mondo.

Il documento scaturito dall’indagine è stato approvato dalla Commissione e dal Comitato nella seduta del 18 ottobre.

Dall’indagine  emerge la richiesta di una politica linguistica di qualità, di una “cabina di regia” che, tuttavia, sarebbe inutile senza un approccio sistematico nella raccolta dei dati e nello studio dei bisogni, senza una valutazione di efficacia degli strumenti e degli obiettivi che devono essere regolarmente monitorati con premi e sanzioni.

Emerge inoltre una critica all’insistenza relativa alla promozione della lingua in relazione al turismo e all’economia in generale. Cosa che si rivela come sintomo di povertà culturale, contrastando con l’attenzione riservata al nostro modello di Istruzione, come si evince dall’indagine medesima.

E’ stata, inoltre, sottolineata la politica di risparmi che ha investito la promozione e la diffusione dell’italiano nel mondo.

Due, in conclusione, gli elementi importanti emersi dall’indagine:

– da un lato, la grande varietà di richieste e di esperienze che caratterizza le differenti aree geografiche e il consolidamento di una nuova tipologia di emigrati, che si affianca all’emigrazione di vecchia data;

– dall’altro, il fatto che la richiesta di più lingua e cultura italiana è stata significativamente affiancata dalla richiesta di formazione italiana, con ciò riconoscendo un valore speciale al sistema formativo italiano non solo per i metodi all’avanguardia nell’educazione dell’infanzia e nell’integrazione, ma anche (e questo non dovrebbe stupire) per la tradizione culturale improntata allo sviluppo della logica e del pensiero critico, che ci derivano dall’impianto liceale ormai patrimonio solo di alcuni Paesi europei, tra cui il nostro.

Questo il testo integrale:

Di seguito il testo integrale.
1. MOTIVAZIONE, AMBITI E FINALITÀ DELL’INDAGINE RISPETTO ALLA LEGISLAZIONE VIGENTE
La 7a Commissione e il Comitato per le questioni degli italiani all’estero hanno deciso di avviare congiuntamente, il 3 e il 10 luglio 2013, una indagine conoscitiva sulla diffusione della lingua e della cultura italiana all’estero, tema al tempo stesso antico e moderno, che investe strumenti non accessori di politica estera e diplomazia culturale. Alla base di tale iniziativa c’è la considerazione per cui l’italiano è una lingua quantitativamente debole, ma culturalmente forte, alla stregua di francese e tedesco, mentre l’inglese o altre lingue attraverso cui si veicola la maggior parte della comunicazione mondiale sono anche quantitativamente forti.
Attualmente, gli strumenti di promozione della cultura italiana all’estero sono piuttosto frammentati su una pluralità di competenze, distribuite fra il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e altri soggetti di rilievo, la cui interazione non è sempre efficace. Nel circuito operano altresì due università italiane per stranieri (a Perugia e a Siena), nonché la società Dante Alighieri, con le sue numerose articolazioni all’estero.
A livello legislativo si è tuttavia fermi alla riforma, operata con la legge n. 401 del 1990, degli istituti italiani di cultura all’estero, la cui istituzione risale addirittura al 1926. Da un primo confronto con le diverse realtà internazionali, è emersa l’esigenza di una razionalizzazione dell’attuale frammentazione del sistema italiano, che consenta un migliore collegamento fra settori diversi, ugualmente interessati al tema. Lo scopo della procedura è stato dunque quello di partire dal lavoro già svolto nella XVI legislatura dalle Commissioni esteri e cultura della Camera dei deputati in un’analoga procedura informativa, acquisendo i contenuti delle audizioni compiute in quella sede, integrandole in un contesto nuovo, onde poi valutare con quali strumenti proporre di ottimizzare la diffusione della lingua e della cultura italiana all’estero, eventualmente anche attraverso un intervento legislativo di modifica della legge n. 401 del 1990. Detta legge ha demandato al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale la responsabilità istituzionale della promozione e della diffusione all’estero della cultura e della lingua italiana, ferme restando le competenze della Presidenza del Consiglio dei ministri e delle singole amministrazioni: tali funzioni attengono tanto alla definizione di obiettivi ed indirizzi di politica culturale quanto al coordinamento dell’azione delle altre Amministrazioni interessate alla promozione della cultura italiana.
E’ in virtù della legge n. 401 del 1990 che spetta al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale l’istituzione e l’eventuale soppressione degli Istituti italiani di cultura all’estero, la cui attività è sottoposta all’indirizzo e alla vigilanza dell’Amministrazione degli affari esteri tramite le Rappresentanze diplomatiche e gli Uffici consolari. Gli Istituti di cultura svolgono compiti di diffusione e promozione della cultura e della lingua italiana all’estero e costituiscono un momento di collegamento con istituzioni, enti e personalità del mondo culturale e scientifico del Paese ospitante, anche per favorire proposte e progetti per la conoscenza della cultura e della realtà dell’Italia contemporanea. Compete inoltre agli Istituti la promozione di manifestazioni culturali e mostre, nonché di iniziative volte alle comunità italiane all’estero, per favorire sia la loro integrazione nel Paese ospitante che il rapporto culturale con la patria d’origine. Rientra nelle competenze degli Istituti assicurare il sostegno a studiosi e studenti italiani nella loro attività di ricerca e di studio all’estero, nonché attivare iniziative per la diffusione della lingua italiana all’estero, avvalendosi anche della collaborazione dei lettori di italiano che svolgono servizio presso le università straniere, e delle università italiane interessate a svolgere specifiche attività didattiche o scientifiche nei Paesi in cui hanno sede gli Istituti. A questo quadro vanno aggiunte le competenze in capo al medesimo Ministero in materia di iniziative scolastiche, assistenza scolastica, formazione e aggiornamento professionale per i lavoratori e i loro familiari all’estero, di cui alla legge n. 153 del 1971.
Sulla base di tale contesto sono state dunque avviate mirate audizioni, inquadrabili in alcuni filoni di indagine, che hanno permesso alla 7a Commissione e al Comitato di approfondire l’assetto vigente e di elaborare scenari e proposte, sulla base dei principali aspetti riscontrati nel corso dell’esame. Sul piano istituzionale, tenuto conto delle funzioni di cui sono titolari il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, da un lato, e il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, dall’altro, sono stati auditi, il 17 dicembre 2013, il sottosegretario per gli affari esteri Mario Giro e, il 26 gennaio 2016, il ministro dell’istruzione Stefania Giannini; quest’ultima, in qualità di senatrice, è stata uno dei promotori dell’indagine stessa. Durante tali audizioni, sono stati acquisiti dalla 7aCommissione e dal Comitato gli elementi utili per inquadrare il fenomeno a livello sia politico-normativo sia amministrativo, nel senso che oltre ad un inquadramento di prospettiva, è stata illustrata anche l’organizzazione delle due Amministrazioni di riferimento.
Sul fronte degli Esteri, il sottosegretario Giro ha precisato che l’italiano viene studiato per diletto ed è, a seconda degli anni, al quarto o al quinto posto tra le lingue più studiate. Gli istituti di cultura, che ricevono dallo Stato italiano poco più che 12 milioni di euro di contributi annui, si finanziano anche grazie ai corsi di lingua e di cultura italiana e confermano che la richiesta crescente dei corsi di lingua non si limita alla comunità degli italo-discendenti ma si estende a richieste di “nicchia” e agli studenti stranieri che vogliono frequentare le università in Italia.
La varietà di enti e istituzioni riesce ancora ad avere effetti positivi, malgrado la scarsità di risorse finanziarie determinate dalle procedure di spending review per le quali è necessario razionalizzare la rete degli istituti e delle scuole, qualificandola su base mondiale. Rivendicando l’aumento di contributi a favore dei corsi di italiano promossi dagli enti gestori, il sottosegretario Giro si è tuttavia lamentato che le norme sulla revisione della spesa abbiano ridotto le risorse a favore dei lettori d’italiano all’estero. Per quanto riguarda la Commissione per la promozione della cultura e della lingua italiana, prevista dalla legge n. 401 del 1990, ha manifestato una certa perplessità sulla sua eliminazione ad opera del decreto-legge n. 95 del 2012, ritenendo estremamente utile di attivare almeno una “cabina di regia” in cui siano trattati anche gli aspetti comuni al turismo, ma siano tenuti distinti quelli connessi all’internazionalizzazione delle imprese. Attualmente, è stato costituito un gruppo di lavoro all’interno del Ministero a seguito della soppressione del mandato alla summenzionata Commissione, di cui fanno parte anche la Società Dante Alighieri, l’Accademia nazionale della Crusca, la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) e il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR). Il sistema di promozione della lingua e della cultura richiede in ogni caso sinergie tra il Ministero degli affari esteri e altri Dicasteri, quali il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
La delegazione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è stata audita anche nella sua componente tecnico-amministrativa, tenuto conto che il 7 ottobre 2015 hanno partecipato ai lavori l’ambasciatore Cristina Ravaglia, Direttore generale per gli italiani all’estero e le politiche migratorie, e l’ambasciatore Andrea Meloni, Direttore generale per la promozione del sistema Paese del predetto Dicastero. Nel corso di tale audizione si è appreso che le stime riportate in occasione dello svolgimento degli Stati generali della lingua italiana nel mondo di ottobre 2014 calcolano 30.000 studenti nelle scuole statali e paritarie all’estero e circa 500.000 alunni frequentanti i corsi di lingua. A causa della significativa contrazione dei lettori presso le università all’estero nell’anno scolastico 2015-2016, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha cercato di operare una compensazione mediante l’aumento dei contributi destinati alle cattedre di italianistica. E’ stato inoltre segnalato che per gli studenti stranieri che vengono a studiare in Italia è necessario assicurare una adeguata formazione linguistica prima dell’arrivo in Italia, ma sul tema esistono complesse questioni relative alla certificazione.
Quanto ai corsi di lingua, originariamente destinati alle collettività italiane all’estero, e svolti per l’80 per cento all’interno degli ordinamenti scolastici stranieri, pur essendo mutato lo scopo, non altrettanto è accaduto per la loro localizzazione che si svolge nei paesi di tradizionale migrazione. Malgrado gli alunni dei corsi siano quasi 288.000, le risorse finanziarie destinate alla diffusione della lingua italiana sono state ridotte tra il 2008 e il 2014 di oltre il 60 per cento, con una inevitabile riorganizzazione e riduzione degli enti gestori che da più di 200 unità sono passati a 132.
Quanto agli aspetti legati all’istruzione, il ministro Stefania Giannini si è soffermata sull’esigenza di incrementare l’attrattività delle università italiane e sull’esenzione fiscale sulle borse di studio per Erasmus+. Ha ritenuto infatti estremamente importante incentivare i progetti Erasmus, che nel 2015 hanno registrato circa 17.000 studenti, i quali prima del loro arrivo spesso studiano l’italiano. L’insegnamento dell’italiano risulta dunque spesso un fondamentale strumento di integrazione sia per i circa 800.000 studenti non italofoni che frequentano le scuole italiane, sia per le loro famiglie a favore delle quali è necessario assicurare una educazione permanente. Fermo restando che sulla riforma delle scuole italiane all’estero il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha una delega condivisa con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, si registra circa un milione e mezzo di apprendenti l’italiano e sono 624 le unità di docenti coinvolte nella rete scolastica all’estero.
Non va dimenticato, per completare il quadro legislativo vigente, che la legge n. 107 del 2015, ha previsto una delega riguardante la selezione, destinazione e permanenza del personale all’estero, il riordino della disciplina della scuola italiana, la revisione della disciplina delle materie obbligatorie, il trattamento economico dei docenti. Il Ministro ha altresì sottolineato che la qualità dell’insegnamento all’estero non è sempre di buon livello e soprattutto nelle sedi più distanti si sente la mancanza di centri di formazione. E’ quindi fondamentale prevedere sistemi di monitoraggio e di valutazione del lavoro svolto dai docenti. Detta delega è stata esercitata con il decreto legislativo n. 64 del 2017 che ha disciplinato le scuole italiane all’estero, prevedendo anche norme specifiche sulla partecipazione di soggetti pubblici e privati al sistema della formazione italiana nel mondo (articolo 9), sulle iniziative per la lingua e la cultura italiana all’estero (articolo 10) e sugli enti gestori (articolo 11).
2. POLITICA LINGUISTICA E QUALITÀ DELLA DIDATTICA
Il ruolo della politica linguistica si è modificato nel tempo, passando dalla promozione della lingua a favore delle comunità degli emigrati italiani all’estero, alla diffusione verso settori culturali di nicchia, interessati allo studio della musica e dell’arte, per arrivare infine a un ruolo più attuale e legato alla presenza di imprese italiane nel mondo e all’interesse verso una lingua italiana “economica”.
Il 17 e 18 ottobre 2016 a Firenze si è svolta la seconda edizione degli Stati generali della lingua italiana, in concomitanza della quale è stato lanciato il nuovo Portale della lingua italiana nel mondo, quale unico canale di accesso alle informazioni e agli aggiornamenti sul tema.
Sulla politica linguistica in particolare è stato sentito in audizione, il 19 febbraio 2015, il professor Paolo Balboni, presidente del Centro linguistico di ateneo e direttore del Centro di ricerca sulla didattica delle lingue dell’Università Ca’ Foscari, che in premessa ha sottolineato la necessità di calibrare le iniziative a seconda della percezione che della lingua e della cultura italiana si ha nelle diverse realtà. Vi sono, infatti, a suo giudizio sensibili differenze tra diverse aree geografiche ed entro le stesse aree: per quanto riguarda la presenza delle comunità italiane, con l’affievolirsi del legame con le origini italiane, lo studio della lingua tende a configurarsi come un studio di élite. Al pari della maggior parte delle altre grandi lingue europee, l’italiano è “inutile” ai fini della comunicazione internazionale, dominata dall’inglese: la domanda di italiano deve, quindi, essere generata, inventata, anche perché la domanda tradizionale, legata ai discendenti degli emigranti, è destinata ad esaurirsi in tempi brevi. La domanda di italiano non si focalizza più solo sulla gloria musicale, artistica, letteraria del passato, ma riguarda l’Italia di oggi: paese manifatturiero, centro di commerci; paese dell’arte, dell’architettura e del design contemporanei; della musica, che non è solo l’opera ma anche la canzone d’autore e leggera; del cinema e del teatro italiani; della tradizione secolare nella tecnologia, anche della tecnologia dei tessuti e dei materiali.
Per una politica linguistica di qualità in un mercato delle lingue che risulta estremamente competitivo, il “prodotto” corso di lingua deve essere legato al concetto di alta qualità insito nel marchio made in Italy. Un corso di qualità porta lo studente a proseguire, livello dopo livello, e lo trasforma in un promotore dei corsi stessi: secondo il professor Balboni, la promozione più efficace è quella legata alla soddisfazione del cliente. Gli obiettivi di una politica linguistica di qualità devono essere spesso estesi ben oltre il decennio rendendo necessaria una “cabina di regia” che interagisca con il decisore politico, lo guidi nella comprensione del fenomeno e ne sia guidata con eventuali correzioni di rotta.
A giudizio del professore Balboni, più che la scarsità delle risorse è l’assenza di certezza delle stesse, la mancanza di una chiara linea politica, ciò che penalizza l’attività nel mondo degli Istituti di cultura, della Società Dante Alighieri, dei dipartimenti, dei consolati, degli enti gestori, e delle scuole. Servono strutture operative adeguate, il cui funzionamento venga monitorato sistematicamente, premiato o sanzionato sulla base del raggiungimento di obiettivi.
3. CERTIFICAZIONE LINGUISTICA
Un tema assai sentito da molti auditi è stato quello della certificazione linguistica, rappresentata anzitutto da un’attestazione formale del livello di conoscenza delle lingue, riconosciuta a livello europeo e internazionale. Essa è svincolata dai percorsi d’apprendimento e fa riferimento a parametri generali di livello di competenza descritti dal Quadro comune europeo di riferimento per le lingue (QCER) e formalizzati da soggetti terzi rispetto a chi insegna e apprende. Il QCER è uno strumento che consente, tra le altre cose, di valutare i risultati dell’apprendimento in una lingua straniera in modo confrontabile da Paese a Paese e definisce sei livelli di competenza che vanno in progressione di difficoltà dal livello A1 (o livello di contatto) al livello C2 (o livello della padronanza). Analogamente a quanto avviene per le altre lingue, i certificati di competenza in lingua italiana facilitano l’accesso all’istruzione superiore e al mondo del lavoro. Con un certificato di livello B2 (alcuni atenei richiedono il possesso del livello C1) è possibile infatti iscriversi alle università italiane senza dovere sostenere l’esame di lingua italiana.
La qualità della certificazione e la frammentazione delle offerte di studio destinate agli studenti di italiano nel mondo hanno portato il 2 dicembre 2011 alla costituzione dell’Associazione CLIQ (certificazione lingua italiana di qualità) che annovera come enti certificatori: l’Università per Stranieri di Siena e Perugia, l’Università Roma Tre e la Società Dante Alighieri. Nel febbraio del 2013, l’Associazione ha stipulato una convenzione con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale creando un nuovo sistema di certificazione unificato, che consente all’Italia di disporre di un marchio di qualità linguistica chiaramente identificabile dal pubblico straniero desideroso di studiare l’italiano. La Società Dante Alighieri attribuisce una certificazione PLIDA, l’Università per stranieri di Siena la certificazione CILS, l’Università per stranieri di Perugia la certificazione CELI e l’Università degli studi Roma Tre la certificazione IT.
La 7a Commissione e il Comitato hanno dunque svolto, il 14 maggio 2015, l’audizione dell’Associazione CLIQ, in rappresentanza della quale sono intervenuti la professoressa Monica Barni, rettore dell’università per stranieri di Siena e presidente del CLIQ, il segretario generale della Società Dante Alighieri, Alessandro Masi, la professoressa Elisabetta Bonvino, dell’università degli studi Roma tre, la professoressa Giuliana Grego Bolli, direttore del centro per la valutazione e la certificazione linguistica di ateneo dell’università per stranieri di Perugia, il professor Mario Panizza, rettore dell’università degli studi Roma tre.
Secondo gli auditi la pluralità degli enti di certificazione è connessa alla loro attività di ricerca, che si arricchisce dalla presenza di più operatori e, come avviene per la lingua inglese e per quasi tutte le altre lingue, sono i meccanismi di mercato a selezionare gli enti più prestigiosi. Secondo i rappresentanti del CLIQ, unificare gli enti di certificazione rappresenterebbe una battaglia di retroguardia, in quanto l’attività di certificazione è aperta alla competizione sul mercato, senza considerare che molte istituzioni estere si stanno attrezzando già oggi per certificare anche lingue diverse da quella madre. Tuttavia, la mancanza, negli anni, di una strategia politica imperniata su precise linee guida per la promozione della lingua e della cultura italiana, si è accompagnata a loro giudizio all’assenza di monitoraggio dei soggetti operanti nel settore, nonché all’assenza di una adeguata formazione del corpo docente in grado di incentivare gli studenti a proseguire gli studi della lingua oltre il livello di base. E’ necessario dunque puntare sia sulla professionalità dell’insegnante sia sui contenuti dell’insegnamento, nella consapevolezza anche delle diverse motivazioni che spingono gli studenti ad avvicinarsi ad una determinata disciplina.
La comprensione delle motivazioni che spingono gli stranieri a studiare l’italiano va accompagnata alla promozione dello studio della lingua e al mantenimento degli studenti per tutti i livelli di apprendimento. Al riguardo, è stato rilevato che per l’italiano si registra un forte tasso di abbandono di studenti dopo i primi livelli di studio che si spiega esclusivamente con una offerta formativa non efficiente. I corsi on line hanno consentito una diversificazione tale da essere più strettamente aderenti alle diverse motivazioni che spingono gli utenti ad avvicinarsi all’apprendimento della lingua italiana, determinando così la necessità di diversificare l’offerta didattica anche dei corsi tenuti con metodi tradizionali. Sulla formazione dei docenti, data la differenza tra la conoscenza della lingua e il suo insegnamento, è stato ribadito che in molte occasioni si ricorre a insegnanti madrelingua che non hanno una specifica formazione. In merito, i numerosi corsi di formazione per l’insegnamento dell’italiano come seconda lingua (L2) devono avere come sbocco un riconoscimento ufficiale della figura professionale. Posto che la principale problematica dell’attività di certificazione risiede nel grado di spendibilità dei titoli acquisiti e nella conseguente loro appetibilità, occorrerebbe collegare in misura maggiore i titoli ad una qualificazione in settori specialistici legati alla tradizione culturale del nostro paese. Riprendendo anche quanto elaborato dal gruppo di lavoro insediato presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per gli Stati generali sulla lingua italiana nel mondo, sono stati illustrati i progetti per l’insegnamento della lingua italiana presso la popolazione di origine ispanica che hanno riscosso un buon successo negli Stati Uniti, ed è stata ribadita l’importanza sia di attivare sinergie con altre lingue romanze, creando una rete di operatori coinvolti nella promozione della lingua italiana, sia di incentivare l’insegnamento on line e le cattedre telematiche.
4. INTERNAZIONALIZZAZIONE UNIVERSITARIA
Un ruolo senz’altro di rilievo nella diffusione della lingua italiana è giocato dalle università, attraverso la loro azione di cooperazione internazionale. Detta attività, oltre ad avere una valenza intrinseca per ciascun ateneo, atteso che il grado di internazionalizzazione è un parametro per l’assegnazione di risorse pubbliche, ha un impatto sull’azione dei due Dicasteri coinvolti, gli Affari esteri e l’Istruzione, che infatti hanno proprie strutture a ciò dedicate. I due Ministeri, la CRUI e in collaborazione con il Consorzio interuniversitario per la gestione del centro di calcolo elettronico dell’Italia Nord-orientale (CINECA) hanno creato una piattaforma interattiva che permette alle singole università di caricare direttamente gli accordi interuniversitari vigenti con atenei del resto del mondo. Essa costituisce la base conoscitiva che assicura il coordinamento di sistema Paese nelle iniziative di cooperazione universitaria svolte con l’estero e mira a ridurre i fenomeni di sovrapposizioni e/o assenze di accordi/progetti nei vari settori di attività in quanto la strategia operativa (ossia le scelte su cosa fare e dove investire) diventa mirata grazie alla visione delle iniziative già in atto.
Un’ulteriore iniziativa di stimolo nella cooperazione universitaria, è stata la costituzione dell’associazione Uni-Italia, il 30 luglio 2010, tra il Ministero degli affari esteri, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, il Ministero dell’interno e la Fondazione Italia-Cina. I centri Uni-Italia presso le ambasciate e i consolati italiani all’estero si occupano di fornire informazioni sull’offerta formativa agli studenti interessati a proseguire i propri studi in Italia, offrono supporto nelle procedure di preiscrizione e forniscono la propria assistenza alle università straniere interessate a stringere collaborazioni con le università italiane, mentre in Italia il servizio nazionale di accoglienza di Uni-Italia assiste lo studente per tutto il periodo di permanenza nel nostro Paese. In linea con le priorità geografiche e strategiche della nostra politica di promozione culturale, nel febbraio 2011 è stata conclusa un’intesa operativa tra il Ministero degli affari esteri e l’Associazione per l’internazionalizzazione del sistema universitario italiano, la partecipazione a fiere accademiche internazionali e l’attrazione di qualificati studenti dall’estero, in particolare dai Paesi ad alto tasso di crescita, in primo luogo dalla Cina (dove Uni-Italia è attiva dal 2005) e dalla fine del 2012 da Vietnam, Indonesia, Iran e Brasile.
La 7a Commissione e il Comitato hanno dunque audito i rappresentanti delle Università della Calabria e de L’Aquila, il 14 luglio 2015, in quanto esponenti di un progetto denominato “Wayne in Abruzzo”, nonché i rappresentanti del Consorzio interuniversitario Italian culture on the net (ICoN), il 30 settembre 2015.
Durante la prima audizione, alla quale hanno preso parte il professor Gino Mirocle Crisci, rettore dell’Università degli studi della Calabria, il dottor Gianpiero Barbuto, responsabile dell’ufficio speciale relazioni internazionali della stessa Università, la professoressa Anna Tozzi, pro-rettrice dell’Università degli studi dell’Aquila, il professor Raffaele De Benedictis, docente di italiano della Wayne State University di Detroit-Michigan, il professor Carlo Martinez, delegato alle relazioni internazionali dell’Università degli studi “Gabriele D’Annunzio” di Chieti e Pescara, e il dottor Pasquale Casale, organizzatore del Progetto “Wayne in Abruzzo”, è stato illustrato il summenzionato Progetto, avviato dal 2004 su iniziativa della Wayne State University di Detroit, su impulso di una grande collettività di italo-americani (circa 400 mila persone di cui molte di origini abruzzesi) ivi residenti.
Il progetto contribuisce alla conoscenza della lingua come veicolo di conoscenza anche della cultura italiana nel mondo. Esso si attua in corsi estivi di lingua italiana, presso il Comune di Gagliano Aterno in provincia dell’Aquila, rivolti a tutti gli studenti degli Stati Uniti e del Canada, dei colleges e delle High Schools che abbiano compiuto il diciottesimo anno d’età. Il Progetto “Wayne” costituisce per molti italo-discendenti la prima occasione di venire in Italia per conoscere la lingua, attraverso lezioni di apprendimento della lingua italiana, di storia romana e medioevale, di archeologia, di cultura e di cinema. Gli studenti svolgono corsi di cinque settimane con una media di sei ore al giorno. Al termine del corso ricevono un attestato di frequenza e otto crediti formativi per le loro università. Il progetto “Wayne” ha, inoltre, contribuito alla sottoscrizione di due convenzioni con l’Università dell’Aquila per la partecipazione a master e programmi di ricerca di studenti e docenti italiani a Detroit. Da tre anni a questa parte la Wayne University invia un professore di lingua inglese che prepara gli studenti dell’Università dell’Aquila e di Chieti e Pescara alla certificazione TOEFL di lingua inglese.
Sull’altro fronte, il Consorzio ICoN – rappresentato dal professor Mirko Tavoni, presidente del Consorzio, e dalla professoressa Franca Orletti, presidente del Consiglio scientifico-didattico -tenta di rafforzare le sinergie tra le istituzioni universitarie, tanto più che di esso fanno parte ben diciannove atenei, i quali costituiscono circa la metà del sistema universitario italiano. Tra le attività del Consorzio si ricordano l’attivazione di corsi di formazione on line di lingua italiana destinati a studenti stranieri residenti all’estero, nonché programmi destinati a studenti della scuola secondaria negli USA e ulteriori corsi di formazione in Argentina e prossimamente nella Federazione russa. E’ stato inoltre osservato che, sul piano legislativo, bisognerebbe favorire, con un partenariato pubblico/privato, la sinergia tra le strutture qualificate che operano nel settore della diffusione della lingua e della cultura italiana e tra queste e le imprese che promuovono il “made in Italy” nel mondo.
E’ altresì emersa la necessità di migliorare la qualità degli insegnanti di lingua italiana all’estero, che spesso non sono di nazionalità italiana, con un programma massiccio e capillare di e-learning, al quale occorre ricorrere sia per ragioni di economicità sia per ragioni qualitative.
5. RUOLO DEI DIRIGENTI SCOLASTICI ALL’ESTERO
Nell’ambito dei corsi di lingua italiana, spesso organizzati dagli enti gestori con insegnanti, in parte inviati dall’Italia e in parte formati localmente, un ruolo fondamentale spetta ai dirigenti scolastici, che possono mettere in atto azioni utili per la coerenza della didattica e il controllo dell’attività degli enti gestori stessi. Per ciò che concerne l’assegnazione dei dirigenti presso le scuole statali all’estero, si applica l’articolo 640, comma 15, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, su cui c’è comunque una competenza condivisa tra i Dicasteri degli Esteri e dell’Istruzione.
In base all’articolo 14 del decreto legislativo n. 64 del 2017, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, sono individuati i requisiti culturali e professionali per dirigenti scolastici, docenti e personale amministrativo da mandare all’estero. Per quanto riguarda le funzioni del dirigente scolastico all’estero, l’articolo 18 del suddetto decreto legislativo prevede inoltre che i dirigenti scolastici possano essere assegnati a scuole statali, ad ambasciate e a uffici consolari: in questi ultimi due casi, essi promuovono e coordinano le attività scolastiche, nell’area determinata dal Dicastero degli esteri, sulla base del titolare della sede in raccordo con gli istituti italiani di cultura. In concreto quindi le funzioni sono distinte a seconda degli incarichi: presso gli istituti scolastici statali le funzioni del dirigente scolastico possono riferirsi a quelle gestionali tipiche dell’inquadramento professionale, comprese anche le funzioni di indirizzo tipiche del consiglio d’istituto, mentre presso le rappresentanze diplomatico-consolari il dirigente scolastico esercita funzioni di promozione e coordinamento delle iniziative di diffusione della lingua e cultura italiana, nonché di supervisione e collaborazione con enti ed associazioni accreditate presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale come gli enti gestori, i consorzi interuniversitari, le associazioni private. Per la selezione dei dirigenti, come pure per i docenti e il personale amministrativo, ai sensi dell’articolo 19 del citato decreto legislativo si sceglie tra i dipendenti con contratto a tempo indeterminato con almeno tre anni di servizio attraverso un bando emanato dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca sentiti gli Esteri.
Stante questo ulteriore ambito di indagine, la 7a Commissione e il Comitato hanno svolto, il 28 luglio 2015, l’audizione di dirigenti scolastici che prestano servizio all’estero in alcune sedi specifiche: sono intervenuti il professor Aurelio Alaimo, dirigente scolastico dell’istituto statale italiano Leonardo da Vinci di Parigi, il professor Giuseppe Fierro, dirigente scolastico presso il consolato generale d’Italia a Córdoba (Argentina), e il professor Giuseppe Lo Porto, dirigente scolastico e capo ufficio istruzione presso il consolato generale d’Italia a Mosca.
L’esperienza del dirigente scolastico della scuola statale a Parigi si differenzia da un istituto nazionale soprattutto per la presenza di allievi con diverse conoscenze linguistiche che richiedono differenti e agili competenze didattiche. Questa flessibilità è sempre più necessaria in considerazione della crescente mobilità del lavoro all’interno dell’Unione europea e della conseguente crescente mobilità scolastica. L’azione del dirigente scolastico si estende anche ad attività culturali aggiuntive come i corsi di teatro e le traduzioni di libri italiani, ma la riduzione dei finanziamenti per l’istruzione all’estero ha determinato un minor numero di professori provenienti dall’Italia ed un aumento dell’incertezza e della mancanza di programmazione per la pianificazione delle attività. E’ stata peraltro segnalata la presenza di diversi contenziosi con gli insegnanti, dovuta anche ad una incoerente stratificazione nel tempo di interventi normativi e regolamentari.
Le funzioni svolte dal dirigente scolastico presso il consolato di Cordoba riguardano numerose e diverse attività che ricadono in un territorio molto esteso che comprende il distretto di Mendoza, Rosario e l’intero stato del Perù. Tra le quarantatre scuole paritarie italiane al mondo ben venti sono in America Latina sotto la vigilanza di soli quattro dirigenti scolastici. Gli strumenti di diffusione della lingua sono molteplici: scuole, corsi di lingua, corsi curriculari, ma il personale docente locale non è sempre adeguato, malgrado una domanda crescente di lingua italiana. Per questo motivo la formazione dei docenti è un tema centrale che ha avuto una buona parziale risposta dai progetti pilota avviati dalle Università di Siena e Perugia. Di grande utilità si sono rilevati i corsi di formazione online avviati dal consorzio ICoN.
In Russia vi è un’unica scuola paritaria con una presenza di studenti italiani di poco superiore al 50 per cento. Anche in questo Paese la domanda della lingua italiana è in crescita e il suo studio viene considerato sia sotto un profilo culturale sia come risorsa qualificante per il mercato del lavoro. Il potenziale di crescita della lingua italiana potrà essere realizzato in maggior misura non appena vi sarà il riconoscimento dell’italiano come credito per l’ingresso all’università.
6. LA DIFFUSIONE DELLA LINGUA E DELLA CULTURA ATTRAVERSO LE INIZIATIVE CULTURALI, LA PROMOZIONE TURISTICA, GLI ENTI ECONOMICI E GLI ORGANI DI STAMPA
Durante i lavori dell’indagine è stata rilevata la necessità di approfondire gli eventuali legami tra la diffusione della lingua, da un lato, e le politiche di promozione turistica e commerciali dall’altro, nel quadro delle attività svolte dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Il direttore generale biblioteche e istituti culturali del Dicastero dei beni culturali, dottoressa Rossana Rummo, audita dalla 7a Commissione e dal Comitato il 5 ottobre 2016, ha riferito dunque sulle iniziative culturali in atto tra cui premi letterari, potenziamento del patrimonio librario in italiano delle biblioteche delle università straniere, nonché l’iniziativa “Capitali italiane della cultura”.
È emerso altresì il tema della salvaguardia della diversità culturale, affrontato durante l’audizione del presidente della Commissione nazionale italiana per l’UNESCO, dottor Franco Bernabè, svolta il 20 settembre 2016.
È stato inoltre da più parti sottolineato che le attività all’estero meramente economiche o a fini turistici, legate alla valorizzazione di aspetti culturali nazionali, possono costituire comunque un veicolo e un incentivo per la lingua italiana nel mondo. A questo fine, la 7a Commissione e il Comitato hanno svolto, il 13 aprile 2016, l’audizione dell’Agenzia nazionale del turismo (ENIT), per la quale è intervenuto il dottor Antonio Preiti, consigliere di amministrazione, e la dottoressa Marina Cencioni, dirigente dell’ufficio programmazione e comunicazione. Sono state ricordate le iniziative svolte in collaborazione con la Società Dante Alighieri, pur in assenza di un accordo quadro che consentirebbe un approccio sistematico alla promozione della cultura italiana, soprattutto tenendo conto che oggi le competenze sul turismo sono in capo al Ministero per i beni e le attività culturali. Tale accordo è stato poi stipulato il 27 ottobre 2016, attraverso il quale sono individuate azioni condivise di promozione turistica e valorizzazione culturale attraverso la lingua italiana. Per tali scopi è stata istituita la cabina di regia formata da due rappresentanti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e un rappresentante della Società Dante Alighieri.
Si ricorda peraltro che nel 2004 l’ENIT ha stipulato un protocollo con il Ministero degli affari esteri e l’allora Ministero per le attività produttive, volto ad istituire presso le delegazioni diplomatiche tavoli di confronto fra tutte le istituzioni che si occupano di promozione della lingua e della cultura italiana, a dimostrazione dell’esigenza di assicurare una sinergia stabile tra tutti i soggetti a vario titolo coinvolti.
Ulteriori aspetti sono stati approfonditi il 26 aprile 2016 durante l’audizione dell’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (ICE), per la quale hanno partecipato il direttore, dottor Roberto Luongo, accompagnato dal dottor Antonello Canale, funzionario. Nella consapevolezza della intrinseca connessione tra promozione commerciale del sistema Paese italiano e diffusione e conoscenza della lingua e cultura, sono state illustrate le azioni messe in campo negli ultimi tre anni tra istituti italiani di cultura e uffici locali dell’Agenzia ICE in differenti settori, quali l’audiovisivo, l’editoria, la cinematografia, il settore agroalimentare, quello del design e del restauro e la lingua italiana in senso stretto. Essendo la peculiarità dell’Italia imperniata sullo stretto legame tra economia e cultura, i rappresentanti dell’ICE hanno sottolineato come il fattore culturale sia suscettibile di apportare un sostegno decisivo anche rispetto a settori produttivi apparentemente molto lontani. È stato peraltro richiamato il ruolo della Cabina di regia per l’Italia internazionale, la quale individua periodicamente anche le aree geografiche considerate un obiettivo strategico.
Particolare rilievo è stato dato al tema delle interrelazioni tra i soggetti interessati, che hanno segnato rispetto agli scorsi anni un significativo aumento, anche se sussistono ulteriori margini di miglioramento dal punto di vista del sempre maggiore coordinamento delle iniziative. Si sono verificati dei progressi dal punto di vista della collaborazione tra livello statale e le regioni e gli enti locali, anche legate alla ridefinizione dei compiti e delle risorse regionali stanziate. In aggiunta a ciò, sono state avviate attività in stretto raccordo con la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) e con i Politecnici e le facoltà di ingegneria, oltreché con enti di formazione di eccellenza nel campo del restauro.
Un approfondimento specifico ha poi riguardato la funzione di diffusione della lingua svolta dalle agenzie e dagli organi di stampa, che la 7a Commissione e il Comitato hanno appreso attraverso tre mirate audizioni dei rappresentanti di RAI World, dell’Agenzia nazionale stampa associata (ANSA) e della Federazione unitaria stampa italiana all’estero, svolte, rispettivamente l’11 maggio 2016, il 17 maggio 2016 e il 25 maggio 2016.
Il direttore di RAI World, Piero Corsini, ha dato conto dei programmi realizzati dall’azienda sia per la promozione della storia italiana, sia per la diffusione della lingua, anche in collaborazione con la Società Dante Alighieri, evidenziando gli obiettivi di internazionalizzazione. Si è dunque soffermato sulla trasmissione di opere liriche, di programmi dedicati al teatro e alla prosa, sottolineando comunque che non ci sono programmi sottotitolati in lingua locale.
Il dottor Stefano Polli, vice direttore dell’area internazionale dell’ANSA, ha posto l’accento anzitutto su una certa anomalia italiana, per la quale – rispetto ad altri Stati – non c’è un’unica grande agenzia nazionale, pur essendo l’ANSA una delle più grandi, in grado di assicurare una presenza capillare. Egli ha poi rilevato che i cambiamenti dell’informazione consentono oggi di realizzare maggiori sinergie, anche se per esportare la cultura italiana occorre a suo giudizio uno scatto culturale; in tale contesto, ad esempio, il sito ANSAMED costituisce un rilevante strumento di dialogo. Ha comunque affermato che tali mezzi potrebbero essere sfruttati maggiormente e che potrebbero essere instaurate relazioni più forti con le università, le istituzioni economiche e culturali.
Per la FUSIE, il presidente Giangi Cretti e il segretario generale Giuseppe Della Noce hanno a loro volta enfatizzato i mutamenti nel modo di produrre e di fruire delle informazioni, determinato dalle nuove tecnologie. La stampa italiana all’estero non ha più una semplice funzione di servizio rivolto alle comunità locali, spesso in sostituzione delle istituzioni, ma deve assolvere sempre più un ruolo di diffusione della lingua e della cultura italiana. Per svolgere tale compito è necessario tra l’altro affrontare le potenzialità e i rischi dell’informazione via web, anche se non possono essere assicurate funzioni didattiche in senso stretto.
7. LE ESPERIENZE ACQUISITE MEDIANTE I SOPRALLUOGHI ALL’ESTERO
Volendo acquisire anche dati di prima mano, durante l’indagine conoscitiva sono state organizzate alcune missioni. Nel corso della visita in Argentina e Brasile e Venezuela, nel febbraio del 2015, la delegazione del Comitato per le questioni degli italiani all’estero e della 7a Commissione ha incontrato i dirigenti scolastici, gli enti gestori delle scuole e dei corsi di lingua italiana, i direttori degli istituti di cultura.
La cooperazione culturale tra Italia e Argentina è disciplinata dall’Accordo di cooperazione culturale, siglato a Roma il 19 aprile 2007. In Argentina, dove lo studio della lingua italiana è molto diffuso, gli istituti italiani di cultura si trovano a Buenos Aires e a Cordoba. Gli Uffici consolari confermano che la domanda di corsi di lingua italiana continua ad essere molto elevata e la maggioranza di essi registra una crescita costante del numero di studenti (nel 2013 gli alunni erano 130.796).Tra le motivazioni più ricorrenti vi sono la ricerca delle radici e delle origini culturali dei propri familiari, la possibilità di studio in Italia e l’utilizzo della lingua italiana in ambito lavorativo, in particolare nel settore turistico. Molti sono i corsi offerti dalle numerose associazioni italiane; su essi è difficile reperire informazioni affidabili e i loro standard didattici non possono essere paragonati a quelli offerti da centri istituzionali, come gli istituti di cultura o la Dante Alighieri. In Argentina vi sono 6 scuole paritarie (su 43 nel mondo e 16 nelle Americhe). Nell’anno scolastico 2013/14 gli alunni delle scuole paritarie sono stati 4.424. Queste scuole sono spesso il riferimento anche per la popolazione argentina, che apprezza sia l’offerta formativa sia la possibilità di conseguire il doppio titolo di studio. Le scuole paritarie provvedono autonomamente al reperimento dei docenti, il cui contratto è disciplinato dalla legislazione locale. I dirigenti scolastici e le rappresentanze diplomatico-consolari esercitano una funzione di vigilanza e di controllo sugli insegnanti, soprattutto in merito ai titoli di studio e alle qualifiche possedute. Nel 2014 i docenti a contratto degli enti gestori in Argentina sono stati 842, per un totale di 56.000 allievi; questo dato riguarda sia le scuole paritarie, sia i corsi di lingua italiana svolti nelle scuole locali a cura della Direzione generale italiani all’estero.
Nelle università i dipartimenti di italianistica sono 5: l’Università di La Plata, (260 studenti), Bahia Blanca, (97 studenti), l’Università Nacional de Rosario. Le cattedre di italiano sono 16 e, in totale, gli studenti universitari di italiano nell’anno accademico 2012/2013 sono stati 2.893.
Nel Paese operano inoltre 110 comitati Dante Alighieri che nel 2013 hanno svolto corsi per 65.363 studenti. Dieci tra questi comitati, oltre ai corsi di lingua e cultura italiana, offrono la possibilità di usufruire della certificazione PLIDA. Malgrado l’immenso amore per l’Italia e la sua cultura manifestato dalla popolazione argentina, la diffusione e la conoscenza della lingua italiana stanno però riducendosi sensibilmente. Trovare persone che parlino un buon italiano è sempre più difficile, soprattutto nelle nuove generazioni. Uno dei fattori principali di questo fenomeno è sicuramente l’aver escluso l’italiano come materia curriculare scolastica. L’università Nazionale di La Plata, quarto ateneo del paese e principale punto di riferimento per l’insegnamento universitario di tutta la provincia di Buenos Aires, non prevede un percorso di studi per la formazione di docenti di lingua e cultura italiana, così impedendo la formazione di insegnanti qualificati locali. Le limitazioni all’importazione imposte dal Governo argentino e i tassi di cambio sfavorevoli hanno, inoltre, determinato negli ultimi anni la difficoltà a reperire materiali per lo studio e l’insegnamento dell’italiano.
L’Istituto di cultura di Buenos Aires (IIC) svolge corsi di lingua (61 nel 2013 con 613 studenti) con un guadagno netto, nel 2014, di 50.000 euro e attestando la percentuale di autofinanziamento dell’istituto al 35 per cento sulle entrate complessive. L’IIC di Buenos Aires ha stipulato una convenzione con le Università per stranieri di Perugia (CELI) e di Siena (CILS) e l’IIC di Cordoba è convenzionato con l’Università per stranieri di Siena per la certificazione della conoscenza della lingua italiana (CILS). Presso la sede dell’IIC è presente l’Università di Bologna, unica sede di una università italiana all’estero, che organizza un master integrato nel sistema universitario argentino.
Per promuovere la diffusione della lingua italiana nelle scuole, sono state stipulate convenzioni tra consolati e autorità locali, a favore di alunni italiani o di origine italiana frequentanti scuole locali e seguiti anche da allievi di altra nazionalità. In genere, l’accordo prevede un contributo per la formazione dei docenti e per la fornitura di materiale didattico. L’attuazione della convenzione è affidata a un ente gestore, scelto dal capo dell’ufficio consolare, sentito l’ufficio scolastico. Per quanto riguarda gli insegnanti argentini, la conoscenza della lingua italiana deve essere almeno pari al livello C1, anche se gli enti gestori incontrati nel corso della missione hanno evidenziato più volte le criticità relative alla formazione e al reperimento degli insegnanti provenienti dall’Italia.
La cooperazione culturale tra Italia e Brasile è regolata dall’Accordo di cooperazione culturale firmato a Roma nel 1997. Il Brasile rappresenta un immenso bacino per la diffusione della lingua e della cultura italiana: si stima che nel Paese circa 59.000 persone studino la nostra lingua. Di queste, circa 3.089 sono studenti universitari. Numerosi studenti brasiliani vengono a studiare in Italia grazie al programma brasiliano “Scienze senza frontiere”, finanziato dall’iniziativa “Lingue senza frontiere”, finalizzata ad una migliore formazione linguistica dei candidati brasiliani al programma di scambio con le università straniere. Nelle scuole pubbliche dello Stato di Rio de Janeiro, la lingua italiana partecipa altresì al programma “Dupla Escola”, con l’obiettivo di attivare corsi d’italiano tecnico in materie come il design e il turismo. Presso l’Università statale di San Paolo un lettore ministeriale italiano tiene corsi seguiti da quasi 200 alunni, dei 300 totali iscritti ai corsi di italiano. Purtroppo, presso l’Università di São Josè do Rio Preto, il posto di lettorato è stato soppresso nel 2014.
In Brasile sono presenti due scuole italiane paritarie: a San Paolo e a Belo Horizonte. Nella circoscrizione consolare di San Paolo l’italiano è inserito nel curriculum scolastico di alcune scuole pubbliche (1.660 alunni), mentre quasi 7.000 alunni lo studiano in corsi extracurricolari. Nel 2013 l’Istituto di cultura di Rio de Janeiro ha organizzato 132 corsi per 1282 studenti, con un incremento del 21,37 per cento rispetto all’anno precedente. Presso lo stesso istituto vengono svolti esami di certificazione dell’italiano, in convenzione con l’Università per stranieri di Siena (CILS) e con l’Università per stranieri di Perugia (CELI).
Al Consolato generale di San Paolo opera l’unico dirigente scolastico assegnato in Brasile e svolge funzioni di coordinamento dei corsi di lingua e cultura italiana, in parte finanziati dal MAECI e gestiti da enti e associazioni che operano nella circoscrizione consolare; svolge, inoltre, funzioni di supporto e controllo della scuola italiana paritaria di San Paolo e di promozione, coordinamento e assistenza all’insegnamento della lingua e cultura italiana nelle scuole locali pubbliche e private che operano nella circoscrizione consolare. Segue, infine, le attività di formazione dei docenti di lingua e cultura italiana nei corsi e nelle scuole pubbliche locali. A San Paolo l’ente gestore FECIBESP organizza la formazione per i docenti delle scuole municipali per circa 500 docenti.
Nel corso di una missione svoltasi negli Stati Uniti nel mese di giugno 2016, una delegazione di Senatori delle due Commissioni si è recata a Washington, dove ha incontrato l’ambasciatore d’Italia, Armando Varricchio, i rappresentanti di alcuni Enti italiani e dell’Istituto italiano di cultura e la Comunità degli italiani all’estero. La delegazione ha inoltre visitato la “Walter Johnson High school”, assistendo a una lezione d’italiano e ha incontrato il neoeletto Comites di Washington. A New York la delegazione, dopo una visita alla scuola italiana “Guglielmo Marconi”, ha incontrato i membri dell’Istituto italiano di cultura, dell’ente gestore e dell’ICE e quindi, a seguire, i rappresentanti della collettività italiana, del CGIE, dei COMITES e degli enti impegnati nella diffusione della lingua italiana. Anche a Chicago, presso Casa Italia, si sono svolti incontri con autorevoli esponenti dell’Istituto italiano di cultura, nonché degli enti gestori.
Durante la visita è emerso il ruolo strategico che la nostra diplomazia culturale riveste negli Stati Uniti, grazie a una costante trasmissione di un’immagine valida e moderna dell’Italia.Al rinnovato e diffuso interesse per la cultura italiana, contribuisce la presenza di una Comunità italiana e italo-americana pienamente integrate e attive nel tessuto sociale, anche ai più alti livelli. Il numero di iscritti ai corsi d’italiano è in costante aumentoe l’Italia è il secondo Paese di destinazione – dopo la Gran Bretagna – per gli studenti americani che si recano all’estero. Purtroppo, però, all’aumento del numero degli iscritti nelle scuole superiori, non corrisponde un incremento degli studenti in lingua e cultura italiana nelle università americane; questo fenomeno è imputabile, forse, al minor richiamo delle lingue romanze, ma anche alla mancanza di una forte attività promozionale sostenuta dall’elargizione di borse di studio. Al riguardo, alcuni professori incontrati presso le università americane hanno sottolineato la necessità di promuovere il “Made in Italy” nell’ambito della formazione universitaria: la spendibilità della laurea in lingua italiana e, di conseguenza, il richiamo verso il suo studio, potrebbero essere incrementate integrando la dimensione universitaria con quella aziendale, con la promozione di tirocini presso aziende italiane negli Stati Uniti o in Italia. E’ emersa, inoltre, la necessità di coordinare le attività specifiche dei singoli atenei americani in una strategia integrata di lungo periodo ad indirizzo governativo.
Come già rilevato in Sud America, anche negli Stati Uniti è stata segnalata la scarsità di docenti madrelingua italiani, abilitati e qualificati, per far fronte alle crescenti esigenze del sistema scolastico americano. L’attività degli Istituti di cultura, seppur pregevole, sembra condizionata dall’impossibilità di promuovere corsi di lingua in gestione diretta e di ricevere contributi e finanziamenti anche da cittadini e società americane. Differentemente da quanto accade in Europa o in Sud America, i 12 enti gestori italiani presenti negli Stati Uniti sono associazioni senza scopo di lucro – incorporati nel sistema delle società no-profit americane – che beneficiano di uno speciale regime fiscale denominato Internal Revenue Code. In stretta collaborazione con l’ufficio del dirigente scolastico istituito presso i consolati locali, tali enti promuovono la diffusione della lingua italiana nelle scuole primarie e secondarie americane.
Negli Stati Uniti le scuole italiane sono tre – tutte private – ed hanno sede a New York, Chicago e San Francisco. A New York la Guglielmo Marconi è l’unica scuola paritaria negli Stati Uniti ed offre un programma scolastico che va dalla scuola per l’infanzia al liceo scientifico quadriennale estero. Gli alunni attualmente sono 261, i docenti 44. Il nuovo board della scuola ha avviato un’ardita operazione finanziaria per l’acquisto di una nuova e più ampia sede, a Columbus Circle, con una potenzialità fino a 600 allievi. A Chicago con il prossimo anno scolastico avvierà la sua attività la scuola italiana per l’infanzia Enrico Fermi. La scuola procederà progressivamente verso le classi elementari ed oltre ispirando il suo programma scolastico al metodo di Reggio Emilia. Nell’immediato la scuola lamenta una carenza di fondi ed è prevista in futuro una criticità nel reperimento di insegnati abilitati e con esperienza pregressa.
L’Osservatorio della lingua italiana, istituito nel 2013, è apparso uno strumento di grande utilità: svolge un’azione di indirizzo, elaborazione di strategie, monitoraggio e coordinamento di tutte le attività finalizzate alla diffusione dell’italiano negli USA e al miglioramento della qualità dell’insegnamento.Ad esso si affiancano gli Osservatori locali istituiti presso le sedi consolari. L’Osservatorio si avvale della collaborazione degli uffici scolastici e degli Istituti italiani di cultura e ne fanno parte i presidenti degli Enti gestori e dei Comites, i rappresentanti delle più importanti associazioni dei docenti e delle università americane ed italiane, nonché le maggiori associazioni italiane ed italo-americane.
Grazie a una costante promozione del programma e al finanziamento di tre milioni di dollari da parte del Governo italiano e delle associazioni italo-americane, nel sistema delle scuole superiori americane è stato reso permanente l'”Advanced placement” (AP); si tratta di un esame di lingua italiana che gli studenti americani delle High school debbono sostenere al fine di certificare la loro eccellenza in questa materia e maturare crediti spendibili in molte università americane e straniere. L’AP sulle competenze raggiunte nell’apprendimento della lingua e cultura italiana è considerato al pari di un esame universitario. Nel 2015 sono stati sostenuti 2.573 esami in 465 scuole americane.
Nel corso della missione svoltasi in Australia dal 19 al 25 settembre 2016, la delegazione del Comitato per le questioni degli italiani all’estero ha avuto in particolare modo di approfondire il tema dello stato di diffusione della lingua e della cultura italiana. La delegazione ha incontrato l’ambasciatore d’Italia Pier Francesco Zazo, i consoli generali di Sidney Arturo Arcano e di Melbourne Marco Cerbo, i dirigenti scolastici, gli enti gestori delle scuole e dei corsi di lingua italiana, i direttori degli istituti di cultura, numerosi rappresentanti della comunità italiana e diversi esponenti politici e istituzionali australiani di origine italiana. E’ stata inoltre visitata la scuola italiana bilingue di Sidney e sono stati incontrati a Melbourne gli insegnanti di italiano dello Stato del Victoria. La scuola italiana bilingue di Sidney, fondata nel 2002, conta attualmente circa 150 alunni ed è articolata in un numero uguale di ore di lezione in italiano e in inglese (12 e 12).
La Delegazione ha partecipato alla Conferenza Italians Down Under che si è svolta presso la sede dell’Ambasciata a Canberra il 23-24 settembre 2016 e che ha dedicato uno specifico gruppo di lavoro al tema delle “strategie per rafforzare la presenza della lingua e della cultura italiana in Australia”.
Negli incontri è emersa una realtà diffusa e dinamica dell’insegnamento nel paese della lingua italiana, che è una delle tredici lingue straniere che si possono insegnare nel curriculum australiano. Alla data del 31 Maggio 2016, dopo ampie negoziazioni, sono stati firmati i Memorandum of Understanding con tutti gli Stati, che nel sistema istituzionale australiano detengono la competenza sull’istruzione: Victoria (20 gennaio 2014), South Australia (26 agosto 2015), Queensland (16 febbraio 2016), New South Wales (11 Maggio 2016), Western Australia (18 Maggio 2016), Australian Capital Territory (31 Maggio 2016). Nei MoU vengono stilati gli accordi quadro di collaborazione per il sostegno all’insegnamento dell’italiano a livello curricolare. Il fatto che ogni Stato abbia la propria specifica organizzazione in tema di istruzione costituisce un aspetto problematico per la diffusione uniforme dell’insegnamento dell’italiano in tutto il paese.
Pur in presenza di criticità che ne impediscono un ulteriore sviluppo, l’italiano rimane la seconda lingua straniera più studiata in Australia dopo il cinese. Nello specifico, secondo i dati dell’Ambasciata di Canberra, sono oltre 320.000 gli studenti, tra corsi curricolari ed extracurricolari nelle scuole, insegnamenti nelle università e molteplici corsi privati diffusi su tutto il territorio. Nella sola scuola primaria risultano 180.000 studenti di italiano e si è verificato che essi non appartengono solo a famiglie di origine italiana (circa 1 milione di cittadini nel paese), indice del carattere particolarmente attrattivo che la nostra lingua ha nell’Australia contemporanea, dove si sta verificando un cambiamento della percezione della lingua e della cultura italiana.
Si registra tuttavia un notevole decremento di studenti di italiano nel passaggio da scuola primaria a secondaria, e da secondaria a terziaria. La mancanza di continuità costituisce la principale criticità dell’insegnamento dell’italiano ed essa è dovuta a una molteplicità di fattori: la riduzione di fondi pubblici sia a livello federale, sia a livello statale-territoriale, sia da parte del governo italiano; la tendenza da parte di alcuni presidi delle scuole a ridurre i corsi curricolari di lingue; la tendenza da parte dell’attuale governo australiano a incoraggiare l’insegnamento delle lingue asiatiche a scapito di quelle europee. Inoltre per accedere alle università australiane sono richieste conoscenze maggiormente orientate alla matematica e alla scienza, a scapito dell’area umanistica e delle lingue. Attualmente l’italiano è insegnato in 21 università australiane, anche se non tutte offrono anche programmi di studio post laurea e di dottorato. Per favorire la continuità e la progressione dell’insegnamento dell’italiano sarebbe necessario potenziare la metodologia CLIL (Content and Language Integrated Learning), ovvero l’apprendimento integrato di lingua e contenuto e la possibilità di usare l’italiano come lingua cross-curricolare, in modo da rendere più pervasivo l’uso della lingua. Infatti se nelle scuole bilingui presenti in Australia l’italiano è impiegato per circa 450 minuti alla settimana, nelle altre scuole difficilmente si superano i 60 minuti alla settimana, carenza che determina una debolezza oggettiva per la promozione della lingua e della cultura italiana.
Tra i problemi che impediscono una maggiore diffusione della nostra lingua è emersa la carenza di insegnanti e assistenti linguistici provenienti dall’Italia, anche a causa della normativa australiana sui visti di ingresso che non consente una permanenza duratura nel Paese. Nel corso degli incontri che la delegazione ha svolto con rappresentanti del Governo e del Parlamento australiano, sia a livello federale che statale, è stata dunque avanzata la proposta di istituire un visto speciale, per periodi che superino i normali due anni, per i docenti di italiano che si recano in Australia (education visa) che verrebbe incontro all’esigenza di aumentare l’offerta formativa di corsi di italiano. La proposta è stata successivamente discussa in occasione della visita in Australia del sottosegretario di Stato agli affari esteri Vincenzo Amendola nel novembre 2016. Nell’ottica dei rapporti bilaterali, assume rilievo il riconoscimento da parte del Governo australiano della qualifica dei docenti italiani, che attualmente invece devono acquisire titoli australiani per poter insegnare.
Nella Conferenza Italians Down Under è stata anche proposta l’istituzione di un network nazionale per i docenti di lingua e cultura italiana per coordinare e promuovere le metodologie e le pratiche di insegnamento, reperire anche on line risorse didattiche più moderne e interattive, accedere a percorsi di aggiornamento professionale.
Una particolare attenzione è stata inoltre data alla necessità di sviluppare strategie di promozione della lingua e della cultura attraverso strumenti creativi che offrano un’immagine innovativa e dinamica dell’Italia e rafforzino la motivazione, in particolare tra le nuove generazioni, a studiare l’italiano con continuità. A tale finalità potrà contribuire la consistente comunità di giovani qualificati che negli ultimi anni si è trasferita in Australia per motivi di studio o di lavoro.
8. CONCLUSIONI, QUESTIONI APERTE E PROPOSTE
Le seguenti osservazioni sono il frutto di un duplice lavoro: l’esame dell’attuale disciplina delle scuole e della promozione della lingua e cultura italiana all’estero (così come prevista dal decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 64) e le informazioni raccolte nel corso dell’indagine conoscitiva svolta dal Comitato per le questioni degli italiani all’estero e dalla 7a Commissione.
Lo stretto legame tra cultura ed economia è stato più volte evocato: la dimensione culturale porta infatti un sostegno decisivo a molti settori produttivi. Tuttavia una eccessiva insistenza della promozione della lingua in funzione del turismo e dell’economia in generale appare il sintomo di povertà culturale e sembrerebbe in contrasto con una inaspettata constatazione, raccolta nel corso dell’indagine: la grande attenzione al modello d’istruzione del nostro Paese.
È emersa altresì con chiarezza la richiesta di una politica linguistica di qualità, di una “cabina di regia” che, tuttavia, sarebbe inutile senza un approccio sistematico nella raccolta dei dati e nello studio dei bisogni, senza una valutazione di efficacia degli strumenti e degli obiettivi che devono essere regolarmente monitorati con premi e sanzioni.
La mancanza di una linea politica linguistica e culturale chiara è stata evidente nell’interpretazione ragionieristica delle misure di contenimento della spesa adottate, misure subite e che non sono riuscite a contenere gli sprechi senza operare tagli lineari. Si è avuta altresì la sensazione che le risorse private mobilitate nel circuito siano occasionali e non siano in grado di contribuire stabilmente al sistema di promozione culturale italiano. Ad ogni modo, un segnale positivo del rinnovato interesse pubblico è rappresentato dall’articolo 1, comma 587, della legge n. 232 del 2016, che ha istituito, nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, un fondo da ripartire con una dotazione finanziaria di 20 milioni di euro per l’anno 2017, di 30 milioni di euro per l’anno 2018 e di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, per il potenziamento della promozione della cultura e della lingua italiane all’estero. Gli interventi concretamente da finanziare saranno definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Inoltre, sono stati stanziati 4 milioni di euro a decorrere dall’anno 2017 per la promozione della lingua e della cultura italiane all’estero, con particolare riferimento al sostegno degli enti gestori di corsi di lingua e cultura.
L’indagine ha fino ad ora messo in rilievo due importanti elementi:
– da un lato, la grande varietà di richieste e di esperienze che caratterizza le differenti aree geografiche e il consolidamento di una nuova tipologia di emigrati, che si affianca all’emigrazione di vecchia data;
– dall’altro, il fatto che la richiesta di più lingua e cultura italiana è stata significativamente affiancata dalla richiesta di formazione italiana, con ciò riconoscendo un valore speciale al sistema formativo italiano non solo per i metodi all’avanguardia nell’educazione dell’infanzia e nell’integrazione, ma anche (e questo non dovrebbe stupire) per la tradizione culturale improntata allo sviluppo della logica e del pensiero critico, che ci derivano dall’impianto liceale ormai patrimonio solo di alcuni Paesi europei, tra cui il nostro.
Anche alla luce di questi importanti risultati, la revisione del sistema di istruzione e promozione della lingua e cultura italiana all’estero può essere un’importante occasione di cambiamento oppure può portare al consolidamento di un’impostazione vecchia. Si realizza la prima ipotesi affermando il legame tra il sistema scolastico in Italia con quello impiantato all’estero, utilizzando la rete estera e il contingente ad essa dedicato sia come strumento di diffusione del sistema formativo italiano sia come fonte di internazionalizzazione delle scuole italiane, implementando lo scambio di studenti e insegnanti al fine di contribuire al rafforzamento della conoscenza della lingua italiana all’estero e delle lingue straniere in Italia. In questo cambiamento può essere determinante il coinvolgimento del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca in un ruolo più attivo e propositivo, mentre affidare l’iniziativa sul campo e il controllo delle scuole e del contingente solo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale consolida la vecchia impostazione.
Vale la pena portare a conoscenza di tutti che sul territorio nazionale sono stati fatti molti passi avanti per un’evoluzione della scuola statale italiana nella direzione di una sempre maggiore internazionalizzazione dei percorsi e dei titoli di studio. Solo a titolo di esempio:
– l’introduzione del Content and Language Integrated Learning (CLIL), ossia l’insegnamento di discipline in lingua straniera, reso obbligatorio in tutte le scuole secondarie di secondo grado, e il conseguente investimento in formazione dei docenti;
– la partecipazione a programmi di scambio europei, in un variegato quadro delle attività dell’Unione europea, tra cui Erasmus+ che riguarda sia la mobilità dello staff, dei docenti, dei dirigenti scolastici, del personale di segreteria, sia la mobilità degli studenti;
– l’attivazione di percorsi integrati nel curriculum dei licei statali attraverso apposite convenzioni, come l’EsaBac (il cui volume di attività risulta chiaramente dai dati disponibili sul sito internet del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca) oppure i licei Cambridge (una modalità di insegnamento con docenti inglesi, abilitati nei luoghi di origine, che quindi utilizzano libri e metodologie didattiche inglesi).
Questi percorsi andrebbero consolidati e l’esperienza all’estero è quella che maggiormente può rafforzare le conoscenze linguistiche necessarie per affrontare il CLIL e più in generale implementare la conoscenza delle lingue straniere nella popolazione scolastica nazionale e consentire agli insegnanti di entrare in contatto con sistemi scolastici differenti per sperimentare forme di curricula misti.
Attualmente, pur insistendo sul coordinamento tra il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca nella gestione della rete scolastica e nella promozione della lingua italiana all’estero, la normativa vigente riserva esplicitamente al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale un ruolo prevalente, attribuendogli alcune competenze delicate, quali ad esempio l’apertura e la chiusura di scuole italiane, l’istituzione di sezioni italiane e di scuole bilingui. Tuttavia il Ministero degli esteri non ha le competenze necessarie al suo interno e soprattutto non è in grado di attivare la stretta relazione tra scuole su territorio nazionale e sistema estero, che sarebbe invece auspicabile per le ragioni esposte sopra. Né pare sufficiente il personale identificato nell’articolo 13, comma 1, del decreto legislativo n. 64 del 2017 (35 unità per ciascuno dei due Ministeri interessati) per la vastità e la complessità dello scenario che viene descritto nell’articolato e di quello auspicabile in futuro.
Alle criticità legate alla difficile gestione centralizzata di un tema così articolato e complesso, si aggiunge un altro aspetto: il servizio all’estero è spesso vissuto dai docenti e dai dirigenti scolastici come un’avventura molto individuale e difficilmente, una volta rientrati, riescono a rilasciare il frutto dell’esperienza fatta nelle scuole a cui sono destinati. L’eccessiva durata del mandato ne è una causa: se un mandato di 9 anni era eccessivo, oggi addirittura dopo le modifiche recentemente apportate è stato esteso a 12 anni. Troppi: un docente motivato ed esperto, che sta investendo nella sua formazione e che ha davanti ancora una quota significativa di vita professionale non si allontana facilmente per tanto tempo, lo fanno piuttosto docenti interessati a un cambiamento della loro vita lavorativa (ambientale ma anche significativamente economico) spesso a fine carriera. La legittima ricerca di un modo per rivitalizzare il proprio rapporto con l’insegnamento non necessariamente contempla una disseminazione dell’esperienza fatta e tanto meno una ricerca metodologica sul campo; per i dirigenti scolastici poi l’assenza dal sistema nazionale per tanti anni li porta a un significativo distacco da un mondo in continua evoluzione e costituisce ostacolo al loro reinserimento. E in questo contesto non va mai dimenticato che questo contingente è lo strumento più forte (anche economicamente) per l’attività di promozione della lingua a carico e beneficio del sistema pubblico.
Inoltre la comprovata difficoltà del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale di selezionare adeguatamente il contingente (quanto alle conoscenze linguistiche, a quelle metodologiche e a volte anche disciplinari) ha di fatto prodotto un grande scontento nelle sedi di destinazione, che è stato più volte rilevato nel corso dell’indagine conoscitiva. Nel corso soprattutto delle missioni è emersa da parte sia delle istituzioni scolastiche all’estero che dei gestori dei corsi la preoccupazione per la mancanza di certezza di ricevere personale motivato e preparato e la scarsa continuità quando i docenti sono capaci o, viceversa, l’impossibilità di liberarsi di docenti inadeguati. Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha da tempo pensato di risolvere questo problema aumentando la discrezionalità propria e dei dirigenti scolastici nelle assunzioni e privilegiando personale residente nei Paesi in cui si svolge il servizio. Va da sé che questo orientamento confligge fortemente, nel primo caso, con i principi vigenti nel sistema scolastico italiano e, nel secondo caso, con la delicata questione del riconoscimento dei titoli di studio; inoltre solo un contingente in mobilità ma profondamente integrato nel sistema scolastico nazionale potrà garantire quell’aderenza di percorsi e quella qualità dei risultati che informano tutta la strategia che si vorrebbe mettere in campo. In più l’esperienza e la teoria insegnano che la continuità non sta nella permanenza di un singolo, ma nella tenuta complessiva di un sistema che garantisca un’osmosi di competenze ed esperienze. A questo pone in parte rimedio l’accoglimento nella disciplina attuale della richiesta di presentazione di certificazione ufficiale dei livelli di conoscenza delle lingue previste per l’assegnazione all’estero, ma rimane del tutto irrisolta la gran parte delle criticità. L’articolo 19 del decreto legislativo n. 64 del 2017, oltre a stabilire i livelli di certificazione, disciplina anche i titoli culturali, professionali e di servizio, menzionando, tra i titoli di preferenza, quelli rilasciati da università o altri istituti di formazione superiore equiparati sia italiani sia stranieri, conseguiti in un corso con almeno 60 crediti formativi universitari (CFU) ovvero almeno un anno accademico nell’ambito delle discipline dell’interculturalità e dell’insegnamento dell’italiano come lingua seconda o lingua straniera.
Alla luce delle considerazioni sovraesposte sarebbe dunque opportuno affrontare alcune tematiche, di seguito evidenziate.
1. Rafforzare il collegamento tra il sistema scolastico in Italia e quello all’estero, valorizzando l’esperienza acquisita anche dagli Uffici scolastici regionali e dalle singole scuole o reti di scuole.
L’attivazione di nuove sezioni italiane, assai richiesta da più parti, potrebbe essere gestita tra i Dicasteri degli Esteri e dell’Istruzione avvalendosi del sostegno e delle competenze anche degli Uffici scolastici regionali, che possono coordinare forme di partenariato efficaci e flessibili con le Istituzioni scolastiche del territorio nazionale, coinvolgendole nella progettazione dei curricula, nell’attivazione dei corsi, nella costruzione dei piani dell’offerta formativa, valorizzando prioritariamente il sistema scolastico metropolitano in una prospettiva di promozione di lingua insieme a contenuti. Una sfida che non appare troppo alta, soprattutto in rapporto alla grande considerazione in cui sono tenuti gli studenti, i laureati, i ricercatori e i professionisti di qualunque settore che dal sistema italiano sono usciti e che oggi popolano tutte le istituzioni internazionali più prestigiose e tante aziende private. Condividendo l’obiettivo di proporre un’offerta scolastica allettante in quei Paesi dove non c’è la presenza di una scuola italiana e di avviare azioni positive nell’area dei Balcani e nel Mediterraneo per il sostegno dell’italiano, si evidenzia l’esigenza di avere indirizzi e direttive chiare e trasparenti sull’apertura di nuove scuole all’estero. L’apertura di una scuola italiana all’estero potrebbe essere dunque il frutto di un “gemellaggio” tra l’Amministrazione centrale e un Ufficio scolastico regionale che potrebbe contribuire alla predisposizione dei curricula, all’integrazione con il sistema scolastico del Paese ospite, al reclutamento degli insegnanti locali e inviati dall’Italia, ovviamente con il coordinamento del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
2. Garantire maggiore qualità e continuità all’insegnamento.
Occorre creare le condizioni per cui le associazioni tra istituzioni scolastiche, come previste dall’articolo 8 del decreto legislativo n. 64 del 2017, siano attivate anche tra le scuole o le reti di scuole metropolitane e quelle all’estero, finalizzate all’attuazione di scambi di docenti e studenti. Sarebbe opportuno inoltre prevedere la valorizzazione delle esperienze di metodologia CLIL attive in Italia e il potenziamento dei percorsi di formazione, già in atto da svariati anni, destinando all’estero prioritariamente questi docenti nel personale previsto all’articolo 24 del citato decreto legislativo n. 64 del 2017 e riconoscendo esplicitamente questi titoli nella selezione dell’intero contingente. Si potrebbero altresì coinvolgere, anche attraverso una ripartizione del contingente a livello regionale, gli Uffici scolastici regionali e le istituzioni scolastiche nella selezione del personale da destinare all’estero, responsabilizzandole in relazione alla qualità del personale inviato e alla garanzia di continuità, nel rispetto delle istanze sollevate dalle sedi di destinazione, prevedendo inoltre che la conoscenza certificata di altre lingue straniere sia un titolo riconosciuto e di priorità qualora coincida con la lingua di un Paese di destinazione.
Ribadendo che la complessità del tema della formazione richiederebbe ulteriori approfondimenti, potrebbe intanto essere utile determinare il numero preciso d’insegnanti d’italiano lingua straniera già formati e operativi attraverso: le certificazioni di master di I e II livello, le scuole biennali di specializzazione e i corsi di laurea magistrali. Sarebbe, altresì, importante riconoscere formalmente la figura dell’insegnante di lingua italiana per stranieri, attraverso modifiche della legge n. 401 del 1990 e che abbia come requisiti fondamentali quelli individuati nel decreto ministeriale n. 92 del 2016. Potrebbe essere creato un albo di docenti esperti di lingua italiana per stranieri in cui iscrivere tutti gli insegnanti che hanno prestato servizio presso gli Istituti italiani di cultura. Lo stesso criterio dovrebbe essere applicato alla rete della Dante Alighieri, a condizione che siano rispettati gli stessi requisiti di selezione previsti per gli insegnanti di cui al decreto ministeriale n. 92 del 2016. Una rete di docenti di qualità, da poter impiegare a tempo pieno presso le diverse strutture in cui si articolano la promozione e la diffusione della lingua italiana all’estero, deve inoltre poter contare sempre su condizioni contrattuali eque e con la garanzia di un contratto a stipendio garantito secondo il CCNL.
3. Facilitare una ricaduta delle maggiori competenze acquisite con l’esperienza all’estero sul sistema nazionale, tenendo presente che una distribuzione del contingente omogenea sul territorio nazionale, assegnando una quota di contingente a ogni regione, può facilitare, attraverso una diffusa esperienza all’estero, l’acquisizione da parte di docenti e dirigenti in ogni ordine e grado di scuola di competenze nelle lingue straniere e mettere a sistema quelle derivanti dal confronto con diversi sistemi scolastici. Inoltre, attraverso la rete di scuole si può creare una rete di formazione permanente e di scambio tra docenti, al fine di condividere la responsabilità della buona riuscita delle esperienze e il trasferimento dei risultati. È auspicabile la riduzione in questa prospettiva del mandato, attualmente costruito su 6 + 6 anni, per facilitare così il rientro in Italia e un maggiore turn over a garanzia di un’esperienza diffusa e riversabile in modo più massiccio sul territorio nazionale.
4. Anticipare l’età di accesso allo studio della lingua italiana, considerato che le innovazioni sopra descritte possono essere applicate anche ai corsi di italiano ad oggi in carico agli enti gestori, rivolti con maggiore flessibilità e impatto anche a bambini della scuola primaria (italiani di generazione successiva, ma anche ai non italiani, come le missioni hanno evidenziato); inoltre si potrebbe rispondere anche alla necessità evidenziata in alcuni Paesi di corsi di sostegno disciplinare. Una prospettiva di insegnamento precoce dell’italiano costruisce il successo dell’accoglienza di studenti nelle nostre università (mentre oggi la scarsa conoscenza del veicolo linguistico sta frenando la possibilità di un’offerta formativa completa e sta costringendo gli atenei a programmare corsi in inglese), può incoraggiare l’introduzione dell’italiano come seconda o terza lingua straniera nell’istruzione secondaria all’estero e contribuisce infine a rendere produttiva e coinvolgente la mobilitazione di risorse investendo tutta l’attività di promozione culturale che il Ministero degli esteri deve promuovere attraverso la rete degli istituti italiani di cultura.
Potrebbe altresì essere valutata l’ipotesi di predisporre servizi di dopo-scuola, proprio per aumentare l’offerta didattica indiretta.
Tutti gli strumenti di diffusione della lingua presso le scuole dell’infanzia, le scuole inferiori e superiori (programmi AP e corsi curriculari ed extra curriculari), andrebbero sempre e comunque monitorati e valutati in termini di efficacia da una autorità centrale e professionalmente competente.
5. Promuovere la lingua e la cultura attraverso le università.
Il successo della lingua e della cultura italiana presso le università all’estero, e in Italia per gli studenti stranieri, è strettamente collegato alla precocità dell’apprendimento: è quindi indispensabile uno stretto coordinamento con l’insegnamento nelle scuole inferiori e superiori. È noto, ed è stato riscontrato nel corso dei sopralluoghi, che la lingua italiana, come le altre lingue romanze, ha oggi una minore capacità di attrazione rispetto a lingue più forti sotto il profilo dell’economia. Oltre all’adozione di azioni positive, come borse di studio per gli studenti o la promozione di stage presso aziende italiane, sembra necessaria una maggiore centralità del “Made in Italy” nell’ambito della formazione universitaria. Lo studio della lingua italiana nelle università dovrebbe essere comunque un elemento qualificante dei diversi curriculum di studio, diventando una lingua veicolare per lo studio di altre materie. Si raccomanda quindi di potenziare la metodologia CLIL, ovvero l’apprendimento integrato di lingua e contenuti e la possibilità di usare l’italiano come lingua intra curriculare. Nel corso dell’indagine è emersa chiaramente l’importanza di incentivare il numero di studenti Erasmus in Italia ma altresì la necessità di assicurare un’adeguata formazione linguistica agli studenti stranieri che vengono a studiare in Italia. Certamente un incremento dei gemellaggi tra le scuole italiane e quelle straniere potrà essere utile in tal senso, ma solo con l’inserimento della certificazione in lingua italiana, come elemento qualificante dei crediti scolastici nelle scuole superiori straniere, si potranno avere sostanziali passi avanti nella formazione.
6. Sostenere la certificazione della lingua italiana.
Incentivare la certificazione dovrebbe essere una delle maggiori responsabilità per le rappresentanze diplomatiche italiane all’estero nell’attività di promozione della lingua. L’azione dovrebbe rivolgersi agli istituti scolastici inferiori e superiori con l’inserimento della certificazione dell’italiano nel sistema dei crediti locali. La certificazione, oltre a contribuire all’apprendimento precoce da parte di studenti in fasce d’età giovanissime, svolgerebbe così una funzione di moltiplicatore rispetto all’intero sistema di promozione della lingua e della cultura italiana all’estero. A tal fine sembra necessaria una maggiore unitarietà della certificazione della competenza linguistica alla quale potrebbe dedicarsi il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca in coordinamento con l’Associazione CLIQ. La carenza di un adeguato sostegno alla certificazione linguistica si ricollega anche al tema della formazione dei docenti, a sua volta parte in causa del fenomeno dell’abbandono precoce degli studenti. È necessario puntare sulla professionalità degli insegnanti e sui contenuti dell’insegnamento per incentivare gli studenti a proseguire gli studi della lingua. Per l’italiano infatti si registra un forte tasso di abbandono oltre il livello base d’insegnamento: occorre monitorare i dati e comprenderne le motivazioni a volte derivanti da insegnanti più fragili nei primi livelli di apprendimento.
7. Promuovere la formazione a distanza.
L’esigenza di potenziare la formazione a distanza, in particolar modo nel continente americano in cui le grandi distanze favoriscono questo strumento di apprendimento, è stata più volte riscontrata. L’E-learning dovrebbe essere rivolto sia ai docenti d’italiano già formati, ai fini di un aggiornamento culturale e didattico-metodologico, sia agli utenti privati, ma solo per i livelli di apprendimento superiore della lingua italiana (dal b2 in su) e per le lingue settoriali. Sembra altresì necessario individuare fornitori di qualità, con un elevato livello di competenza linguistica e in grado di contrastare una concorrenza crescente, e non sempre adeguata, già presente sul mercato.
8. Chiarire il ruolo svolto dagli enti gestori e dai soggetti privati.
Gli enti gestori sono spesso considerati come i “parenti poveri” del sistema di diffusione della lingua e cultura italiana all’estero. Costituitisi spontaneamente nel 1992, per salvare i corsi di lingua italiana a seguito di una modifica della gestione dei fondi da parte del Ministero degli affari esteri, rispondono alle diverse anime che li hanno ispirati: i sindacati, i gruppi di genitori e famiglie, gli imprenditori. Il legame con le comunità locali è continuato nel tempo.
A distanza di più di trent’anni gli enti gestori operano in condizioni complesse: una varietà di norme diverse a seconda dei territori si interfaccia con un quadro normativo italiano non ben delineato, inefficienze amministrative italiane determinano ritardi nel trasferimento dei fondi. Spesso i presidenti degli enti, non riuscendo a pagare gli stipendi agli insegnanti, sono costretti a ricorrere a prestiti fiduciari gravanti sul proprio patrimonio personale per adempiere agli oneri locali.
Gli enti gestori sono dunque strumenti utili e indispensabili per la diffusione della lingua e della cultura italiana nel mondo. Attraverso questo lavoro d’indagine è doveroso – in primo luogo – riconoscere il lavoro svolto e quindi individuare soluzioni alle complessità sopra evidenziate. Partendo da un nuovo modello di rapporto tra enti gestori e Ministeri di competenza, da una maggiore fiducia tra le parti e da una progettazione condivisa occorrerà valorizzare le conoscenze del territorio, l’esperienza, i rapporti veri con le autorità locali.
Le osservazioni raccolte nel corso dell’indagine e durante i sopralluoghi hanno evidenziato che non tutti gli enti gestori sono uguali: molti sono virtuosi, altri meno. Una riforma organica del settore dovrà riguardare il loro funzionamento, regole e garanzie di trasparenza ed efficienza. Gran parte delle proposte sopra evidenziate sul collegamento tra sistemi scolastici, la qualità dell’insegnamento, la certificazione, il controllo d’efficacia degli strumenti di diffusione della lingua riguardano proprio l’attività degli enti. Al riguardo sarebbe opportuno disporre di un elenco aggiornato, dettagliato e trasparente degli enti riconosciuti che offrono corsi di lingua italiana, contenente l’ammontare del finanziamento, il numero degli iscritti ai corsi, le ore annue effettivamente svolte per ciascun studente e i risultati ottenuti.
Più in generale e a proposito del coinvolgimento dei soggetti privati nella diffusione e promozione della lingua italiana, in base a quanto previsto dal decreto legislativo n. 64 del 2017, si ritiene prioritario esercitare un’azione di controllo su coloro che ricevono finanziamento pubblico e/o rilasciano titoli riconosciuti in Italia, non solo attraverso l’obbligo di pubblicazione dei bilanci con l’esplicitazione della destinazione concreta e visibile delle risorse erogate, ma anche con la verifica quantitativa e qualitativa del raggiungimento degli scopi per cui sono state erogate le somme.
Infine, ma non per questo meno importante, occorre chiarire il compito che il Governo sembra voglia affidare alla Dante Alighieri. Negli ultimi mesi è apparso evidente che si stia delineando per la stessa un ruolo assai più ampio sull’insegnamento della lingua italiana all’estero. In base agli elementi noti e via via raccolti nel corso dell’indagine, i comitati della Dante Alighieri all’estero non dispongono delle strutture, delle risorse e dei necessari legami con la collettività locale per svolgere con efficacia la promozione e l’insegnamento della lingua italiana.
9. Promuovere i corsi di lingua presso gli istituti di cultura.
Si raccomanda un indirizzo politico chiaro per il rafforzamento, l’incremento e il miglioramento dei corsi di lingua e cultura italiana presso gli istituti di cultura. Al riguardo si ritiene utile: a) riportare i corsi di lingua a una gestione interna; b) migliorare l’offerta formativa; c) reclutare personale formato ed esperto sia per l’insegnamento sia per il coordinamento dei corsi di lingua; d) migliorare la dotazione tecnologica degli Istituti italiani di cultura; e) concentrarsi su attività extra-curricolari che avvicinino nuovi studenti ai corsi; f) arricchire le dotazioni delle biblioteche degli Istituti italiani di cultura e il loro uso da parte dell’utenza.
Negli Stati Uniti l’attività degli istituti di cultura, seppur pregevole, è condizionata dal ruolo e dalle funzioni riconosciute agli stessi istituti dalla normativa locale che non permette lo svolgimento di corsi di lingua in gestione diretta. Occorre individuare una soluzione che consenta ai nostri Istituti di cultura una piena capacità d’azione nella gestione diretta di corsi di lingua. Sarebbe importante prevedere, come già avviene in Italia, forme di defiscalizzazione per i capitali privati che finanziano attività di promozione culturale degli Istituti di cultura. L’insegnamento dell’italiano come seconda lingua si distingue, per quanto riguarda gli obiettivi, i tempi e i modi di acquisizione dell’apprendimento, a seconda che sia ai fini della comunicazione o dello studio. Al riguardo e in considerazione della necessità di collegare i titoli di studio ad una qualificazione in settori specialistici legati alla tradizione culturale del nostro Paese e di promuovere un insegnamento rivolto a settori culturali di nicchia, si ritiene necessario che gli istituti italiani di cultura siano destinatari d’indirizzi e strumenti d’insegnamento propri della lingua della comunicazione, e delle lingue settoriali di cui al momento mancano modelli comuni e diffusi d’insegnamento.
10. Promuovere una cabina di regia.
È stata rilevata da più parti la necessità di una “cabina di regia” dove possa essere avviata un’azione sinergica per la diffusione della lingua e della cultura italiana all’estero e in grado di definire una politica linguistica con obiettivi che non si limitino al presente ma si estendano oltre il decennio.
A tal fine si ritiene utile l’istituzione di un organismo interministeriale tra i Dicasteri degli Affari esteri, dell’Istruzione, dei Beni culturali, e dello Sviluppo economico con potere decisionale, di controllo e di applicazione rapida delle procedure, oltre che di valutazione dell’impatto delle stesse al fine di poter realizzare più rapidamente modifiche in corso d’opera.
Questo organismo interministeriale dovrebbe: a) agevolare un sistema di “buone pratiche” adattabili ai diversi contesti che veicolino la cultura italiana scevra da ogni stereotipo; b) coordinare i vari enti presenti in uno stesso territorio; c) agevolare le comunicazioni tra gli stessi e tra i Ministeri coinvolti; d) farsi garante dello stanziamento e dell’arrivo di fondi certi e costanti nel tempo; e) controllare il buon andamento delle attività e dell’utilizzo delle risorse, con operazioni di verifica dei processi attuativi; f) impostare un metodo sistematico di controllo e verifica delle procedure applicate, attraverso analisi comparative tra gli enti situati nei diversi paesi; g) impostare un sistema di valutazione dell’impatto degli enti sulla vita culturale del paese ospitante, di controllo della corretta attuazione delle procedure e attività attraverso la valutazione del ritorno di immagine dell’Italia e della corretta promozione culturale per aree di attività di ogni ente”.

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